È difficile racchiudere in una semplice definizione la personalità e l'opera artistica di Olafur Eliasson, una delle figure meno convenzionali presenti nel panorama della creatività internazionale. Nato nel 1967 a Copenhagen, cresciuto in Danimarca da genitori islandesi, Eliasson lavora a Berlino in un ex birrificio, dove ha fondato una sorta di atelier/azienda culturale/centro di ricerca, avvalendosi di un team multidisciplinare di un centinaio di persone. Qui è nato il suo progetto-design che debutta in occasione del FuoriSalone 2019: la lampada a sospensione 'OE Quasi', prodotta dall'iconica azienda di illuminazione danese Louis Poulsen.
Intervista a Olafur Eliasson: il design è un lavoro di squadra
Il visionario artista della luce a Milano per presentare un suo nuovo prodotto design: un maxi lampadario prodotto da Louis Poulsen
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- Laura Ragazzola
- 11 aprile 2019
- Milano
Mr. Eliasson, qui a Milano si presenta come designer, ma lei è anche artista, architetto… Quale di queste definizioni si addice di più al suo lavoro?
Tutto quello che faccio è prima di tutto arte e, quindi, io mi sento soprattutto un artista. Persino un progetto architettonico come quello del Fjordenhus (letteralmente significa 'casa sul fiordo' ed è la sede dell’azienda danese Kirk Kapital a Veje, in Danimarca, ndr ), che è stato inaugurato lo scorso giugno, per me è un’opera d'arte, esattamente come tutti i miei lavori: l’approccio, il linguaggio, le idee, i principi, sono esattamente quelli che si possono ritrovare anche in un mio semplice disegno ad acquerello. Certo, un edificio richiede molto più impegno nella realizzazione, ma soprattutto esige il contributo di molte più persone: ingegneri, architetti, operai...
… perchè a lei piace lavorare in team, privilegiando sempre un approccio interdisciplinare. Non è strano per un’artista? (… va contro la tradizionale visione dell’artista che lavora da solo). Come gestisce un gruppo di persone così grande?
Vede, la collaborazione è davvero importante per il mio processo lavorativo e generalmente penso molto meglio all’interno di un gruppo. Mi accorgo che se ho la possibilità di condividere le idee, ma soprattutto discuterne, riesco a sviluppare meglio il progetto. E passo dal pensiero alla sua realizzazione anche più velocemente. Certo, non è stato sempre così: oggi nel mio studio ho più di 100 collaboratori ma, venti anni fa, quando ho iniziato, le persone si potevano contare sulla punta delle dita di una mano. Lo studio è cresciuto molto nel tempo, arricchendosi di nuove e differenti professionalità, che ci hanno consentito di aprire nuove strade, esplorare nuovi campi di lavoro e di ricerca. La gestione non è semplice, ma noi stiamo imparando a farlo nel migliore dei modi. Per esempio, pranziamo tutti insieme almeno quattro volte alla settimana: condividere il cibo è un ottimo ‘collante’, unisce le persone, diventando occasione di incontro, di conversazione, scambio di idee che, poi, confluiscono in nuovi progetti.
E la lampada che presenta a Euroluce è uno di questi.
Certo. Anche questo è un progetto che nasce da un lavoro di squadra. Mi piacerebbe molto che designer, architetti, artisti avessero un approccio più interdisciplinare, scegliessero di condividere idee e pensieri in modo più ampio. Non solo. Mi piacerebbe anche che il mondo del progetto capisse l’importanza di allargare la collaborazione anche a scienziati, musicisti, poeti, filosofi, coreografi, danzatori... Penso che potrebbe essere un’ottima strada da imboccare per rinnovare il nostro campo.
A luglio tornerà alla Tate Modern di Londra (dall’11 luglio 2019 al 5 gennaio 2020), che è stato il punto di partenza del suo successo: può anticiparci qualcosa della sua performance?
Sì, è vero, sono molto felice di ritornare alla Tate Modern, che come lei ha giustamente sottolineato è stata molto importante per la mia carriera artistica. Una delle cose che trovo estremamente positiva di questa importante istituzione londinese è che nei suoi progetti si impegna sempre ad accogliere un vasto pubblico, insomma si presenta come un vero spazio aperto a tutti, alla città.
La mostra coprirà un ampio spettro di opere che ho realizzato nel corso della mia carriera: lavori di venti anni fa ma anche nuovi site-specific works. È stato anche entusiasmante lavorare all’edizione del catalogo che raccoglie conversazioni con persone e approfondimenti di temi che nel corso degli anni hanno rappresentato fonti di ispirazione davvero stimolanti per il mio lavoro.
- Salone 2019
- Milano Rho, Euroluce
- Dal 9 al 14 aprile 2019