Questa visione ravvicinata delle architetture, le sedie, i mobili, le luci, gli oggetti, mette in evidenza la coerenza di una visione cristallina, limpida, fertile, vivace e allegra che restituisce il segno di una personalità che tutti coloro con cui Magistretti è entrato in contatto amano ricordare con affetto per la ricchezza di una collaborazione costruita sul dialogo continuo e la passione per le cose ben fatte.
È stata anche l'occasione per Renato Schiffini, Ernesto Gismondi, Luca De Padova, Manuela Messina per raccontare il metodo di lavoro di Magistretti e la genesi dei prodotti nate per le loro aziende con storie capaci ancora di appassionare, dove la tecnologia, la vita quotidiana, l'attenzione per i nuovi bisogni, la curiosità per i nuovi materiali sono stati capaci di produrre oggetti senza tempo che ancora oggi costituiscono lo "zoccolo duro" dei fatturati delle loro aziende.
Nell'insieme, ne emerge una visione che serve a descrivere lo specifico del rapporto tra designer e aziende del design italiano. E in questo agisce in parallelo alla mostra in corso al Triennale Design Museum curata da Alberto Alessi volta proprio a valorizzare il sistema delle imprese e il dialogo tra imprenditore e designer.
In questo luogo dove Magistretti ha concentrato tutta la sua vita lavorativa, e proprio accanto al tavolo di lavoro è appeso uno specchio che riflette la Chiesa della Passione. In questo modo, alzando lo sguardo dal tavolo di lavoro, Magistretti si fermava a guardare la vita della città che si rifletteva al suo interno – memore di quelle "preesistenze ambientali" di cui amava parlare il suo maestro Ernesto Nathan Rogers.
Questo particolare emblematico è stato scelto per descrive la permeabilità tra la città e lo studio museo: la stessa che con questa operazione la Fondazione cerca di riprodurre proiettandosi all'esterno per estendersi nella città.
Se, infatti, in Fondazione sono esposti a rotazione i progetti e gli schizzi originali, i due itinerari per le strade di Milano, consentono al visitatore un conoscenza in presa diretta alle opere di Vico Magistretti .
Dei due itinerari a cielo aperto, quello dedicato all'architettura è composto da 14 tra i più significativi edifici realizzati a Milano da Vico Magistretti
l'altro, dedicato al design, parte dal Triennale Design Museum per snodarsi per i 6 showroom delle aziende sostenitrici della Fondazione stessa – Aremide, Cassina, De Padova, Flou, Oluce e Schiffini.
Tutti i disegni che mi dava per poi mandare in produzione un oggetto erano pieni di appunti, numeri di telefono. Era il suo modo di vivere, molto semplice, cose che invece erano molto importanti. Ernesto Gismondi
L'operazione istituita da "Svicolando" quindi rientra nel concetto di Museo diffuso su cui si fonda l'istituzione stessa del Triennale Design Museum come racconta il direttore Silvana Annicchiarico: "La Triennale di Milano, quando ha deciso di realizzare il museo del design, ha fatto la scelta strategica di connettere il sistema ricchissimo dei giacimenti del design italiano. Questo museo diffuso su tutto il territorio nazionale, ma imperniato su Milano e la Lombardia, andava fatto emergere in un percorso che partendo, o conducendo, al Triennale Design Museum, ne rivelava la ricchezza, l'originalità, la vastità, la profondità. La costituzione della rete rafforza l'impostazione di museo mutante del Triennale Design Museum rappresentando la base su cui si innervano le ricerche, gli studi, gli approfondimenti che il museo intende rappresentare nel tempo.
Questo patrimonio, unico al mondo, acquista sempre maggior valore proprio nel momento in cui è visibile e interconnesso con gli altri musei d'impresa, con le altre collezioni, con il Museo. Lo Studio Museo Vico Magistretti, costituitosi l'anno scorso come Fondazione, fa parte di questa rete di giacimenti.
Anche il progetto degli itinerari a cielo aperto fra architettura e design ideato e promosso dalla Fondazione Vico Magistretti si muove in questa direzione: valorizzare un ricco patrimonio preesistente e "diffuso" nella città per renderlo meglio fruibile e accessibile a un sempre più vasto pubblico".
Ernesto Gismondi ricorda il debito verso Vico Magistretti per la nascita di Artemide e in particolare ricorda l'avventura della plastica che ha portato alla messa a punto della sedie Selene e del sistema di mobili in poliestere rinforzato con fibra di vetro: "La plastica è stata un'avventura grandissima", ricorda, " ma il bello di lavorare con Magistretti è che lui lavorava facendo altro. Tutti i disegni che mi dava per poi mandare in produzione un oggetto erano pieni di appunti, numeri di telefono. Era il suo modo di vivere, molto semplice, cose che invece erano molto importanti.
