Nel mondo dei brand che si uniscono per fare gruppo, si è aggiunto un nuovo capitolo con l’acquisizione da parte di MyHome collection (gruppo Alivar) di InternoItaliano. La notizia è recente, dello scorso febbraio, e ha colto molti di sorpresa. Perché la storia di quel progetto nato nel 2012 che aveva messo in rete designer e laboratori artigiani (maestri ceramisti, falegnami, soffiatori di vetro) sotto la regia di Giulio Iacchetti e Silvia Cortese sembrava così particolare e intrinsecamente collegata a quella dello studio milanese da non poter cadere in quella classica dinamica aziendale che ha fatto perdere identità e originalità a tanti marchi italiani.
Salone del Mobile 2019: la nuova vecchia vita di InternoItaliano
L’acquisizione del marchio da parte di MyHome non ha cambiato il suo format, garantito dall’art direction di Giulio Iacchetti che si occuperà della regia creativa anche del marchio madre. Lo testimoniano i nuovi prodotti.
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- Loredana Mascheroni
- 11 aprile 2019
- Salone del Mobile 2019
Le rassicurazioni arrivano dallo stesso designer, che abbiamo raggiunto nello stand creato dentro allo stand di MyHome dove si affiancano agli oggetti del passato i nuovissimi progetti di InternoItaliano realizzati sotto l’art direction di Iacchetti, che con questi passaggio ha guadagnato pari ruolo anche per il marchio “madre”. Quindi nessun sogno infranto di autonomia e fedeltà alla propria visione, ma un passaggio necessario proprio in considerazione della dimensione che il marchio aveva assunto. “Il primo sogno è stato fondare InternoItaliano con Silvia sette anni fa”, racconta Giulio. “Poi c’è stato il secondo sogno, che è venuto poco dopo: farlo crescere finché fosse diventato appetibile per qualche azienda. Negli ultimi mesi cercavamo effettivamente un partner perché eravamo cresciuti troppo per le nostre forze: non avevamo più né lo spazio mentale né lo spazio fisico e neppure quello progettuale e imprenditoriale per andare oltre. InternoItaliano soffriva perché poteva crescere di più, ma noi non riuscivamo a fargli fare un ulteriore passo in avanti”.
La svolta è arrivata con una telefonata di Marco Gazziero, proprietario di Alivar, che chiedeva a Iacchetti di occuparsi dell’art direction di MyHome, un incarico troppo impegnativo e in parte in sovrapposizione con quello per InternoItaliano. Ma con lo sgravarsi della parte manageriale, lo studio Iacchetti può lavorare su entrambi i fronti, differenziando la propria azione: MyHome si concentra su prodotti contract, con una linea di tavoli, sedie, poltrone e divani, mentre InternoItaliano si occuperà di complementi arredo e oggetti con quell’attenzione ai piccoli dettagli e quella qualità costruttiva che sono il suo marchio di fabbrica. “Sono molto felice perché riusciremo ancora una volta a chiamare a lavorare giovani designer che sono in sintonia con la nostra ricerca”, sottolinea.
Diversi i progetti nuovi: dalla seggiola Buri di Mario Scairato, un omaggio alla Carimate di Magistretti che è in pratica una sedia della tradizione friulana rivista con accortezze come il particolare innesto delle stecche dello schienale e la pulizia formale. O il portavaligie Lodi, una tipologia di oggetto necessaria ma trascurata - compagno ideale dello specchio-mensola Luna di Davide Colaci - e l’appendiabiti-cervo Ales (entrambi disegnati da Iacchetti), “un oggetto un po’ naif ma a me piace molto perché i cervi che sporgono dalle pareti sono diventati così un oggetto funzionale”.
Poi c’è il progetto di un giovane studente della Naba, Luca Vernieri, che ha disegnato la gruccia-appendiabiti Palù che termina con il manico di un ombrello, un gesto progettuale semplice e divertente. “Questo progetto racconta come quando c’è un’idea buona non è importante quanti anni ha chi l’ha avuta”, sottolinea. “Bisogna essere aperti verso le piccole idee, verso quegli scatti in avanti che a noi piacciono molto”. Come i Pinocchi, i vasi che Nason Moretti realizza in esclusiva con certi colori e il naso bianco per InternoItaliano, oggetti che racchiudono in sé italianità, simbologia, gioco e qualità di fabbricazione. “Per come la intendo io, l’art direction non è occupare tutti i ruoli, ma dirigere. È un progetto della maturità, come quando un attore arriva con naturalezza nel tempo a occuparsi di regia, pur continuando a fare l’attore. Questa condizione ti dà un’energia nuova perché quando arrivano progetti, intuizioni e proposte si pensa a definire come mettere al loro posto tutti i tasselli e ci si concentra per sbagliare il meno possibile”.
- Salone del Mobile 2019
- 6 E41 Rho Fiera
- 8-14 Aprile 2019