Inventata in Cina come incisione su pannelli di legno e traghettata in Europa già nel Quattrocento, la carta da parati è stata per secoli una presenza scontata anche in dimore non necessariamente agiate. Un elemento che fa riflettere, quello della sua imprescindibilità, soprattutto in un’epoca in cui, nonostante un ritorno fortunato cominciato più di una decina di anni fa, continuiamo a relegarla ad un vezzo decorativo non necessario, di inclinazione massimalista, da limitare magari ad una sola porzione di muro.
Eppure, il desiderio di marcare le pareti della propria casa con disegni dall’effetto simbolico appare ancora oggi come un bisogno essenziale, capace di enfatizzare quella sorta di bozzolo che ogni stanza finisce inevitabilmente per delineare seppur rimandando, in maniera apparentemente contraddittoria, ai luoghi e immaginari altri raccontati dalla carta, lontano dal nostro quotidiano. La presenza pressoché esclusiva della flora e del mondo naturale sulla carta da parati fino alla seconda metà del Novecento sembra confermare questo paradosso: in una casa che si fa sempre più urbana, il richiamo alla libertà e alla bellezza naturale diventa evocativo e consolatorio, e dunque necessario.
Oggi, quando persino la riproduzione industriale dei rulli di carta da parati sembra essere superata da servizi di stampa digitale personalizzata, l’ortodossia dei motivi naturali appare inevitabilmente come un passato remoto, mentre il futuro si apre a motivi personalizzati capaci di giocare con l’iperrealismo o l’assoluta astrazione. Nel frattempo, sorprende scoprire quanto gli ultimi dieci anni siano stati prolifici di inventiva progettuale, tra effetti 3d, interazioni sonore, e riscoperte d’archivio sopra le righe. Forse un modo di dire che, nonostante le oscillazioni del pendolo del gusto, gli spunti offerti ai designer da questo supporto rimane troppo preziosi, e non è ancora tempo di sostituirli con banali servizi on demand.