Il cubo di Rubik compie 50 anni

Giocattolo, fenomeno di massa, erede di una lunghissima tradizione: il Cubo è nato in un mondo che non esiste più, oltre la Cortina di ferro, ma oggi sembra essere con noi da sempre. Questa è la sua storia.

Quando si definisce un qualcosa “classico”, sia ha l’impressione che l’oggetto di tale aggettivo sia qualcosa che, dalla grande maggioranza dei casi, possa essere percepito come se esistesse da sempre. Un qualcosa di talmente ovvio e imprescindibile, da rendere impossibile immaginare un tempo senza di esso, come se la sua esistenza stessa fosse talmente integrata nello schema mentale delle persone da risultare ovvio.

Nel campo dei giochi, dei rompicapi o dei passatempi in generale, il Cubo di Rubik è un esempio di rompicapo/poliedro magico talmente presente nella vita di tutti da sembrare esista da sempre. Eppure, parliamo di un oggetto che sta per compiere “appena” cinquant’anni. Pur vivendo in un periodo storico in cui il continuo recupero di mode e stili degli anni Ottanta e Novanta porta i consumatori a vivere un eterno presente, in questo caso specifico parliamo di una passione travolgente che – al netto di un periodo meno intenso durato qualche anno – non ha mai smesso di intrattenere giovani e meno giovani di tutto il mondo. 


Ma cosa ha reso il designer/architetto Ernő Rubik e la sua creatura così immortali?

I rompicapo e i poliedri magici

Volendo dare qualche definizione, con “rompicapo” si intende un esercizio di logica, da risolvere facendo affidamento al proprio ingegno. La storia del genere umano è ricca di esperienze del genere, a prescindere dalla longitudine e dalla latitudine dei giocatori, che vedono nello spazio ludico una forma di sfida personale tra il progettista e il giocatore. Tra i più celebri, volendo fare degli esempi, troviamo anagrammi, cruciverba, il Gioco del Quindici, i labirinti, il Mahjong, i puzzle, i rebus e il Sudoku.

Per i meno avvezzi a descrizioni geometriche che poco hanno a vedere con il gioco, rispetto a quanto siano in realtà decisamente più legate alla matematica pura, possiamo chiederci: cos’è un “poliedro magico”? Il poliedro è una figura solida che vanta tre dimensioni, definita “poli” perché tale solido geometrico può avere un diverso quantitativo di facce, essere regolare o no, e avere altre caratteristiche peculiari che oggi non ci interessa approfondire. Il cubo, per esempio, è un poliedro, oltre che un solido platonico. 

Cosa rende un Cubo di Rubik magico, rispetto – per esempio – a un dado? La possibilità di combinare in modo variabile i pezzi che lo compongono (le singole facce, i frammenti delle stesse, o degli elementi ancora più minuti), generando un numero altissimo di combinazioni (e soluzioni). A oggi, i solidi più usati in questo genere di giochi sono tutti (o quasi) variazioni sul tema rispetto al cubo, ma non sono rare le piramidi e, più in generale, gli altri solidi platonici, arrivando a forme più complesse e composite difficilmente descrivibili in termini geometrici.

Il cubo

Nell’ambito della storia contemporanea, il Cubo di Rubik è diventato in pochissimo tempo uno dei più celebri passatempi della sua categoria. Inventato nel 1974 in Ungheria da Ernő Rubik, fu commercializzato inizialmente (a partire dal 1977) solo a Budapest dall’azienda Polithechnika, poi a partire dal 1979 da Tibor Laczi e Tom Kremer, fondatore della fabbrica di idee Seven Towns, nell’ambito di un contratto con la Ideal Toy.

La sua forma iniziale era ben diversa da quella attuale: nato come un meccanismo che consentisse il movimento delle singole parti evitando il collasso della struttura, era un oggetto monocolore e di legno, diffuso in particolare tra i matematici ungheresi data la fascinazione che riusciva a generare nei confronti di problemi statistici. Anche il nome era diverso: Magic Cube, con cui fu brevettato nel 1975. 

Confezione del cubo di Rubik (1980) della Ideal Toy Corp., realizzato in Ungheria. Foto Jpacarter

Fu una fiera di giochi a Norimberga, nel 1979, a far compiere al Cubo un primo passo verso lo sdoganamento, mentre nel 1980 assumerà la sua forma iconica e il suo (più che) celebre nome, vincendo nello stesso anno un premio dalla giuria del gioco dell’anno (Spiel des Jahres) in Germania, a cui faranno seguito dei premi omologhi in Inghilterra, Francia e Stati Uniti d’America. La sua nuova forma, più leggera e in materiali plastici, fu quella che negli anni Ottanta conquistò il cuore dei bambini (e non solo) di tutto il mondo, diventando una moda inarrestabile che portò il suo creatore a venderne centinaia di milioni di pezzi nei decenni successivi (di cui i primi 200 solo tra il 1980 e il 1983!) e trasformò il Cubo di Rubik nel puzzle game più venduto al mondo.

