C’è un dato visuale a cui negli ultimi due decenni abbiamo fatto l’abitudine: una presenza pervasiva, forse più specificamente un’assenza, su cui più o meno famose personalità si sono sedute, e di cui più o meno fotografati tavoli e saloni si sono di volta in volta popolati. Di fatto, un pezzo di plastica; ma che pezzo, se pensiamo a come sia ormai assimilato dentro i nostri paesaggi visivi, ai 3 milioni di esemplari sparsi nel mondo dal 2002, a quelli reinterpretati in 20 anni da artisti e designer.
Ma da dove viene la Louis Ghost? È semplice espressione della retro-wave anni 2000 o c’è di più?
“La sedia Louis Ghost si è progettata da sola, 20 anni fa" ci dice Philippe Starck, il designer che ha legato il suo nome a questa icona del nuovo millennio "È stata plasmata dal nostro inconscio collettivo occidentale. Allo stesso tempo visibile e invisibile, reale e immateriale, è un 'Louis qualcosa', una sorta di fantasma, un amico invisibile, un riflesso, un'ombra di una sedia in uno stile che ho chiamato 'Louis Ghost'. Scompare, si smaterializza, come tutto ciò che è prodotto dalla nostra civiltà”.
È proprio da un ripensamento che tutta l’operazione Louis prende avvio, infatti; un ripensamento unico che però da arriva dal dialogo di due menti diverse: “Fin dal primo oggetto sviluppato per me, Philippe ha voluto differenziarsi da quella che era l’immagine del prodotto di plastica negli anni 70”. È Claudio Luti a dirlo, lui che nel 1988 acquisisce Kartell e inizia subito una collaborazione col designer francese per rivoluzionare l’azienda, puntando a infondere creatività e aumentare la qualità nel panorama dei prodotti industriali in plastica.
Ed è così che ha preso forma un’icona, a partire da una visione critica su un materiale e su un archetipo. “Nel 2000 c’è stata l’introduzione di questo nuovo materiale, il policarbonato, il primo ad unire grande trasparenza con un’eccezionale durezza: lo vedevamo usato negli scudi della polizia e nei caschi”, racconta Luti, e da lì è partita l’idea di trasporlo in un altro campo semantico, quello dell’arredo, della sedia, a partire dalla sua applicazione ad una forma istintivamente iconica.
La sedia Louis Ghost si è progettata da sola, 20 anni fa. È stata plasmata dal nostro inconscio collettivo occidentale. Scompare, si smaterializza, come tutto ciò che è prodotto dalla nostra civiltà.
Philippe Starck
“Ho cercato nel mio subconscio, quale fosse la memoria collettiva di una sedia" è la ricostruzione che fa Starck "In Occidente, se si vuole progettare una sedia o una poltrona con braccioli, il modello che viene subito in mente è la sedia medaglione. Io allora ho ridisegnato questo medaglione ripulendolo dalle scorie decorative e ho scoperto che a questo punto la tecnica rendeva anche possibile farlo trasparente. Questa trasparenza ha reso Louis Ghost ancora più completa, più perfetta. È stata la quadratura del cerchio”.
Ed è anche stato subito un “buona la prima”, conferma Luti. “Ricordo l’emozione del primo prototipo che abbiamo fatto, ci è sembrato subito vincente. Abbiamo lavorato in seguito sul solo schienale per farlo comodo: una profusione tale di attenzione, di prove di ergonomia, da far sì che poi Louis diventasse il termine di prova per tutte le altre nostre sedie”.
Oggi Louis Ghost è un’icona perchè tutti la riconoscono, è vista come un oggetto familiare.
Philippe Starck
Per Kartell, Louis Ghost ha sigillato il legame d’immagine tra il brand e un concetto di trasparenza che gli ha aperto nuovi mercati ed una dimensione davvero globale, proseguendo coi successi di diversi designer, come la Bourgie di Ferruccio Laviani. Un tratto identitario, come lo riassume Luti: “Louis è anche Ghost proprio perché unisce una forma forte con una leggerezza immateriale. Forza e leggerezza: potessi, cercherei di fare tutti i prodotti con questo marchio di fabbrica”.
