In qualità di Vice Presidente Senior del Design del BMW Group dal 2009, Adrian Van Hooydonk ha guidato i suoi team di design attraverso innumerevoli progetti. A lui è toccato inoltre il compito di guidare il marchio BMW e la “spinoff” elettrica i verso il futuro della mobilità elettrica. Più di recente, Van Hooydonk ha supervisionato il design sia della nuova BMW Serie 4 che della BMW i4, la berlina sportiva che rappresenta un punto di svolta per l'elettrificazione dell'offerta BMW. Con la Serie 4 e la i4, gli elementi di design della famiglia di veicoli elettrici i iniziano a filtrare “nel cuore del design BMW”, per “influenzare il marchio BMW nel suo complesso”.
Di recente BMW ha presentato la versione commerciale della BMW Serie 4, che condivide elementi di design importanti con la prossima BMW i4. Quale progetto ha influenzato di più l'altro?
Quando abbiamo iniziato il lavoro con BMW i, oltre 10 anni fa, la missione era quella di proporre nuove forme di mobilità sostenibili, a emissioni zero. Nel design, significava anche che avremmo dovuto trovare un nuovo linguaggio formale, che comunicasse come stavamo facendo le cose in modo diverso. Con i3 e i8 abbiamo davvero inventato un nuovo linguaggio formale più pulito, meno complesso, se vogliamo, e molto preciso. Ora quel linguaggio ha iniziato a influenzare il design del marchio BMW nel suo complesso. Tutto questo è avvenuto prima della fase di progettazione della Serie 4. Se guardi ora una Serie 4, vedrai che il design è molto più pulito rispetto al modello precedente. E probabilmente si può anche dire che le differenze tra il prodotto i e il prodotto BMW sono meno visibili. Entrambe queste cose, direi, sono intenzionali. Sappiamo che l'elettrificazione si sta muovendo velocemente e con la i4 ora entra nel cuore del marchio BMW. Crediamo che il linguaggio di design che abbiamo creato per BMW i debba cominciare a filtrare nel core language del design di BMW, il che significa che in futuro non avremo una grande differenza visiva tra il prodotto elettrico e il prodotto non elettrico.
Stiamo vivendo un periodo di transizione, con le auto a benzina e diesel che verranno sostituite dall’elettrico nel lungo termine. Quali difficoltà genera questo cambiamento per i designer di automobili?
Dal punto di vista ingegneristico ogni nuova tecnologia è in parte un territorio sconosciuto da esplorare, con elementi che è necessario provare e testare. Dal punto di vista del design noi guardiamo sempre al layout tecnologico, a quelli che chiamiamo hard points della tecnologia. Per un veicolo elettrico, tipicamente, si finisce con la batteria sotto l’abitacolo, e l'auto è leggermente più alta per questo motivo. Se si vuole fare un veicolo dall'aspetto sportivo e dinamico, questo è un aspetto da considerare. Penso che nella Serie 4 e nella i4 siamo riusciti a gestire piuttosto bene questo aspetto. Se vedi l'i4 su strada, non penseresti che sotto ci sia una grossa batteria. Al di là di questo tipo di sfide, non vediamo altro che nuove possibilità. Come progettisti, un momento di grandi cambiamenti tecnologici è un buon momento, perché è anche il momento giusto per fare passi coraggiosi nella progettazione.
Ad esempio?
Con l’avvento dell’elettrico si perderanno alcuni elementi di design convenzionale che trasmettono il concetto di potenza. Forse potremmo anche chiamarli status symbol, come la quantità di scarichi sul retro, che in un certo senso ti dice qualcosa su quanto sia potente il motore. Si tratta ovviamente di un'estetica acquisita nel tempo, quindi abbiamo iniziato a cercare qualcosa di attraente che potesse sostituire quegli elementi. Sulla i4 abbiamo escogitato una nuova soluzione per la parte inferiore del paraurti posteriore, dove si cominciano a vedere caratteristiche aerodinamiche, con quello che chiamiamo un diffusore. In realtà è una parte funzionale della vettura. Aiuta a ridurre la resistenza del veicolo e ad aumentare l'autonomia della batteria. E ci è sembrato che fosse qualcosa di abbastanza cool da trasformarsi in un nuovo dettaglio, un nuova icona.
