Nei secoli dei secoli, ma soprattutto nel Novecento, le dittature di ogni ideologia si sono segnalate non solo per liste interminabili di crudeltà più o meno atroci imposte ai loro dominati, ma anche per le architetture e i piani urbani tragicomici con cui hanno scelto di rappresentare il proprio potere. Pochi edifici incarnano questo non invidiabile primato meglio del Ryugyong Hotel di Pyongyang, enorme monolite incastonato nel cuore della capitale nordcoreana, il punto più alto – metaforicamente e fattualmente – di un secolo di celodurismo edilizio.
Atto fondatore della goffaggine edilizia dei totalitarismi è probabilmente il Palazzo dei Soviet di Mosca immaginato dall’architetto russo Boris Iofan, vincitore del concorso “truccato” indetto dai vertici del partito all’inizio degli anni ’30. La dignitosa ma reazionaria Cattedrale del Cristo Salvatore fu fatta esplodere per far posto ad una solida torta nuziale multipiano – i lettori perdoneranno la banalità della metafora piuttosto trita –, capace di elevare una colossale statua di Lenin a ben mezzo chilometro di altezza. Le vicende successive al concorso sono ancora più ridicole del progetto stesso: il cantiere fu presto abbandonato, le fondamenta dell’edificio demolite per lasciar spazio alla piscina Moskva (1958) – la più grande del mondo, ai suoi tempi – e, infine, la chiesa fu ricostruita tale e quale, in tempo per il giubileo del 2000.
Qualche decennio più tardi, negli anni ’80, l’inaugurazione dell’altissimo Westin Stamford Hotel di I. M. Pei a Singapore (1986) manda in fibrillazione il regime nord-coreano, che con molta prontezza e pochissima lungimiranza accetta la sfida dell’Occidente, mai veramente lanciata, e s’imbarca nel progetto ambizioso per il Ryugyong Hotel, dando avvio a una storia buffa almeno quanto quella del Palazzo dei Soviet.
La realizzazione dell’albergo più alto del mondo doveva essere un affare di pochi mesi, perché l’inaugurazione era prevista in occasione del Festival mondiale delle gioventù e degli studenti del giugno 1989. In quell’occasione, la Corea del Nord avrebbe potuto impressionare l’Est e l’Ovest, di cui non aveva previsto l’intempestiva riunificazione simbolica nel maggio dello stesso anno, con una struttura ricettiva di 330 metri di altezza, persino 6 in più della Tour Eiffel. L’incarico è affidato allo studio locale Baikdoosan Architects & Engineers, che disegna un grattacielo piramidale, forse vagamente ispirato alla Transamerica Pyramid di San Francisco (William Pereira, 1969-1972), e che certe fonti descrivono nei termini di uno “stile neo-futurista”.
Con la sensibilità futurista il Ryugyong Hotel condivide certamente l’arroganza delle sue quantità irragionevoli: oltre al dato dell’altezza, vale la pena di citare l’area calpestabile di 360 mila metri quadrati, le tremila camere previste e gli addirittura cinque ristoranti rotanti, certamente sufficienti a provocare il mal di mare anche negli stomaci più resistenti. Dalle cifre gloriose a quelle disastrose, il passo è breve: il costo di costruzione di 750 milioni di dollari, pari al 2% di un anno di prodotto interno lordo nordcoreano, e i 16 anni di sospensione di un cantiere che un paese sull’orlo della bancarotta, tra embarghi internazionali e faraonici sperperi in patria, non poteva più permettersi.
Dal 1992 al 2008 le strutture di calcestruzzo del Ryugyong Hotel, ormai complete ma prive di qualsiasi finitura – rivestimento, serramenti, illuminazione – ingombrano il paesaggio urbano di Pyongyang come una presenza spettrale, icona involontaria dei malfunzionamenti del sistema politico che lo ha finanziato.
Negli anni 2010, mentre naufragano diversi tentativi di acquisto e di completamento anche da parte di gruppi alberghieri internazionali, il governo nord-coreano continua a rimuginare sulla questione spinosa del fallimento del Ryugyong Hotel, fino a trovare una via d’uscita per lo meno ingegnosa. Bando a camere e ristoranti, siano essi fissi o girevoli, bando anche alla concezione stessa di questa costruzione come un’architettura. Che sia rivestita e rifinita, imbiancata e lucidata, e soprattutto riempita di luci a led, ma solo per poterla usare come gigantesca lanterna notturna.
Dal 2018, il Ryugyong Hotel appare durante il giorno come un brutto palazzone per uffici decisamente fuori scala, di quelli che ricordano gli Stati Uniti di Ronald Reagan o i boom edilizi di inizio secolo dei vari emirati mediorientali. Al calare del sole, però, si trasforma in un maxischermo triangolare, animato da spettacoli luminosi kitsch o da serissimi videomessaggi della propaganda ufficiale: di fatto, quello che voleva essere l’hotel più alto del mondo si è trasformato nel billboard più costoso di tutto il pianeta.
- Progetto:
- Ryugyong Hotel
- Programma:
- hotel
- Luogo:
- Pyongyang, Corea del Nord
- Architetti:
- Baikdoosan Architects & Engineers
- Completamento:
- in corso