A un certo punto della nostra conversazione, Richard Saul Wurman—architetto, scrittore e inventore delle conferenze TED (Technology, Entertainment e Design) — decide di chiarire quanto insignificante sia il vantaggio che può trarre da questo incontro. "Non ci siamo mai visti prima", dice in modo molto esplicito. "Non conosco la tua famiglia. Da te non ho niente da guadagnare. Non puoi procurarmi commissioni né finanziamenti. Non vedo che cosa ci ricavo a compiacerti". Wurman sottolinea tutto questo quando l'intervista è cominciata ormai da un'ora. Subito le mie orecchie interrompono il contatto, e mi scopro a passare in rassegna con lo sguardo gli scaffali sopra la sua testa. Contengono mappe e giornali, disegni e fotografie di lui e di altri. Su uno dei ripiani inferiori c'è una rivista che, a quanto pare, è intitolata Successful. Sotto il titolo — tutto maiuscolo in caratteri rossi — c'è un ritratto dell'uomo che ho di fronte, un po' più giovane ma tutto sommato identico a oggi: capelli grigi a spazzola, viso rubicondo con barba e naso vistoso, occhi chiari, sguardo astuto e penetrante. Appena sopra la sua palpebra sinistra, in caratteri molto più piccoli, così piccoli da coprire appena la larghezza dello spazio sotto le lettere 'Ful', si legge Meetings. A quanto pare si tratta della rivista Wurman è il perfetto uomo da copertina, e ne ha tutti i titoli: è infatti un organizzatore di eventi di qualità superiore, un visionario a tutti gli effetti.
Quando riporto l'attenzione sulla discussione, il mio interlocutore pare essere giunto a una conclusione: "Ciò che sto tentando di mettere insieme è una serie di punti che dimostrino, qualsiasi cosa tu voglia scrivere, che non sono un modello. Non ho una filosofia che possa essere di alcun interesse. La vera magia sta nel fatto che io sia sopravvissuto. La cosa realmente straordinaria è che qualcuno così abrasivo e dissonante come me, una persona fondamentalmente priva di un talento particolare, possa sopravvivere e avere una vita molto agiata in questo mondo, peraltro senza fare molto per riuscirci".
A questo punto della nostra conversazione capisco che a Wurman piace esagerare. Nel corso dell'intervista, ha utilizzato affermazioni concise e facili da citare come "La peggior figura da ingaggiare è l'esperto" e "I giovani sono le persone più vecchie che ci siano in giro". Al mio orecchio, parole come 'magia' o 'modello' suonano ugualmente seducenti e vuote, e sono certo che non ci sia nulla di sovrannaturale né di particolarmente speciale nell'ascesa alla notorietà di Ricky Wurman. Per dimostrarlo, decido di definire un modello che elenchi le ragioni del successo di quest'uomo. Quel che segue è un abbozzo: Il modello RSW (o I sette comportamenti di una persona molto incisiva).

Nel suo Information Anxiety, pubblicato nel 1989, Wurman scrive: "Il vostro lavoro dovrebbe essere il prolungamento di un hobby". Non c'è dubbio che l'autore viva secondo questa definizione. A partire dagli anni Sessanta, la produzione professionale di Wurman è stata guidata dalle sue personali ossessioni, e un veloce sguardo agli oltre 80 libri che ha scritto nel tempo rivela un uomo dalle passioni precise. C'è un manuale sui cani (Dog Access, 1984); un saggio sui cappelli (Design Quarterly 145, 1989); due volumi dedicati al lavoro di Louis Kahn (The Notebooks and Drawings of Louis I. Kahn, 1973; e What Will Be Has Always Been, 1986). E una serie di manuali e fascicoli su medicina e denaro, nonché guide che coprono una vasta gamma di soggetti, tra cui le guide stesse (A Guidebook to Guidebooks, 1973). Isolati dalla loro sequenza, questi temi appaiono casuali, ma letti in ordine cronologico lasciano emergere una narrativa del tutto particolare. Pupillo di Kahn con tanto di progetti già costruiti al suo attivo, negli anni Sessanta Wurman compie i primi sforzi per definire un linguaggio comune con cui rappresentare e mettere a confronto le città. Aiutato da alcuni studenti, produce onesti lavori dai titoli di toccante linearità, tra cui Various Dwellings Described in a Comparative Manner (1964). Negli anni Settanta, la sua attenzione si sposta dalla forma al funzionamento. Esamina le città e sviluppa strumenti per comunicare le loro qualità, un lavoro