Italo Lupi

(1934-2023)



Alfabeti nudi e vestiti, segni del loro tempo

A quarant’anni di distanza, con un’interpretazione più casta, Domus rendeva omaggio al celebre alfabeto umano disegnato da Anthon Beeke nel 1970.

Nel marzo del 2011, sul numero 945, si crea l’occasione di un tempo intermedio per pubblicare una ricerca di lettering, più precisamente una ricerca sulla sua storia e sulla possibilità di reinterpretarne il significato. A raccontare questa storia non può essere che Italo Lupi, graphic designer, art director di Domus tra anni ‘80 e ‘90, rimasto legato alla rivista in uno scambio che si estende nei decenni successivi: la sua ironia e il suo spirito inventivo entrano in una risonanza specifica con lo spirito provocatorio e allo stesso tempo colto di un altro graphic designer, l’olandese Anthon Beeke.

Domus 945, marzo 2011

Dopo dieci eccellenti exploit grafici di Giuseppe Basile che hanno aperto, in questi mesi, la ricca e generosa rubrica Libri/Books, tiriamo il fiato e Domus si può concedere, nei giorni di un addio di direzione, un plagio di autore: si disegna un nuovo type, rifacendosi al celebre Naked Ladies Alphabet di Anthon Beeke.

Anno 1970: un grafico autodidatta olandese interpreta i tempi e progetta un alfabeto composto da ragazze nude che, disposte con arte sul pavimento a ricostruire magistralmente le ventitré lettere dell’alfabeto, vengono poi riprese zenitalmente dalla macchina fotografica. Un’immagine simbolo di anni in cui l’indipendenza espressiva e di costumi era la bandiera dei ‘creativi’ più liberi. Non a caso, Anthon Beeke è olandese; un olandese terragno e sanguigno, con vivissimo il senso della rappresentazione forte e di un linguaggio espressivo che non si ferma davanti all’osceno. Un osceno controllato e colto. Non nel caso di questo alfabeto, ma certo dei suoi manifesti per la compagnia teatrale Toneelgroep Amsterdam e per gli spettacoli di balletto, dove la connotazione sessuale è palese, intelligente e provocante. Un’interpretazione dei fenomeni che pare discendere, per forza e ‘insulto’, da una tradizione pittorica fiamminga con le pianure sorvolate dai corvi neri e punteggiate dalle forche alzate dai dominatori spagnoli dei dipinti di Bruegel, un Beeke irriverente come Till Ulenspiegel, l’eroe letterario dei Paesi Bassi.

Oggi qui, su queste pagine, se ne dà una interpretazione più casta: le ragazze-alfabeto sono state rivestite – e con saggezza – in questa Italia dove il potere e il conformismo offrono ogni giorno le volgarità di una nudità sdoganata e banalizzata e non più critica di costume.

Gli alfabeti sono sempre stati la raffigurazione dei tempi e dei luoghi; la ricchezza intrinseca di ogni lettera e le sue possibili modulazioni sono state lo strumento, la materia liberamente espressa di una cultura. Bastoni o graziati, spesso gli alfabeti hanno cercato un antropomorfismo che si è dichiarato massimamente nel tardo Gotico e nel Barocco, fino ai moderni alfabeti figurati, per esempio quello di Ursula Huber-Bavier del 1961 e quello di Armin Haab del 1967, graziosamente disegnati e graficamente così assoluti e svizzeri da essere scelti persino da Bruno Munari come scrittura per un biglietto d’auguri. Resta un interrogativo: questo nuovo Dressed Alphabet autoprodotto, sarà un alfabeto serif o sans-serif? La disposizione molto femminile delle composizioni, la gentilezza con cui le lettere sono formate, suggerisce che il font certamente non sia un bastone, ma sicuramente un font graziato e forse, da oggi, privo di copyright.

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