Siamo ai bordi della città di Matera, dentro il Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri. Ci troviamo, più precisamente, nella cosiddetta Cava Paradiso, dal nome dell’artista Antonio Paradiso che nel 2007 recupera una cava di tufo desueta per realizzare un parco per le sue sculture o – come lui stesso lo definisce – “un luogo di arte antropologica”. È in questo scenario incredibile e poco noto ai visitatori occasionali di Matera, che Joseph Grima ha scelto di ambientare il programma “I-DEA”, curato in collaborazione con Chiara Siravo per Matera Capitale della Cultura 2019. Il programma intende raccontare la profonda ed eterogenea cultura della Basilicata, che solitamente poco emerge in tutta la sua complessità, attraverso l’esplorazione artistica di decine di archivi pubblici e collezioni private diffusi nella regione.
A partire dal fotografo Mario Cresci che ha curato la prima esposizione, il progetto invita di volta in volta artisti e designer a immergersi all’interno degli archivi mappati per l’occasione, per offrire la propria interpretazione di questo ricco apparato di materiali apparentemente sconnessi tra loro. Ogni mostra si congiunge alla precedente per comporre un’unica grande narrazione, sviluppata nel tempo attraverso lo sguardo dei diversi curatori ospiti e il carattere unificante dell’allestimento ideato dagli architetti della Open Design School. Ogni mostra lascia una traccia nella successiva, perché ciascun autore è chiamato a selezionare e inglobare nella propria lettura una sezione “costruita” dal precedente.
Così il paesaggio delineato da Cresci entra nel nuovo scenario immaginato da Studio Formafantasma (Simone Farresin e Andrea Trimarchi) per la mostra “Visione Unica. Cultures of Environmental Manipulation”, attraverso i manufatti di legno intagliati da Giuseppe e Giovanni Di Trani tra il 1967 e il 1984, secondo una rilettura originale della tradizione locale. Un mondo simbolico di animali esotici, oggetti e figure umane, che come ci spiegano i Formafantasma “sono incredibili perché non sono prodotti con una funzione specifica, se non l’espressione della libera creatività di padre e figlio.” La libertà di progetto, espressa mirabilmente da questi oggetti, è forse uno degli aspetti più interessanti che il duo di designer ha potuto coltivare per la propria esposizione.
Andrea e Simone sono soliti lavorare utilizzando gli archivi storici come materiale di partenza per i loro progetti, un materiale che va però ogni volta rielaborato verso elementi funzionali. “Il processo che ci ha condotto a questa esposizione”, raccontano, “è stato invece molto liberatorio. Abbiamo avuto l’occasione di tornare ai nostri interessi iniziali nei riguardi del folklore e delle culture locali, interpretati qui senza restrizioni dovute a rigide committenze. Quello che vedete in mostra, attraverso cinque grandi proiezioni e 10 schermi, è frutto di un’associazione libera di documentari, fotografie storiche e letture di testi essenziali che costruiscono la nostra personale idea di archivio.
Tutto il materiale scelto, con l’obiettivo di analizzare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante, è reso omogeneo dall’utilizzo del mezzo filmico come unica forma di rappresentazione, fatte poche eccezioni come le sculture dei Di Trani o il grande pupazzo di cartapesta Nusazit, fabbricato ogni anno secondo le sembianze del diavolo a San Costantino Albanese”.
Tra tutti i materiali messi in scena nell’hangar della cava, attraverso questo sistema di video, un posto di rilievo spetta all’intervista a Enzo Viti, studioso che ha condotto in prima persona una profonda indagine del sottosuolo di Matera, esplorando e portando alla luce la città sotterranea costituita da cisterne, chiese rupestri, spazi abitativi e di lavoro e dal sofisticato sistema di raccolta delle acque piovane, poi sostituito dall’Acquedotto Pugliese.
Come spiegano Andrea e Simone, “quel sistema idrico ormai inutilizzato era la forza della città. Siamo partiti da qui per immaginare un’esposizione focalizzata sull’interazione tra l’uomo e il territorio, accostando forme di pensiero e ricerche contemporanee e altamente tecnologiche con materiali e visioni propri della cultura popolare e animista che si mescola alla cultura cattolica e cristiana. Quella che abbiamo chiamato ‘Visione Unica’ vuole fare incontrare la natura magica e quella scientifica, entrambe fortemente presenti in Basilicata, nella speranza che possano qui dialogare liberamente”.
Al termine della mostra curata da Studio Formafantasma, il 15 settembre, l’allestimento cambierà di nuovo aspetto per lasciare posto alle interpretazioni dei successivi curatori, da Virgilio Sieni a Navin G. Khan-Dossos & James Bridle fino a Pelin Tan & Liliam Gillick.
Immagine di apertura: Esterno della Cava Paradiso a Matera
- Mostra:
- Visione Unica: Cultures of Environmental Manipulation
- Allestimento:
- Elisa Giuliano, Martha Schwindling e Antonio Elettrico con Open Design School
- A cura di:
- Studio Formafantasma
- Luogo:
- Cava Paradiso – Contrada La Palomba
- Dove:
- Matera