Nonostante l’elettrico stia prendendo piede, la forma generale di un'auto è sempre la stessa che tutti conosciamo. Il design dei primi modelli i cercava di essere più futuristico, ora sembra che si vada verso una forma e un linguaggio delle forme più riconoscibili. Cosa è cambiato?
Questa è una delle mie domande preferite! La nostra filosofia si è evoluta in questo modo: nella prima fase di adozione, abbiamo deciso di fare una dichiarazione di design molto nuova e molto diversa, perché sentivamo che tutto quello che stavamo facendo allora con i3 e i8 era rivoluzionario. Pensavamo di aver bisogno, per così dire, di un nuovo vocabolario. Così abbiamo optato per una carrozzeria in fibra di carbonio e un modo diverso di produrre automobili. Altri produttori iniziarono a fare il contrario, convertendo i progetti di auto esistenti e rendendoli elettrici. Se si guarda indietro, questo approccio ha avuto meno successo.
Quello che pensiamo ora è che quando i clienti comprano un'auto elettrica non comprano solo il fatto che abbia un motore elettrico, vogliono rappresentare uno stile di vita diverso, vogliono mostrare che fanno parte del futuro. Quindi non si aspettano solo un design nuovo e pulito, e si aspettano che questa novità continui all'interno dell'auto. Sono completamente convinti che il mondo stia cambiando, e vogliono essere parte di questo nuovo mondo. Allo stesso tempo è importante notare che questi clienti non sono interessati a una dichiarazione d’intento, né a convertire i loro concittadini e convincerli che stanno facendo la cosa sbagliata comprando auto a benzina. Insomma, non sono missionari.
Non viviamo nell'era degli aerei a reazione, l'era dei grandi cambiamenti tecnologici degli anni ’50 e ’60 che tutti potevano vedere. Ma quello che si vede ancora sono edifici e automobili e motociclette. Quindi, se cambiano, allora si può cominciare a vedere come sta cambiando il futuro
Le “novità” negli interni sono anche legate al modo in cui ci aspettiamo di vivere l’auto oggi, nel presente tecnologico. Come avete affrontato questo nuovo aspetto completamente digitale del design?
Sì, in questo momento stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione dell'interfaccia utente nel nostro settore. I clienti si aspettano che la mobilità diventi semplicemente più intelligente. Ecco perché questi veicoli devono essere sempre collegati, per beneficiare della swarm intelligence di tutte le auto e del sistema.
Siamo già abituati a questa prospettiva, perché tutti hanno un dispositivo elettronico personale in tasca con cui si è sempre in contatto con tutti gli altri computer del mondo. Abbiamo quell'intelligenza in mano, quindi ci aspettiamo che sia così anche per il nostro veicolo. Molti l'hanno già detto, e io sono d’accordo: l'auto debba diventare parte dell'Internet of Things. La gente vuole che la sua vita digitale continui nel veicolo. Se l’auto non sarà in grado di fornire tutto questo, perderà la sua importanza in futuro.
La tecnologia potrebbe però aggiungere anche complessità indesiderate. Un designer come affronta questo aspetto?
Sì, diventando tecnologicamente più avanzata l'auto è anche un prodotto più complesso. Ma non è questo che il cliente vuole vedere. Il cliente vuole vedere un'auto con cui è più facile interagire. Proprio come i cellulari: non hanno più tasti, eppure possono fare tutto, “trasformarsi” in qualsiasi cosa.
Questo è ciò che i clienti si aspettano, anche dalla mobilità in futuro. Non si tratta di una singola rivoluzione, non si tratta solo di ridurre la CO2 o di cambiare il tipo di motore, si tratta sicuramente anche di intelligenza. E anche questa sarà una sfida molto interessante tra le case automobilistiche: chi risolverà questo problema nel migliore dei modi? E chi offrirà la migliore combinazione di queste due rivoluzioni? È una cosa di cui discutiamo molto spesso all'interno del nostro team di progettazione.
Progettare un'auto elettrica per il futuro vuol dire anche convincere le persone che il cambiamento che stanno per vivere è positivo e non qualcosa da temere. Come si affronta un compito così difficile?
