Abbiamo ancora bisogno di presentare Philippe Starck? No.
Non ne abbiamo bisogno perchè tanto ormai fa sempre le stesse cose? E no, nemmeno quello. Sette anni fa ha prodotto per Kartell la sua prima sedia sviluppata con il supporto dell’intelligenza artificiale, quest’anno ha aggiunto alla collezione una consolle per Illy, e oltre a incarnare uno “spirito Kartell” di ricerca ed estetica del prodotto, questi oggetti sembrano anche esprimere alla perfezione quello che potremmo azzardarci a chiamare una “estetica Starck”. Se solo il pensiero e l’attitude alla base di questa estetica non avessero le loro radici in un momento della storia del design in cui l’idea stessa di intelligenza artificiale era dominio della fantascienza, e la Francia si avvicinava al Minitel ritenendolo l’alternativa vincente al World Wide Web.
Basta coi trend: chiacchiere da Salone con Philippe Starck
Abbiamo incontrato Monsieur Design, e sono andati in cocci un po’ di cliché: l’enfant terrible, la fine di un’era, l’intelligenza artificiale, le tendenze da seguire, per citarne qualcuno.
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- Giovanni Comoglio
- 20 aprile 2024
Starck è nel flusso, simultaneamente partecipante e primo costruttore del suo tempo, venerabile maestro che dopo aver costruito la sua cattedra la ribalta davanti a tutti e va a sedersi sul davanzale del corridoio parlando da fuori la porta perché la vista degli attaccapanni potrebbe riservare qualcosa di più sorprendente.
Gli esseri umani sono geni, ma geni infantili. Non c’è limite alla nostra intelligenza e alla nostra creatività, ma poiché siamo infantili, amiamo i giocattoli e a volte non li controlliamo davvero.
Philippe Starck
Anche la parola “enfant terrible” negli anni si è sprecata per ammantare il suo esordio di una cifra dirompente, che però lui tiene a contestualizzare in termini very Starck: “Prima di me, il mercato era dominato da designer incredibilmente eleganti e intellettuali. Io sono arrivato sul mercato come una merda (lit.) e ho fatto una sorta di rivoluzione irrispettosa che, comunque, non ha cambiato il mercato: è solo una questione di evoluzione”. E una questione di andare d’accordo – o di scontrarsi – con un sistema culturale interconnesso, quel sistema design che, al momento del debutto di Starck, non necessariamente parlava la sua stessa lingua. Un cambiamento graduale ha perso forma negli stessi anni in cui è iniziata la sua lunga storia con Domus. Erano gli anni ‘80, gli anni di Mendini.
“Credo che la parte migliore di Alessandro fosse proprio lui stesso”, ci ha detto Starck a proposito del leggendario designer, nonché primo direttore di Domus dopo Gio Ponti: “Era affascinante, ipnotizzante. Quest’uomo basso con la faccia strana e gli occhi grandi, la voce (profonda): non capivo mai nulla di quello che diceva. Sapevo che la musica, il suono, era più importante, anche se quello che diceva era molto importante”. Quello che potrebbe sembrare uno scherzo è in realtà la piattaforma da cui Starck ha sviluppato il concetto della sua installazione tributo per Io sono un drago, la mostra dedicata a Mendini alla Triennale di Milano: ha puntato a dare la sensazione che tutti avevano di fronte a Mendini, una vibrazione potente, “il cervello di Alessandro, il magma, la fantasia, la serietà, il rigore e la follia, tutto mescolato insieme” dentro una persona incomparabilmente gentile, “un drago, un lampo”.
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
Foto Francesco Secchi
E oggi? Siamo di fronte alla fine di un’era, tra tecnologie in evoluzione, priorità economiche che cambiano e figure di riferimento che improvvisamente scompaiono, come Gaetano Pesce e Italo Rota? “Mi stai chiedendo se sarò il prossimo? Sì!” Ha risposto Starck – disclaimer: non avremmo mai pensato una cosa del genere – ma non è la fine di un’era, ha aggiunto, è lo stesso contesto evolutivo in cui è nato: arriveranno altre persone, e l’aiuto dell’AI farà la differenza. E con “aiuto” si intende assistenza, non sostituzione, in un momento in cui concetti come la scrittura non creativa e generativa stanno affascinando e conquistando il dibattito colto: le macchine sono più intelligenti di noi, ma non altrettanto folli, e il cuore della creazione è quel momento irrazionale in cui le idee spuntano dal nulla, ha osservato Starck. Poi arriva l’altro lato del rapporto IA-uomo: “Noi siamo geni. Gli esseri umani sono geni, ma geni infantili. Non c’è limite alla nostra intelligenza e alla nostra creatività, ma poiché siamo infantili, amiamo i giocattoli e a volte non li controlliamo davvero. Ogni volta che gli esseri umani producono qualcosa, queste cose hanno sempre una parte buona e una cattiva. Quando Einstein e Bohr hanno inventato l’atomo (sic), è stata l’invenzione più bella: energia per sempre e per tutti. Ma allo stesso tempo hanno fatto la bomba. Allora la speranza che possiamo avere siamo noi: siamo ancora vivi. Se oggi siamo ancora vivi, significa che finalmente c’è più bene che male in tutto ciò che inventiamo. Per L’IA sarà esattamente la stessa cosa. L’IA non è il nemico. Siamo noi i nostri nemici. Tutto dipende da cosa faremo”.
E non si tratta nemmeno di tendenze che cambiano, ha dichiarato Starck. Il creativo più richiesto durante l’epoca d’oro del design star system non lascia spazio a dubbi: “Negli ultimi 15 anni il design è stato rovinato dai trend. Il design, nel senso che se il tuo tavolo, le tue sedie saranno buttate via dopo due mesi sarà un tuo problema, se milioni di persone lo fanno. Ciò significa che il concetto di “senza tempo” è fondamentale nel design e che dobbiamo combattere qualsiasi tipo di trend nel design. L’unico movimento che dobbiamo portare avanti è quello dell’ecologia-economia”.
Cos’è che Philippe Starck non ha ancora progettato e che vorrebbe fare? “Innanzitutto, vorrei progettare la pace nella guerra tra Russia e Ucraina. Poi qualcosa per evitare la guerra tra Cina e Stati Uniti. Vorrei restituire un territorio al popolo palestinese senza danneggiare il popolo israeliano. Voglio combattere la narcoeconomia. Voglio combattere l’estrema destra. Voglio combattere la mafia. Voglio combattere tutto ciò: questo è il mio progetto. Ma potete dormire tranquilli. Non ho mezzi, non ho armi per farlo. Ecco. Sono assolutamente impotente”.
E questo è un problema di design.
“Sì, lo è”.
Immagine di apertura: Philippe Starck, foto Daniele Ratti