Per lo Starck che ci parla oggi, invece, Louis ha nella sua produzione il ruolo che analogamente ricoprono tutti gli altri lavori, cioè quello di altrettante piccole o grandi missioni trasformative su comportamenti e stili di vita: “Se esistono buone ragioni per produrre un nuovo oggetto, allora questo deve obbligatoriamente migliorare la vita per il maggior numero possibile di persone. C'è ancora molto da lavorare nel progetto di sedie e tavoli perché le sfide ecologiche, economiche, sociali e politiche non sono ancora state risolte. Da 25 anni però mi occupo di design democratico, per offrire creazioni di qualità accessibili a tutti, e la Louis Ghost ne è l'esempio perfetto, perché offre il giusto design e la giusta tecnologia, al giusto prezzo”.
Un ruolo nella società, quindi, nel più possibilmente ampio e diversificato numero di ambienti, paesaggi domestici o habitat in senso lato, coi quali armonizzarsi “Mischiarsi: questa è sempre stata l’idea di Kartell, entrare in tutti gli ambienti, tra materiali diversi” dice Luti “È anche per questo che non ho mai cercato di sviluppare ambienti completi, è per questo che ho fatto oggetti come Louis, che è sempre stata emblema di questo atteggiamento. E che ha avuto successo”.
È anche la ragione per cui nessuno dei due dice di prediligere una in particolare tra le tante applicazioni anche celebri che questa sedia ha avuto negli anni. Anzi, dice Luti “Io l’ho vista usare veramente dappertutto: interni, esterni, case, hotel, ristoranti, sale intere, sfilate e riunioni.
Io stesso ce l’ho a casa: mangio tutte le sere su una Louis Ghost, e dire che di sedie potrei cambiarne tante”.
Luti le Ghost le ha da 20 anni ed è affezionato, Starck vede il loro successo nell’essere diventate oggetti familiari: la chiave sembra stare nella longevità, ma a quanto pare questa longevità non ha niente a che vedere con la staticità. Prima di tutto è una faccenda di materiale: di recente Louis è passata ad essere prodotta in Policarbonato 2.0, materiale al 65/70% da materia vegetale (cellulosa) sul quale Kartell ha l’esclusiva di fornitura dalla più grossa multinazionale del settore; ed ecco che così è riuscita a prendere parola anche sul fronte della sostenibilità.
Io mangio tutte le sere su una Louis Ghost, e dire che di sedie potrei cambiarne tante.
Claudio Luti
C’è poi la questione della ricezione, del sedimentarsi nell’immaginario e nella storia. Ed è qui che invece la parola la prende Starck: “Louis Ghost riesce anche a diventare design democratico 2.0.” ci dice, mettendo così in una prospettiva molto più profonda quello che a prima vista si poteva bollare come il succeso di un’operazione di retro-design “Quando negli anni 2000 il design è diventato un fatto di moda, era diventato pericoloso e antiecologico, perché la produzione di mobili utilizzava molti materiali ed energia. La mia domanda è sempre stata "come si può fare design nel futuro?" tenendo conto dei valori, delle necessità, delle urgenze in continua evoluzione: oggi la nuova generazione lo ha capito e sono molto felice di vedere l'inizio di una rinascita del design, con il ritorno dei valori etici.”
Confermato, quindi: più che il revival stilistico, il prisma attraverso cui possiamo guardare a Louis Ghost è quello della longevità. Longevità del materiale, longevità dell’archetipo e longevità dell’icona che ne scaturisce, instant icon all’inizio e poi archetipo essa stessa col passare del tempo: “25 anni fa, quando ho creato Louis Ghost coi suoi riferimenti alla smaterializzazione, era la cosa giusta da fare, e lo conferma il fatto che sia ancora la numero uno al mondo. Sono davvero felice di vedere che la longevità funziona”.
Ma a questo punto, ci viene da chiedere, abbiamo davvero bisogno di nuove instant icon? E Starck non manca di fare il punto anche su questo: “Secondo me, c’è icona nel momento in cui qualcuno pensa: "Questa è un'icona, questa è la mia icona". Nulla di per sé esiste, finché non gli si dà un nome.
Ora Louis Ghost è diventata un'icona e oggi ne abbiamo ancora bisogno, perché era già perfetta, ma oggi Kartell la produce in un materiale ecologico a base biologica, come sta facendo Kartell. L'essere umano è un genio, che trova sempre soluzioni per adattarsi ai problemi contemporanei, e possiamo sempre fare meglio".