che traduce in pubblicazioni incentrate sull'esperienza dell'utilizzatore finale come manuali, guide e supplementi educativi. Oltre a lavorare come architetto, Wurman organizza eventi: l'International Design Conference di Aspen, nel 1972; la Federal Design Assembly del 1973; l'American Institute of Architects Conference del 1976. Il suo approccio rimane tuttavia uguale a quello mostrato nei suoi libri, un metodo incentrato su impegno ed esplorazione, mentre usa le conferenze quali piattaforme per l'avventura urbana. All'AIA Conference, Wurman conia il termine Information Architect. La sua attività di architetto cessa poco dopo. Con l'arrivo degli anni Ottanta, Wurman vive in California e produce guide di ogni tipo. La prima è Los Angeles Access, un libro prodotto in quella che l'autore definisce "una condizione di completo disorientamento", e che comprende tutte le informazioni di cui aveva avuto bisogno dopo essersi trasferito dalla natia Filadelfia. Guide successive, simili nel titolo e pubblicate da Access Press, da lui stesso fondata, rendono più comprensibili, tra le altre cose, Parigi, il baseball, le Polaroid, le Olimpiadi del 1984, i già menzionati cani. Nel 1984, Wurman organizza la prima TED Conference, su cui ritorneremo in seguito. Nel 1989, pubblica Information Anxiety, un manifesto in forma di libro sull'Information Design, che applica a soggetti nuovi e più astratti le tecniche sviluppate nelle guide. Nel 1990 vende la sua casa editrice a HarperCollins. Le conferenze della serie ted decollano negli anni Novanta e, parallelamente, diminuisce l'attività editoriale. Le pubblicazioni che Wurman produce riflettono il suo crescente coinvolgimento negli ambiti della tecnologia (Danny Goodman's Macintosh Handbook, 1992), intrattenimento (Twin Peaks Access, 1991) e design (Information Architects, 1997). Nel 2000 compie 65 anni. Arriva quindi il seguito di Information Anxiety, ma la maggior parte dei suoi libri affronta ormai il tema del benessere fisico e finanziario: Can I Afford to Retire? (Posso permettermi di andare in pensione?, 2000) è seguito da Wills, Trusts & Estate Planning (Come pianificare testamenti, fondi fiduciari e assi patrimoniali, 2001). A Understanding Healthcare (Capire il servizio sanitario, 2004) segue Diagnostic Tests for Men (Esami diagnostici per l'uomo, 2001). Nel 2009 esce 33: Understanding Change & the Change in Understanding (Capire i mutamenti e il mutamento della comprensione), un testo che commemora l'anniversario dell'AIA Conference del 1976 e contiene una versione aggiornata di un racconto che Wurman aveva scritto per l'occasione. Il volume rappresenta una sorta di giro d'onore, il tentativo, da parte di una "persona importante", di comunicare a un pubblico non specializzato quanto appreso nel corso della propria carriera.

Io non costruisco su quanto ho fatto in precedenza. Non mi interessa. È noioso

Un altro termine caro a Richard Wurman è ignoranza. Lo usa più spesso e in modo più appropriato di quanto non faccia con terrore, e quando gli aggrada lo condisce con espressioni equivalenti come "non sapere niente" e "non sapere una mazza", la seconda applicata con effetto comico durante il suo intervento a "Why Design Now?", una conferenza organizzata dalla GE e dal Cooper-Hewitt Museum. "Posso affrontare qualsiasi cosa mi interessi e provare a trovare lo schema che mi possa condurre in questo viaggio dal non sapere al sapere", ha annunciato al pubblico del Lincoln Center. "Quel viaggio è lo stimolo che provo quotidianamente, perché di base non so una mazza! Vedo qualcosa che m'interessa, comincio a seguire questo percorso, provando a fare domande e a scoprire come arrivare a destinazione fino a che non sento, visceralmente, che ho capito qualcosa". Il dono di Wurman è l'abilità di comunicare quest'esperienza personale in modo adatto a una grande platea. Il suo lavoro è la registrazione visiva del suo stesso processo di apprendimento, un procedimento fatto scattare dal disorientamento ansiogeno, sperimentato da tutti gli abitanti dell'"era dell'informazione" ed espresso in un linguaggio di facile comprensione. "Accettare la propria ignoranza è un modo per capire meglio", scrive Wurman in 33, "e tale accettazione è potere".