Il cambiamento non è mai facile per le persone perché, per certi versi, significa rinunciare a ciò che si conosce. Tutti sanno che la vita è un apprendimento costante, ma in realtà non ci siamo mai goduti gli anni di apprendimento: andiamo a scuola, facciamo l’università poi ci lasciamo tutto quel periodo volentieri alle spalle. Quindi se l'industria della mobilità ti dicesse: "Ok, dimentica tutto quello che hai saputo finora, devi ricominciare da capo e devi anche rinunciare a molte cose che ti piacciono, ma questa nuova cosa sarà bella, un giorno, anche se sarà diversa". Questa narrativa sarebbe difficile da accettare. Quello di cui dobbiamo essere consapevoli è che, prima di tutto, c'è una certa resistenza al cambiamento perché il cambiamento presuppone un nuovo percorso di apprendimento. Le persone, se hanno imparato qualcosa, preferiscono andare avanti con ciò che conoscono e con cui si sentono a proprio agio. Ci sono due cose che dobbiamo fare: una è fare in modo che le persone non debbano allontanarsi troppo dalla loro comfort zone. Poi dobbiamo dimostrare che le novità che abbiamo da offrire possono rendere la vita più facile. E che possono essere anche emozionali. Perché la gente ha anche paura che le nuove tecnologie rendano la vita meno emozionale, quindi meno interessante. Ed è proprio qui che penso che il nostro team di progettazione abbia un compito importante da svolgere. Dobbiamo dimostrare che questa percezione è sbagliata, dobbiamo fare in modo che qualsiasi cosa facciamo sia sempre un'esperienza emotiva.
Lei ha spesso osservato che il design dell'auto si estende all'ambiente circostante. Un'auto è integrata nell'ambiente. Questo sembra essere ancora più vero con l’avanzamento tecnologico. Come affronta questo aspetto come capo di un grande team di progettazione?
Sì, insieme agli architetti, direi che i designer di automobili hanno una grande influenza e probabilmente anche la responsabilità dell’aspetto del nostro futuro. Molti cambiamenti tecnologici oggi non si possono vedere davvero, sta succedendo tutto nel campo della microelettronica. Non viviamo nell'era degli aerei a reazione, l'era dei grandi cambiamenti tecnologici degli anni ’50 e ’60 che tutti potevano vedere. Ma quello che si vede ancora sono edifici e automobili e motociclette. Quindi, se cambiano, allora si può cominciare a vedere come sta cambiando il futuro.
Cerco di avere uno scambio costante con architetti sin da quando ricopro il mio ruolo alla BMW. Sono sempre rimasto in contatto con altri campi della creatività. Ho anche realizzato diversi progetti con industrial designer e con gli artisti, in modo da poterci avvicinare al loro modo di vedere il futuro. È stato molto, molto interessante e utile. Ora, il futuro è davvero difficile da prevedere, ma tutto comincia col chiedersi “come vedi l’oggi”? E la mia esperienza è che noi designer lo facciamo spesso, ci interroghiamo sul presente e cerchiamo di immaginare il futuro. Gli architetti fanno esattamente la stessa cosa. Gli artisti fanno lo stesso, e sono tipicamente molto critici su ciò che accade nella società di oggi. Da quel contesto, si comincia anche a capire meglio ciò che sarà possibile. È qui che inizia il cambiamento. Dico sempre che se riesci a immaginare qualcosa, allora hai fatto già il primo passo e hai buone possibilità di realizzarlo.
Quindi come immagina Adrian Van Hooydonk il futuro delle auto?
Negli anni '80 e '90 tutti parlavano di high tech. E se accenno a questa definizione, di sicuro hai in mente un'immagine di come sarebbe stato l'interno di un'auto di allora, e di ciò che era visto come una cosa buona, una cosa futuristica. Ora vorremmo arrivare a interni che chiamiamo shy-tech. La tecnologia c'è, ma non ti viene esibita davanti, c'è solo quando ne hai bisogno. Per raggiungere questo obiettivo, l'auto deve essere davvero intelligente, e deve anche sapere in anticipo dove stai andando, cosa sta succedendo intorno a te. Forse anche alcune delle nostre abitudini quotidiane. L'auto deve offrirti i comandi quando ne hai bisogno, e non bombardarti di informazioni o domande o, peggio ancora, di pubblicità. Dovrebbe diventare insomma un compagno, un assistente. È qualcosa su cui stiamo già lavorando. Non vedo l'ora di contribuire a far sì che diventi realtà.