43 anni fa, nel giugno del 1977, a circa un anno dalla fondazione dell’azienda, Apple lanciò sul mercato l’Apple II, uno dei primi computer che si possa definire realmente “personal”. Oltre ad essere ricordato come un grande successo commerciale, l’Apple II ebbe anche il grande merito di introdurre una nuova concezione nella progettazione di quelli che, fino ad allora, erano strumenti per soli appassionati e addetti ai lavori.
Il primo computer assemblato e venduto da Steve Jobs e Steve Wozniak era, di fatto, un kit per amatori. Con l’Apple II i due co-fondatori di Apple capirono invece senza troppe ricerche di mercato, ma con parecchio intuito e un po’ di fortuna, che ci poteva essere una domanda per un computer che fosse, nelle parole di Wozniak, “compatto, affidabile, conveniente e poco costoso”.
Mentre Wozniak si occupava degli aspetti tecnici e delle specifiche (come la memoria RAM da 4kB e l’interfaccia per la lettura dei nastri magnetici), Steve Jobs mostrò per la prima volta la sua naturale vocazione per il marketing e il design. Fu lui a insistere perché la scocca esterna del computer rispettasse canoni estetici tali da attirare anche chi non si era mai interessato di informatica. Le linee morbide, rassicuranti e semplici facevano dell’Apple II un’elettrodomestico, più che un calcolatore, un oggetto che poteva stare anche in salotto e che tutti avrebbero potuto imparare ad utilizzare, senza alcun training informatico specifico.
Altri aspetti del design dei primi modelli vanno proprio in questa direzione. Fu sempre di Steve Jobs l’idea di dotare l’Apple II di una tastiera con tasti marroni sulla base del contrasto cromatico con la scocca: una considerazione di natura puramente estetica che non avrebbe neppure sfiorato le menti degli ingegneri e dei progettisti della IBM o di altre grandi aziende del settore elettronico.
L’importanza dell’Apple II sta soprattutto in questo: fu il primo computer in cui sia il design sia le caratteristiche tecniche (come la presenza di una scheda grafica a colori) convogliavano in una soluzione olistica volta a renderlo quanto più “personal” possibile.
Oggi questo concetto ci sembra scontato, ma nel 1977 si trattava quasi di un’eresia: le grandi aziende informatiche si rifiutavano di pensare che i computer potessero interessare alla gente comune, fuori dagli uffici, mentre solo in pochi (oltre ad Apple ci credevano anche alla Commodore) avevano capito che il futuro dell’informatica era nelle case, negli home office, negli studi dei creativi. Apple credeva talmente tanto in questa visione da scommettere addirittura in una campagna pubblicitaria in cui il computer veniva utilizzato in un contesto living. Una delle immagini, in particolare, mostra un uomo intento a calcolare dei grafici (si suppone finanziari) sullo schermo del suo Apple II, mentre una donna (si suppone la moglie) lo guarda con trasporto mentre è intenta a cucinare. Era una grande rivoluzione per il posizionamento pubblicitario del prodotto, insomma, ma non per gli stereotipi di genere.
Queste campagne certamente aiutarono le vendite, ma va detto che il grande successo riscontrato dall’Apple II alla fine degli anni ’70 e poi soprattutto nella prima metà degli anni ’80, è legato anche all’efficacia di certe intuizioni puramente tecnologiche di Jobs e soprattutto di Wozniak. In primis quella di lanciare, nel 1978, un nuovo accessorio: l’Apple Disk II, un lettore di floppy che sostituiva il lettore di cassette a nastro magnetico per caricare e salvare i dati. Grazie al Disk II fu possibile sviluppare software di nuova generazione, più complessi, che sfruttassero al meglio le ottime caratteristiche tecniche dell’Apple II.
Un programma, in particolare, favorì l’esplosione della domanda: si chiama VisiCalc. Era un Excel ante-litteram, che poteva girare in esclusiva sui computer Apple II dotati di lettore di floppy. La possibilità di utilizzare un simile programma convinse moltissime piccole aziende a dotarsi di un computer per la prima volta, spingendo così le vendite del prodotto. VisiCalc, fu secondo molti, la prima “killer app”, termine con cui oggi si indica un’applicazione che determina il successo di un prodotto hardware.
Grazie alle vendite ottime del computer, Apple si trasformò in una grande azienda informatica, fatta di strutture e processi complessi, politiche aziendali interne, diverse visioni e correnti sulle strategie da intraprendere. Un processo che trasformò la serie Apple II in un progetto molto più complesso e molto meno sperimentale, ma molto più legato alle dinamiche del mercato che aveva contribuito a creare. Non è un caso che Steve Jobs, alla metà degli anni ’80, avesse ormai completamente votato le sue attenzioni ad un altro “figlio” prediletto, il Macintosh, foriero di una rivoluzione informatica ancora più audace e senza precedenti di quella dell’Apple II. Un progetto così fuori dagli schemi che per difenderlo Steve Jobs si posizionò in aperto contrasto con la dirigenza di Cupertino, finendo per essere cacciato, nel 1985, dall’azienda che aveva co-fondato neppure dieci anni prima.