




Quello che non si può raccontare.
Poi ci sono segreti meno aneddotici e intriganti, e cioè quelli che impongono ad aziende come queste di non poter rivelare le firme dell’alta moda con cui collaborano o i celebri costumi per il cinema che, come nel caso di Taroni, hanno realizzato o i vip che hanno vestito, anche se molto li aiuterebbe a farsi conoscere. È una regola del gioco, per altro in controtendenza con un’epoca in cui i grandi stilisti si vantavano di collaborare con maestranze locali dell’artigianato: Capucci, Fendi, Mila Schön, Valentino e Saint Laurent, solo per nominarne alcuni storici...
Quello che si deve raccontare.
Come l’archivio di Cangiari è un costituendo patrimonio intellettuale che si nutre del meticoloso e generosissimo lavoro di riordino, interpretazione e trascrizione del passato, “la conservazione e valorizzazione dell’archivio di Taroni - dice Margherita Rosina, storica del tessuto che sta studiando il caso comasco - è stato un gesto di grande lungimiranza che ha richiesto tempi lunghi e personale specializzato.” Per avere un’idea dei numeri, più di 6.000 articoli sono stati schedati e digitalizzati; a questi si devono aggiungere circa 3.000 cappellotti (o tirelle), cioè campioni di grandi dimensioni con le relative varianti colori, la cui archiviazione è tuttora in corso. “Signor Canepa – lo saluta Margherita Rosina – ho visto Capucci ieri. Dice di riferirle che va tutto molto bene ma vorrebbe un viola più viola. Di dirle solo così, che lei avrebbe capito”.
Ecco il segreto.

Il salotto va en plain air
Pedrali presenta una collezione di imbottiti outdoor pensata per trasformare gli spazi esterni in estensioni eleganti e funzionali degli interni.