Stiga: come si progetta il giardinaggio

Abbiamo visitato gli hq dell’azienda di utensili da giardino per capire come vengono progettati, in un momento in cui il giardinaggio “is blooming”, sta sbocciando, come racconta Stiga.

Nel pieno della porzione trevigiana della campagna veneta, due robot tagliaerba si inseguono senza mai raggiungersi, tracciando con lenta costanza traiettorie che appariranno forse casuali all’occhio umano, lasciando perentoriamente dietro di sé scie d’erba rasate alla perfezione nel grande prato inequivocabilmente perfetto (questo anche a occhio umano) che accoglie l’ingresso ai quartieri generali di Stiga, azienda leader nella cura del giardino. È un edificio moderno, con grandi vetrate e pochi anni di vita. Risale all’anno prima della sua edificazione, al 2017 la scelta di cambiare nome dell’azienda, lasciando indietro quello vecchio, Global Garden Products, trasformandosi in Stiga Group, portando così in evidenza il brand premium del gruppo; fondato in Svezia dal visionario imprenditore Stig Hjelmquist, Stiga quest’anno compie novant’anni. 

Sul retro del grande edificio, che si affaccia su una collina dove ulteriori robot tagliaerba compiono i loro giri, si arrampica sulla parete l’uva americana nella brutta stagione, il gelsomino dalla primavera. Durante la pausa pranzo riecheggia il suono del ping pong, come una eco lontana di quando Stiga, prima dello smembramento e dell’acquisizione, era un’azienda eclettica nell’outdoor e produceva le racchette da tennis tavolo per cui tanti conoscono il brand (oggi sotto il nome di Stiga Group, che non c’entra niente con le macchine da giardinaggio).

Nella grande sede di Castelfranco Veneto, la principale del gruppo - le altre due sono in Slovacchia e in Cina - lavorano circa 800 persone. Di oltre 30mila metri quadrati, fatta eccezione per i 5 dedicati agli uffici e quelli del reparto di ricerca e sviluppo, il resto è fabbrica. E che fabbrica. Ogni cosa è automatizzata, qui. Un sofisticato sistema che viaggia attraverso la comunicazione wireless riscrive in tempo reale i settaggi degli avvitatori, rendendo agile e modulare quello che viene presentato come un “impianto flessibile con struttura flessibile”. Questo permette di sfalsare la produzione in base alle richieste stagionali - del resto i giardini seguono i cicli della natura e Stiga ovviamente lo fa con loro; da Castelfranco escono i prodotti high tech del gruppo, la media alta gamma. Una parte dell’impianto è dedicata alle batterie, fondamentale componente dei robot autonomi, i “roomba dei prati” di cui Stiga è uno dei produttori più importanti del pianeta. Le tecnologie della batteria e dell’automazione sono qui fondamentali, proprio come in una azienda di auto elettriche o di droni.

Mettere piede nello stabilimento di Castelfranco è come entrare in uno di quei luoghi del futuro che non hanno bisogno di orpelli futuribili per essere già più avanti di tutti. Predominano invece la geometria, l’automazione e il controllo. E imperversa il minimalismo, chiara eredità del dna scandinavo dell’azienda. Ogni cosa è pulita, precisa, ordinata.

Qui vengono prodotti i trattori e i tosaerba. E nelle stanze della ricerca e sviluppo, i prodotti di Stiga vengono maltrattati in ogni modo possibile, i robottini soprattutto, torturati fino allo stremo, ribaltati, fatti saltare, anche crivellati di simil proiettili, per saggiarne la robustezza. La natura sarà forse più dolce con loro, ma non di tanto. Ogni tanto si intravvede qualcuno della squadra r&d che prende appunti su un computer, poi scompare dietro un angolo. Camminando qui, si incontrano carrelli dove sono ordinatamente infilate le scocche gialle dei robot, come se fossero i vassoi di una mensa, mentre sui muri di tutta l’azienda si leggono inspirational quotes da Albert Einstein a Steve Jobs.

Predominano la geometria, l’automazione e il controllo. E imperversa il minimalismo, chiara eredità del dna scandinavo dell’azienda. Ogni cosa è pulita, precisa, ordinata.

In una grande sala riunioni al piano terra, luminosa e affacciata sul prato (con immancabili robot tagliaerba che sfilano al di là della vetrata), incontro James Cameron, Design and Innovation Director di Stiga, un ragazzone scozzese con una bella esperienza alle spalle che ha le idee precise e quadrate come il solido disegno della sua mascella. Innovazione, leggerezza e facilità d’uso sono gli elementi chiave che ha portato nel design di Stiga, oltre ovviamente a un riferimento costante ai valori del design scandinavo. Quando gli chiedo quali sono i progetti che l’hanno influenzato, non pesca da qualche edizione limitata di Memphis, ma afferma con sincera ammirazione “certi utensili da cucina”. 

James Cameron, Design and Innovation Director di Stiga. Courtesy Stiga

Con lui parliamo a lungo di come l’elettrificazione sta radicalmente cambiando il mondo del giardinaggio, permettendo di costruire attrezzi automatizzati sempre più leggeri e puliti, che non hanno bisogno di carburante ma vanno per questo ripensati; Cameron è un amante dei dettagli e della funzionalità: un car designer vagheggerebbe sulla potenziale liberazione di certi vincoli delle carrozzerie negli EV, lui ti spiega nel dettaglio, passaggio dopo passaggio, come un handheld a batteria vada ribilanciato. 

Suo, tra l’altro, il design di uno dei prodotti più affascinanti di Stiga, il trattorino Gyro, che ribilancia la presenza umana su un veicolo di questo genere in una maniera che pare a dir poco futuribile. “Sono qui da 5 anni e la cosa fondamentale è stata quella di connettere il design, l’ingegnerizzazione e tutto quanto il resto”, spiega lui. Che ha un messaggio chiaro: il giardinaggio “is blooming”, sta fiorendo. E post Covid coinvolge una fetta sempre più grande di giovani che hanno riscoperto la natura. Progettare per loro dispositivi sempre più efficienti, accessibili e sicuri oggi è fondamentale. 

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