Il tuo pezzo design più iconico sono le Black Cherry Lamp. Perché delle lampade-ciliegia?
L'ispirazione è arrivata da una canzone che continuavo ad ascoltare: Black Cherry dei Goldfrapp. Sono partita da lì per creare dei pezzi funzionali e modulari – le ciliegie sono pensate a 1, 2, 3 luci – ma soffusi di poesia.
Il piumino per la polvere è tra i primi oggetti che ho disegnato, insieme alla Maid Chair, che avevo presentato al Salone Satellite nel 2007 e che era piaciuta tantissimo a Marcel Wanders e a Moroso. Wanders voleva produrla per Moooi, ma poi abbiamo rinunciato: troppo costosa. Però è stato lì che mi ha detto, guardando la decorazione a merletti – che ho poi ripreso nella lampada Lolita – che ho questo, nel DNA.
Cioè il prendere degli elementi estremamente femminili, quasi da cliché – le trine, i fiocchi, i cuori – e usarli in modo quasi maschile. È uno dei miei possibili alfabeti, una delle mie grafie.
Lubiana è una città di architetti. Il genius loci della città è Joze Plecnik, che fondò anche la prima università di architettura; dagli anni Trenta disegnò ponti, chiese, biblioteche; ma anche arredi urbani, sedie e lampade. Non ti sei mai ispirata a niente di suo?
No. Ma è vero che Lubiana è una città di architetti: ne ho sposato uno (ride, ndr). La mia ispirazione però, casomai, sono gli anni Ottanta, il gruppo artistico Neue Slowenische Kunst: erano momenti fantastici per vivere a Lubiana, quelli. Io ero una ragazzina, troppo piccola per partecipare, ma ho respirato quell'atmosfera.
Prendere degli elementi estremamente femminili, quasi da cliché – le trine, i fiocchi, i cuori – e usarli in modo quasi maschile è uno dei miei possibili alfabeti, una delle mie grafie.
Forse. Ma nostalgia rivisitata. Come quando, nel Padiglione di Plecnik a Villa Bled, sul lago di Bled appunto – a un'ora da qui, è un posto meravigliosamente rétro: era la residenza di Tito – un pomeriggio, seduta con una tazza in mano, ho immaginato delle sedie che raccontassero il rito del tè e il passare del tempo. Sono nate le 5 O' Clock, ricoperte di rose, per Moooi.
È proprio fuori dal centro urbano, nei boschi di Smarna Gora, a una decina di minuti dal centro della città, dove vado a camminare, ogni giorno. Controllo sempre sul mio iPhone l'ora esatta del tramonto, per essere lì quando cambia la luce, in tempo per gli ultimi raggi di sole: il mio momento perfetto d'ispirazione.
Il tuo ultimo progetto?
Le Bubble Lamp, che ho presentato all'ultimo Salone del Mobile a Milano, nello spazio Rossana Orlandi. In vetro rosa, perché volevo ricreare la luce poetica dei lampioni sui canali di Venezia, una città che amo molto. Le lampade sono nate lì, tra l'altro, nella fonderia Vistosi: nate dove le ho sognate.
Nika Zupanc è infatti molto apprezzata da Rossana Orlandi, la piccola grande signora del design italiano, che nel suo store milanese di via Matteo Bandello ha presentato i suoi ultimi lavori e li ha portati quest'estate – stiamo parlando di Homework – anche nel negozio di Porto Cervo. Le Black Cherry Lamp, poi, sono nella mostra Silent Revolutions che il MAO, museo di architettura e design di Lubiana, sta facendo girare per il mondo: la mostra che, qualche mese fa, è arrivata anche alla Triennale di Milano. Insieme alle lampade-ciliegia di Nika, due oggetti-cult del design sloveno, presenti anche nella collezione del MoMA di New York: il telefono prodotto da Iskra nel 1979; e la sedia Rex di Niko Kralj, disegnata nel '56. Ma c'erano anche i gioielli di Lara Bohinc. Socialismo sì, ma glam.