Wurman si anima più che mai quando cominciamo a discutere di disfunzioni. Se la paura è la sua motivazione primaria, la frustrazione segue a distanza ravvicinata, tanto che, raccontando la genesi del suo lavoro più noto, dice poco delle sue aspirazioni e molto delle sue difficoltà: "Tutti parlano di quanto fossero innovative le conferenze TED", sostiene, "e lo erano, ma l'innovazione era il prodotto di una sottrazione. Ho tolto tutte le cose che non potevo sopportare quando pensavo alle conferenze. Odiavo i comitati e odiavo vedere uomini bianchi in giacca e cravatta e odiavo i leggii e i lunghi discorsi. Odiavo la gente che leggeva i discorsi preparati e il fatto che parlassero di un unico argomento. Gente che vendeva dal palco — vendeva sensi di colpa, beneficenza e libri. Odiavo tutto questo! E di base la mia innovazione consiste nel fatto di aver fatto piazza pulita di tutte quelle stupidaggini. Sottrazione, allo stesso modo in cui il Bauhaus, a vederlo ora, è stato un movimento di sottrazione". Per un certo periodo, TED ha rappresentato veramente l'antitesi a tutto ciò — la risposta informale, sociale, multidisciplinare allo standard del settore, ossia conferenze serissime. Ora, tuttavia, questo modello rappresenta un altro standard, tanto che Wurman parla della formula, che ha venduto nel 2001 come franchising, in termini di "modello per il XX secolo". Di conseguenza, sta ora organizzando un nuovo evento, la conferenza WWW, per la quale l'idea è snellire ulteriormente la struttura già apparentemente esile di ted. "In questo nuovo tipo di incontri sottraggo le presentazioni, sottraggo tempo", dice. "Tolgo degli elementi per vedere cosa rimane. Qual è l'essenza?". Il risultato sarà una conferenza composta unicamente da conversazioni estemporanee, possibilmente su una base di musica improvvisata (suonata da Herbie Hancock e Yo-Yo Ma). Come tutti i progetti di Wurman, si tratta di un esperimento dall'esito incerto — "Non ho un modello in termini economici. E questo mi spaventa. Al momento mi sono esposto per 750.000 dollari" —, ma in linea con un metodo che l'autore ha collaudato negli anni: mettere alla prova i processi creativi attraverso il rifiuto di ciò che, attualmente, si considera funzionare.
Per quanto abbia chiuso il suo studio di Filadelfia ormai da anni, Richard Wurman parla ancora oggi di architettura con l'intimità di un praticante. Spiegando gli impulsi multidisciplinari su cui poggia TED, afferma: "La cosa interessante riguardo all'architettura è che non è siloed". Siloed è un aggettivo coniato nella Silicon Valley che essenzialmente significa "professionalmente e intellettualmente esclusivo". Continua: "Quello che sei addestrato a fare è creare un ambiente che ospiti una qualsiasi attività umana… Perciò devi essere pronto ad affrontare ogni problema da ignorante, perché sapere tutto non è umanamente possibile. In tal senso, studiare architettura, per la sua mancanza di specificità e per la necessità di imparare da ciascun problema risolto, non è il modo peggiore per farlo". Dagli anni Settanta, Wurman si definisce un Information Architect. Questa la descrizione che dà del termine in 33: "Non parlo di un architetto da cantiere. Intendo l'architetto come una figura che opera alla creazione di principi sistemici, strutturali e ordinati per far funzionare qualcosa — la produzione ragionata di artefatti, idee o politiche che informino perché sono chiare". L'idea di Information Architecture è una delle più importanti tra quelle formulate da Wurman, non solo per il suo durevole fascino idiomatico, ma perché ha consentito al suo inventore di stabilire per se stesso una professione interamente nuova, dalla quale — in quanto, di fatto, "esperto numero uno" — poter far ingresso in quasi ogni altro campo, sostenere qualsiasi strategia e condannare qualsiasi tendenza, pur godendo di una libera posizione da outsider.