La lampada Eclisse, che ha vinto un Compasso d'Oro, l'aveva schizzata su un biglietto per appunti. Non disegnava a computer. Quando gli balenava in mente un'idea la fermava subito sul primo pezzo di carta che gli capitava tra le mani e molto spesso la spiegava per telefono. Una volta mi disse: "questo disegno mi è costato il cambio dell'auto, per metterlo giù mi sono dimenticato di cambiare marcia".
Quando Cesare Cassina si affaccia alla finestra dello studio di via Passione (perché dopo aver visto in Triennale quella che Magistretti chiamava semplicemente la sedia Rossa, era corso a cercarne l'autore), la conversazione in italiano misto a brianzolo che ne seguì ferma una delle scene madre della storia del design italiano. Cassina e Vico Magistretti è, infatti, l'esempio di una complicità straordinaria nata nel 1960. Una collaborazione costante e intensa dove la cultura del progetto e la sperimentazione si sono alimentate a vicenda dando vita ad autentici bestseller come il divano Maralunga e la libreria Nuvola Rossa ancora oggi in produzione. In occasione di quest'evento lo show room di via Durini mette in mostra alcuni prototipi mai entrati in produzione come il divano Paddock, del 1979, ispirato al seduta dell'auto, di straordinaria attualità e bellezza.
"La semplicità è la cosa più complicata del mondo" questa frase di Vico Magistretti racchiude il pensiero che più ha accomunato il lavoro di Magistretti con Maddalena De Padova. Entrambi da sempre alla ricerca di forme semplici, pulite e senza orpelli, e con grande attenzione alla funzione e all'utilità, hanno sviluppato una speciale sintonia che li ha uniti nella creazione di alcuni fra i prodotti più rappresentativi del design italiano nel mondo. "Maddalena sa quando è il momento di fermarsi, e in questo è molto più brava di me" diceva Magistretti perché, come ricordano i collaboratori più stretti "Su un progetto erano capaci di andare avanti a discutere per giorni. Non smettevano mai di parlare fino a che non avevano trovato una sintesi".
Flou vanta il maggior numero di letti progettati da Magistretti per una sola azienda. Tutto ebbe inizio nel 1978 con l'idea di un nuovo letto: Nathalie, il primo letto imbottito in assoluto. Sull'onda di questo straordinario successo — che da 33 anni dura inalterato — il sodalizio tra Rosario Messina e Vico Magistretti, basato su un'affettuosa e reciproca stima, si è fatto di anno in anno più intenso. Più che da un disegno, i prodotti nascevano dai loro vivaci confronti: "Dovremmo fare un letto per risolvere questo o quel problema ". Così, attraverso colloqui e scambi di opinioni, valutazioni sulle attese del mercato e prototipi, il letto prendeva forma.
"Le riunioni di lavoro erano quanto di più informale si potesse immaginare con Vico che, mentre noi parlavamo dei nostri punti di vista, iniziava a schizzare su un foglio bianco, seguendo un suo pensiero, che lo portava anche molto lontano da dove eravamo partiti. All'improvviso prendeva corpo la soluzione, consistente in pochi schizzi che però esprimevano chiaramente un concetto, un'innovazione, mai solo un aspetto formale. Anzi, la forma all'inizio importava assai poco perché essenziale era l'idea innovativa, o concetto, appunto.
E se guardate tutti i prodotti che Vico ha disegnato nel corso della sua vita, non troverete mai il compiacimento per la forma."
Per Vico Magistretti ogni cosa cominciava dall'architettura. E così cominciò anche il sodalizio con Oluce destinato a durare trent'anni. Il palazzo in via Conservatorio 22 a Milano, ultimato nel 1968, é l'occasione di incontro tra Vico Magistretti e Angelo Verderi. Quando, nel 1973, quest'ultimo diventa proprietario di Oluce l'ingresso di Magistretti in azienda avviene quasi naturalmente. Costante compagna di strada è per lui la geometria. Principio ispiratore, sempre e comunque, la semplificazione.
Gli showroom che espongono i paraventi sono:
Artemide: Via Manzoni 12
Cassina: Via Durini 16
De Padova: Corso Venezia 14
Flou: Via Manzoni 37
Schiffini: Via Visconti di Modrone angolo via Passione