L’architetto islandese Arnhildur Palmadottir ha recentemente presentato la proposta di un nuovo materiale edilizio, solo in prima apparenza bizzarro e utopico. Dal 2018 il suo studio sta portando avanti ricerche su come sfruttare la lava fusa proveniente dalla miriade di vulcani islandesi e utilizzarla come materiale da costruzione naturale. Lavaforming, questo il nome del progetto, prevede infatti l’utilizzo di eruzioni laviche controllate per creare edifici, sostanzialmente più sostenibili di quelli costruiti con acciaio e cemento.
“Siamo consapevoli delle responsabilità che abbiamo come designer e sentiamo decisamente l’urgenza del cambiamento climatico quando l’ambiente costruito è responsabile del 30-40% delle emissioni totali di CO2”, spiega Palmadottir durante la presentazione del progetto al festival DesignMarch a Reykjavík di quest’anno. “È compito di noi designer guardare oltre i sistemi esistenti e anticipare nuove narrazioni e mondi che gli altri potranno vedere e scoprire”.
Dall’Islanda la possibilità di costruite città di lava
Da una proposta dell’architetto Arnhildur Palmadottir, Lavaforming immagina un futuro dove l’energia dell’attività vulcanica potrà essere riutilizzata anche in ambito architettonico: dalle fondamenta di nuove città, ai mattoni in 3d.
Credits sap arkitektar
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- Romina Totaro
- 25 maggio 2022
Se consideriamo l'impronta di carbonio dei principali materiali da costruzione moderni – calcestruzzo, acciaio e legno – non riusciremo mai a raggiungere gli obiettivi delle Nazioni Unite di rimanere al di sotto di 1,5 gradi di riscaldamento e contemporaneamente proseguire i cantieri già programmati nei prossimi anni. “La nostra domanda iniziale è stata: cosa succederebbe se le costruzioni nascessero da strati geologici? E se gli edifici del futuro fossero realizzati esclusivamente con materiali locali, trasformati in virtù delle forze e delle risorse dell’ambiente circostante?” continua Palmadottir. Ad esempio il rilascio naturale di CO2 come effetto collaterale di un’attività vulcanica è cinque volte inferiore alla produzione di cemento.
Pur applicandosi all’Islanda, la proposta potrebbe essere applicata anche sugli altri 1.500 vulcani attivi sparsi per il mondo. Si basa sostanzialmente su tre strategie: scavare trincee in cui far confluire la lava quando un vulcano erutta; perforare il magma prima che erutti e si trasformi in lava; stampare mattoni in 3D con la lava fusa.
Nel primo caso, la lava dell’eruzione naturale scorre lentamente si riversa in una rete di trincee scavate in precedenza. Queste potrebbero essere utilizzate per reindirizzare la lava e proteggere le infrastrutture critiche nelle vicinanze. Le trincee potrebbero anche essere usate per formare le fondamenta di una nuova città, dato che la lava si raffredda e diventa roccia solida.
Quando non ci sono eruzioni vulcaniche all’orizzonte, gli architetti vogliono sfruttare la ricerca scientifica in corso sull’energia geotermica. L’Islanda è divisa da una spaccatura che divide il Paese da est a ovest, dove scorrono sacche di magma incandescente che trasferiscono il calore al mantello roccioso della Terra che le sovrasta: se sfruttato correttamente, il cosiddetto calore geotermico potrebbe essere utilizzato per generare enormi quantità di elettricità. L’ambizione dello studio in questo caso è la possibilità di trivellare ancora più in profondità e raggiungere sacche di magma da estrarre. Il materiale potrebbe poi essere modellato in mattoni o manipolato in un materiale per la stampa 3D.