A un certo punto, ho suggerito che sarebbe interessante per Wurman applicare le sue competenze allo sviluppo di strumenti per quel life design di cui scrive in 33. Considerato il gran numero di dati comportamentali che attualmente si raccolgono nelle strade, nelle nostre tasche e in rete, non siamo forse meglio attrezzati che mai per esaminare i nostri interessi e sviluppare carriere basate sul modello wurmaniano di "hobby prolungato"? L'autore di questo modello non sarebbe forse la persona più indicata per guidare questo tentativo? Ecco la risposta: "A meno che non ti abbia frainteso, implicito in quanto hai detto dovrebbe essere il mio desiderio di apportare dei cambiamenti al mondo o di rendere le cose più chiare per gli altri. È una cosa che non mi interessa". Qui si prende una pausa di riflessione, durante la quale immagino stia cercando un modo per addolcire la risposta precedente. Ma mi sbaglio. Continua infatti: "Dovrei essere motivato per desiderare una cosa del genere, e so che nell'ambiente computerizzato in cui viviamo si ritiene che uno desideri cambiare in meglio. Ma io credo fondamentalmente che se lavori bene — secondo quello che io considero buon lavoro — non puoi non avere un effetto sugli altri. Tuttavia, non cercherò mai di influenzare deliberatamente qualcuno". "Fai un buon lavoro": questa è un'altra massima di Richard Wurman, attribuita a Mies. La usa spesso, in conversazione o dal palco e, va detto a suo merito, non si nasconde dietro all'ambiguità dell'espressione. Wurman è molto chiaro riguardo a cosa sia un buon lavoro e a chi lo definisca tale: un buon lavoro è un lavoro giudicato buono da Richard Wurman. È lui stesso giudice e giuria. Per quanto chiaramente abbia a cuore i suoi contatti personali e il prestigio professionale, questi ultimi sono, a quanto pare, benefici collaterali di una vita di narcisismo altamente operoso. Quando ho suggerito che l'app che sta sviluppando per le conferenze WWW potrebbe essere utile per estendere la vita dell'evento e aprirlo al mondo esterno, ha detto: "Non m'interessa. L'unica cosa importante per me è che sia una cosa stimolante da fare, un interessante problema da risolvere. È questo che vorrei succedesse. Non è una cosa fatta per il bene dell'umanità".
Mi capita a questo punto di pensare che Richard Wurman si comporti come un bambino di 77 anni. Non intendo con questo essere sfrontato o sprezzante. È una delle cose in lui che apprezzo maggiormente. Sembra aver conservato in qualche modo una generosa porzione di egocentrismo 'preoperativo', e che come risultato il mondo sia più ricco. Wurman non si dà pena per i progetti passati. "Non credo che qualunque cosa escogiti possa rimanere in circolazione a lungo", dice. Quando il lavoro è concluso e ha raggiunto l'idiosincratico livello di qualità che il suo autore pretende, Wurman lo mette da parte e prosegue nel modo inesplicabile e ammirevole di un poppante che, dopo aver trascorso la maggior parte della mattinata costruendo meticolosamente qualche tipo di scultura fatta con i blocchi, la demolisce senza alcun commento e abbandona la stanza per cercare qualcosa da bere. Quando gli chiedo cosa prova a vedere ted andare avanti senza di lui dice, "Le cose fanno il loro corso. È solo se continui a costruire su quello che hai fatto che te ne preoccupi. Ma io non costruisco su quanto ho fatto in precedenza. Non mi interessa. È noioso".
Wurman fa sfoggio di un altro inconfondibile e altamente proficuo comportamento infantile: la capricciosa manipolazione degli altri a vantaggio personale. Usa il prossimo secondo proporzioni divenute leggendarie ed è un uomo che, ai tempi di ted, era noto per presentarsi dicendo: "Lei non mi conosce, ma mi deve qualcosa". Harry Marks, con cui Wurman ha dato vita a ted, era così infastidito dal suo comportamento da cedergli la sua quota per un dollaro. Più tardi, Wurman tornò a offrirgli il 50% della società, ma Marks rifiutò. "Utilizza le persone in un modo che per me è intollerabile, mentre io spesso ho difficoltà ad affrontarle", ha dichiarato Marks a Gary Wolf di Wired. Wurman, in ogni caso, non prova nessuno dei timori dell'amico. "Vivo sulla base di due convinzioni: se non chiedi, non ottieni. E la maggior parte delle cose non funziona". Durante tutta l'intervista Wurman mi fa domande — Quanti anni hai… Di dove sei… Che cosa hai studiato… Verso la fine, parlando di cose recenti, menziono una mostra che ho curato l'anno scorso insieme ad Ai Weiwei. L'intenzione dell'esposizione era estendere la definizione di design, così sottolineo che la nozione di life design di Wurman è in sintonia con la nostra idea. Ciò non pare stimolare alcun commento, ma il mio riferimento al noto artista/attivista cinese lo incuriosisce. Segue una nuova serie di domande, sul lavoro, sulla personalità e sull'attuale situazione di Ai. "È possibile raggiungerlo per parlare con lui?", chiede. "Gli è permesso di farlo?". Rispondo di sì e subito capisco: possiedo qualcosa che Wurman può usare! Penso che è arrivata la riscossa, ma subito mi vergogno di un simile pensiero. E in quel microsecondo di incertezza il maestro piazza la sua mossa: "Per caso non è che puoi… mettermi, in qualche modo, in contatto con Ai Weiwei?"

La collezione Pipe, tra essenzialità e carattere
Progettata da Busetti Garuti Redaelli per Atmosphera, la collezione Pipe introduce quest’anno il divano a tre posti.