Questo articolo è stato pubblicato su Domus 970, giugno 2013
Sparate a caso sul mondo del design e il successo è assicurato. Il teorico olandese Timo de Rijk ha gustato il dolce sapore del successo dopo aver pubblicato sul giornale NRC Handelsblad (nel febbraio 2013) un articolo in cui fustigava il progetto di un neolaureato della Design Academy di Eindhoven, e con l’occasione fustigava anche una parte significativa del mondo del design olandese.
Ma è indispensabile che lo faccia? Un progetto in questa fase iniziale di sviluppo, prima di essere presentato al pubblico, deve davvero soddisfare tutti i requisiti? La crociata di De Rijk non può rimanere senza risposta. Dopo tutto, emette una sentenza adottando un unico parametro—l’utilità immediata—e trascurando altri criteri di giudizio del progetto più validi. Benché De Rijk ammetta di non essere sordo ai valori culturali, nel suo ragionamento esiste solo un’unica realtà, di fronte alla quale il design deve mettersi alla prova: quella del mercato, la quale richiede che i designer risolvano i problemi (o l’illusione dei problemi) con prodotti ben funzionanti.
che va sostanzialmente d’accordo con il vecchio slogan della funzionalità del risolvere i problemi.
Se, come si dovrebbe, si crede nell’intuito del designer per i segnali (ancora inconsci) di un’epoca, non si dovrebbero porre confini alla sua immaginazione vincolando troppo strettamente il suo territorio.
L’uso pratico è solo una delle tante facce del design. Il design risolve problemi fondamentali. Il design rappresenta il modo in cui si vuol vivere. Il design ha il potere di abbellire, facilitare e disciplinare il comportamento. Il design può puntare moralisticamente il dito, dar voce a una critica, essere molto divertente. Il design rispecchia il nostro essere qui e oggi, perché rappresenta la nostra epoca e il contesto sociale, culturale e tecnologico in cui nasce e funziona. Il design apre nuove prospettive sulla realtà. In questo senso non esiste più nessun ambiente ‘naturale’ per i prodotti di design, e certamente non esiste un ambiente naturale per i prototipi sperimentali che, quando rappresentano scenari futuri, possono avere un valore pressoché autonomo. Quindi è giustissimo affermare che il design oggi si presenta su palcoscenici che fino a poco fa erano riservati alle arti visive, palcoscenici che per natura sono più aperti a prospettive visionarie e a esperimenti su differenti significati, e sono in grado di innescare immediatamente un dibattito.