C'è chi la chiamava frigorifero, chi, con l'affetto che si prova per il cugino un po' tocco, Pandino, ma anche chi le offriva amore e riconoscenza eterna dedicandole un Pandina. Nessuno però era rimasto freddo di fronte un'auto che non brillava certo per estetica ma dimostrava che anche l'Italia poteva essere “mobile”. Pensare che l'ultima versione speciale è nata pochi mesi fa, a 40 anni tondi.
Per crearla Fiat aveva messo in campo una squadra d'acciaio. La palla era partita da Carlo De Benedetti, che nei suoi 100 giorni nell'azienda torinese, voleva una utilitaria che potesse riportare all'Italia la bandiera del settore. Viene passata all'Italdesign di Giorgetto Giugiaro e va in rete grazie alla Alfredo Stola e Figli di Rivoli, storica modelleria di stampi metallici attiva dal 1919 da cui erano uscite Lancia Lambda e Flavia Coupè, Alfa Romeo Spider e Ferrari 365 GT 2+2.
Siamo alla fine degli anni '70, la Panda ancora non è nata ma ha già il primo soprannome: frigorifero. Lo rivela Fabrizio Giugiaro, il figlio di Giorgetto, che a 12 anni vede gli schizzi sul tavolo della cucina: “Il papà la chiamava container o frigorifero, perché era squadrata per avere il massimo dell’abitabilità”. Dietro l'ironia c'è la genialità di questa vettura: la Panda deve avere forme da utilitaria ma offrire volumi di auto di categoria superiore, deve essere economica ma affidabile, da città ma per andare al mare. Insomma, deve rompere con un passato in cui utilitaria era sinonimo di piccolo e scomodo. E ci riesce.
La Panda è burbera. Ha le cerniere delle porte a vista, i vetri sono piatti, dentro ecco la plancia a marsupio che è in grado di contenere ogni cosa, dai giocattoli dei piccoli ai fazzoletti passando per i documenti, dietro invece il divano ad amaca. È formato da una tela tenuta in tensione da due tubi e volendo può essere abbattuto per diventare un letto. Era scomodissimo per i lunghi viaggi ma accomodava tre persone e all'Italia degli anni '80 serviva questo. Spostarsi. Per il comfort nelle utilitarie si dovrà aspettare un altro decennio (“Poi Dio creò il Panda, ma solo per la città: per i viaggi lunghi creò la Thema diesel” scriveva il comico Giobbe Covatta in Parola di Giobbe nel 1991).
Eppure questa formula alchemica che vuole offrire tanto a poco piace. Viene svelata nel 1980 prima a Roma e poi al Salone di Ginevra. Per un soffio, nel 1981, non conquista il titolo di Auto dell'anno (vincerà la Ford Escort terza serie) ma in Italia riceve il Compasso d'oro. Versioni speciali vengono realizzate per il Papa e Gianni Agnelli farà sfoggio a Cortina della versione 4x4. Di diverso, dal modello di serie, ha solo dei dettagli.
Nel 1982 Panda raggiunge già i 500mila modelli prodotti, due anni dopo supera il milione e negli anni la gamma viene rinnovata costantemente, cambia il motore (all'inizio uno 0,6 litri da 30 cavalli), viene aggiunto il tettino apribile, diventa cabrio e offre allestimenti speciali in collaborazione con marchi di moda come Sisley e Sergio Tacchini. Nel 1983 invece la svolta: nasce la Panda 4x4 e l'utilitaria si diffonde in provincia come auto in grado di scalare montagne, affrontare piccoli ruscelli, inerpicarsi per strade sterrate. È il sogno del fuoristrada per chi vedeva nel 4x4 solo un sogno inarrivabile.
Visto il successo, il Pandino diventa anche una piattaforma di sviluppo per soluzioni innovative. Visto con gli occhi di oggi sembra incredibile che proprio lei sia stata la prima vettura elettrica moderna prodotta in serie. La versione Elettra appare nel 1990 e offre 70 chilometri di autonomia. Nello stesso anno è la prima utilitaria europea con il cambio automatico.
La storia si chiude 2003 e più precisamente il 5 settembre quando dalle linee di montaggio di Mirafiori esce l'ultima 1100 i.e. Young di colore rosso amaranto. Dopo ventitré anni di carriera e ben quattro milioni e mezzo di esemplari prodotti, il Pandino esce di scena. Ma per poco. Nel 2003 ecco la seconda serie disegnata da Giuliano Biasio per Bertone e nel 2012 la terza, realizzata dal centro stile Fiat sotto la direzione di Roberto Giolito. E così da citycar diventa citysuv.