Il cubo nella cultura di massa

Oggi, il Cubo di Rubik è forse più che mai un fenomeno di scala mondiale. A partire dai Guinness World Record legati alla sua risoluzione (il più rapido, da bendati, con una sola mano, e tanti altri), ciò che maggiormente colpisce dopo cinquant’anni è l’influenza nella cultura di massa. A partire dalle sue innumerevoli versioni (con più o meno moduli, di forme diverse o con altri meccanismi per complicarne la risoluzione), la struttura base che prevede 519 trilioni (miliardi di miliardi) di combinazioni possibili ha generato dei paradigmi nel mondo dei rompicapi e dell’icona visiva, al punto tale da aver invaso anche altri media. Un esempio su tutti, il franchise cinematografico Cube (costituito dal film omonimo, Hypercube e Cube Zero), in cui la struttura del Cubo ispirato a quello di Rubik è alla base del mistero che muove la storia.

Foto di PeterPunk

Anche nell’architettura, com’è facile immaginare, tale codifica visiva immediatamente riconoscibile ha avuto una forte influenza negli anni: a partire dal museo dedicato al Cubo e previsto a Budapest, la cui ipotetica forma ricorda in maniera fin troppo didascalica il movimento delle facce (lo spostamento dei piani alla base della composizione architettonica) e la cui realizzazione forse è destinata a essere rimandata all’infinito; fino ai singoli omaggi, come il cubo colorato nel porto di Scheveningen, le scale del Disney’s Pop Century Resort, la Children’s Gallery di Melbourne, lo Scotiabank Theatre di Toronto e tante altre opere del genere, fino a sconfinare nel digitale con le “cube house” in Minecraft.

Lo Scotiabank Theatre di Toronto. Foto DXR

I numeri del cubo

Per quanto impressionante, il numero totale delle combinazioni possibili non è l’unico dato a restare impresso nella mente. Il libro del 1981 indicante una possibile risoluzione del Cubo ha venduto 6 milioni di copie (James G. Nourse’s - The Simple Solution to Rubik’s Cube), probabilmente perché, statisticamente, sembra che la maggior parte dei giocatori non riesca ad andare oltre la risoluzione della seconda faccia. Nel 1982, alla Fiera Mondiale di Knoxville, Tennessee, è stato esposto un cubo (addirittura, parrebbe interamente funzionante) di quasi due metri di spigolo.

Dopo una pausa di vent’anni, nel 2003 si è tenuta la nuova World Rubik’s Games Championship, a Toronto, portando una ventata di freschezza nelle vendite del franchise, aumentate ulteriormente verso la fine degli anni Zero anche grazie a YouTube, dove molti utenti negli anni hanno condiviso i loro video risolutivi. Inoltre, sempre a partire dal 2000 sono fioccati molti altri produttori del celebre Cubo, a causa della scadenza del brevetto registrato più e più volte da Rubik, a causa dell’eccessiva somiglianza al Cubo di Larry D. Nichols - depositato nel 1970 in riferimento a un puzzle con gruppi di elementi rotanti, di modulo 2x2x2.

Le varianti del cubo. Foto di PeterPunk

Pochi mesi fa, l’11 giugno 2023 Max Park ha stabilito il nuovo record di velocità nella risoluzione di un cubo classico, 3x3x3: 3.13 secondi, mentre la media di tre tentativi su cinque con esclusione del più rapido e del più lento è di 4.48 secondi, stabilito da Yiheng Wang sempre nello scorso giugno. Nella risoluzione con una mano sola, l’attuale record + di 6.2 secondi, sempre stabilito da Park nell’agosto 2022, ed è sempre suo il record che considera tre tentativi su cinque: 8.62 secondi, stabilito il 3 dicembre 2023.

L’arte del cubo

Esiste una selezione di opere curata da Google e Rubik stesso: il Chrome Cube Lab, dove chiunque può caricare i propri oggetti interattivi creati a partire dal Cubo, incluse delle “semplici” personalizzazioni dello stesso. Inoltre, nel 2014 a Jersey City si è tenuta una mostra celebrativa dei 40 anni dell’invenzione, con una selezione di cubi molto particolari, tra cui un cubo alto 100 metri, costituito da luci controllabili dagli spettatori tramite i loro smartphone. Infine, sempre presso la stessa occasione, è stato costruito un cubo in diamanti dal valore di 2.5 milioni di dollari, e dei robot in grado di risolvere il puzzle.

Forse, però, l’aspetto ancor più interessante in termini creativi è probabilmente legato al movimento definito “Rubik’s Cubism”, ovvero una sorta di pixel art realizzata utilizzando dei normalissimi cubi. Il primo esponente fu probabilmente Fred Holly, un uomo quasi cieco che ha ricreato delle geometrie e degli schemi cromatici a partire da tali oggetti. Oggi, uno degli artisti probabilmente più noti è Pete Fecteau, che nel 2010 ha creato l’opera “Dream Big”: tre ritratti di Martin Luther King Jr., realizzati con 4242 cubi “ufficiali”.

Immagine di apertura: Il cubo di Rubik. Foto di Sigmund

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