Il grattacielo Pan Am e 400 anni di storia di New York

Quattro secoli fa, un controverso atto d’insediamento coloniale dava inizio alla storia della città poi simbolo del melting pot. 65 anni fa, una delle sue torri-icona ne metteva in crisi la matrice, mettendosi “di traverso” a Park Avenue.

Quando a tarda primavera del 1624 famiglie olandesi tornarono a stabilirsi sulle isole alla foce dell’Hudson – Governors Island è una tra le plausibili prime – per poi trasferire e consolidare un insediamento coloniale che sarebbe rimasto nelle loro mani appena 40 anni prima di finire in mano inglese, prendeva inizio la storia di New York – Nuova Amsterdam in origine – che nei 400 anni successivi avrebbe caricato quel complesso arcipelago della costa atlantica di tutti i significati che ancora oggi lo rendono un simbolo, capitale culturale del mondo in diverse stagioni, riferimento per la forma urbana in altre. L’idea di stendere una griglia ortogonale che desse una misura a tutta questa complessità arriva col Commissioners Plan di inizio ‘800, e per un secolo e mezzo l’idea di svilupparsi in altezza sembra coincidere con l’identità stessa del nucleo di New York. Grattacieli, brownstones e projects che più o meno regolarmente si allineano su assi infiniti dentro lotti rettangolari, come rettangolare è il vuoto paesaggistico razionale di Central Park.
Col 1959 arriva un nuovo simbolo ad allargare la squadra dei diversi Chrysler, Empire State e Rockefeller, ma stavolta non si allinea: la torre concepita da Richard Roth (di Emery Roth and Sons), affiancato poi da Walter Gropius e Pietro Belluschi, si annuncia come coronamento del Grand Central Terminal, e conseguente chiusura prospettica di Park Avenue. Sarà l’oggetto di roventi contestazioni e polemiche, ma anche il simbolo di una Midtown Manhattan postbellica che, assieme al meno ingombrante Time-Life Building, accompagna New York in uno dei periodi più gloriosi e al contempo complessi della sua storia di simbolo culturale. Domus annunciava l’arrivo del Pan Am building – oggi MetLife building – nel settembre del 1959, sul numero 358.

Domus 358, settembre 1959

Un nuovo grattacielo a New York

Dove la Grand Central Station a New York interrompe in due tronchi la Park Avenue, sorgerà questo grattacielo di Walter Gropius e Pietro Belluschi, il “Grand Central Building”. Esso muove le sue superfici: in luogo delle quattro facciate, ha otto prospetti.

I grattacieli a New York hanno due aspetti: vi sono quelli costituiti da un complesso di gradoni, determinati non da un disegno ma dalla massima occupazione consentibile di “spazi ”, e che diremo “informais”; e quelli che hanno un loro disegno. Fra gli antichi, l’Empire State, il Chrysler, il Rockfeller ed altri che sorgono da terra con i loro volumi netti; e fra i moderni il palazzo dell’Onu, la Lever House, ben articolata con i volumi bassi orizzontali, e il Seagram, e il nuovo Time-Life.

Domus 358, settembre 1959

Questo grattacielo di Gropius e Belluschi è una nuova apparizione formale a New York, alla quale s’accompagnerà quella di un nuovo grattacielo di Harrison ed Abramovitz, con una figura di pianta appuntita alla estremità. Peccato che questo edificio si incastri nel folto delle costruzioni; sarà un edificio di più nella New York “irsuta” come l’ha definita Le Corbusier.

Una volta la Central Station ergeva fra le pareti della Park Avenue la sua sagoma curiosamente torrevelaschiana, che si profilava nel cielo. Ora il nuovo edificio blocca il fondo del cielo, ed assorbe la sagoma della Central Station. Peccato che quest’opera non possa sorgere isolata, a parte l’addensamento di traffico che essa porterà ulteriormente in questa zona.

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