L’eterno ritorno dell’antichità, con lo zampino di Koolhaas: “Recycling Beauty” in Fondazione Prada

Con allestimento curato da OMA, il terzo capitolo della ricerca della Fondazione sull’antico mette in scena un colosso, statue di animali (tra cui un falso) e in generale opere d’arte che nel corso del tempo sono stati “riciclate”, creando un ponte tra l’antichità e oggi.

“Recycling Beauty” è il terzo episodio della ricerca sulla contemporaneità del classico di Fondazione Prada, dopo “Serial Classic” che inaugurò la nuova sede milanese nel 2015, ePortable Classic”, allestita nello stesso anno a Venezia.

Se la prime due esposizioni erano dedicate a illustrare le analogie del ruolo delle copie e delle riproduzioni tra arte classica e contemporanea, questa mostra si concentra invece su uno dei fenomeni più conosciuti del nostro rapporto con l’antico: il reimpiego e il riutilizzo dei materiali del passato in nuovi contesti di luogo e di significato. 

Le prime due mostre mettevan in scena il kitsch e la ripetizione come fenomeni propri dell’arte classica: intesa, quest’ultima, come strumento di diffusione del costume e di comunicazione anche politica di massa, con modalità del tutto analoghe a quelle della standardizzazione dei prodotti e dell’abbigliamento contemporaneo. Nella nuova mostra si passa a illustrare i meccanismi della conversione e la forza del fraintendimento nella reinvenzione dei materiali antichi al momento in cui essi vengono riutilizzati.

“Recycling Beauty”, Fondazione Prada, Milano. Courtesy Fondazione Prada. Foto Roberto Marossi
“Recycling Beauty”, Fondazione Prada, Milano. Courtesy Fondazione Prada. Foto Roberto Marossi

Se quindi è il tema del montaggio a costituire il centro della mostra, il display espositivo gioca in questo caso un ruolo particolarmente cruciale. La sua concezione è stata affidata ancora una volta a OMA, ricostituendo cosi il binomio tra Rem Koolhaas e il curatore Salvatore Settis che aveva caratterizzato le due precedenti esperienze. Non va però dimenticata la presenza di Anna Anguissola che, come già in Serial Classic, occupa il ruolo di co-curatrice e la cui influenza non sembra essere stata secondaria nel mettere in rilievo in questa occasione alcuni aspetti propri alla quotidianità dell’antico, peculiari alla sua ricerca archeologica.

La mostra si articola in due momenti distinti, uno che si svolge sul podio vetrato al centro degli spazi della fondazione, l’altro nella grande cisterna vicino alla torre, ciascuno dei quali segue un criterio di montaggio differente.

Nella cisterna viene proposto un percorso espositivo di tipo lineare, che narra la vicenda di un oggetto e della sua ricostruzione impiegando il tipico stile sobrio e diagrammatico di OMA. L’oggetto è reso fisicamente presente solo al termine del processo, rivelando tutta la sua spettacolare bigness. Si tratta infatti della prima ricostruzione completa in scala reale della celebre statua colossale di Costantino, originariamente collocata nella basilica di Massenzio, uno degli oggetti più celebri dell’arte romana. La ricostruzione – che in qualche modo risponde all’irrealizzato celebre progetto postmodern del colosso di Carlo Aymonino davanti l’Anfiteatro Flavio consente di offrire un palcoscenico unico al risultato di un lungo processo di studio intorno ai frammenti del colosso svolto in maniera indipendente dai Musei Capitolini (presso i quali sono conservati).

“Recycling Beauty”, Fondazione Prada, Milano. Courtesy Fondazione Prada. Foto Roberto Marossi
“Recycling Beauty”, Fondazione Prada, Milano. Courtesy Fondazione Prada. Foto Roberto Marossi

Studio che dimostra come il primo imperatore cristiano si sia riappropriato delle forme classiche, trasformando una statua di Giove in quella di sé stesso, attraverso un processo nel quale, pur cambiando la religione predominante, non si modifica l’idea della maestosità del potere come forza che schiaccia chi lo guarda.

Sul podio invece vien compiuto un montaggio sincronico in cui tutti gli elementi appaiono contemporaneamente allo sguardo del visitatore e il cui scopo è quello di confrontare tante biografie diverse, organizzate per insiemi semantici coerenti. Presso la vetrina sul fondo sono disposte le statue che riutilizzano frammenti antichi per creare una composizione moderna.

Nell'angolo lontano dall’entrata trovano posto invece oggetti non antichi ma che fino in anni recenti sono stati considerati antichi (esemplare la testa del cavallo creata da Donatello ritenuta per secoli un'opera d’epoca romana) e cosi via. 

La disposizione in sequenza degli objets ré-trouvés, viene realizzata mediante sottili allineamenti di significato e alcune grafie ricorrenti nello spazio della Fondazione, come le tre tonalità dominanti dell’oro, del nero e dell’argento. Statue di animali ai tre angoli della sala (un pavone, un leone, un cavallo), l’accento su una belva feroce nella fossa al centro della sala (l’opera più scenografica della esposizione, tanto da comparire anche sulla copertina del catalogo), lastre e crateri originariamente collocati all’aperto e i bassi cabinet dorati dove sedersi a sprofondare in un l’art pour l’art nelle opere, costituiscono i dispositivi allestitivi messi in campo per dimostrare che il ciclo storico di questi oggetti non è concluso e rimane aperto di volta in volta in una nuova storia.

“Recycling Beauty”, Fondazione Prada, Milano. Courtesy Fondazione Prada. Foto Roberto Marossi
“Recycling Beauty”, Fondazione Prada, Milano. Courtesy Fondazione Prada. Foto Roberto Marossi

Oggetti i cui supporti sono tutti diversi e che spesso corrispondono ai pallets con i quali i singoli musei in cui sono esposti li avevano imballati, seguendo un’operazione concettuale – forse memore di Ex Limbo, l’episodio espositivo curato dai Rotor una decina di anni fa sul reimpiego degli elementi scenografici realizzati per i set delle sfilate disegnati da Prada e OMA – volta a sottolineare la metafora del loro ripetuto viaggiare tra luoghi e interpretazioni differenti.

A un primo sguardo la mostra potrebbe sembrerebbe solo una promenade architecturale sul terreno consolidato e quasi ovvio per gli studi classici dell’indagine su spolio e reimpiego, costruita selezionando i pezzi più preziosi tra le stanze di prestigiosi musei italiani ed europei (MANN, Vaticani, ecc.).

Osservata con attenzione, “Recycling Beauty” rivela invece l’apertura a un processo di ricerca più ampio che va oltre al classico, il quale, innescando la riflessione intorno allo spessore tra reinterpretazione e fraintendimento e l’identità instabile del oggetto, invita a esplorare la vasta serie dei contesti di riferimento della cultura del presente, come ad esempio il Medioevo e l’Ottocento, ancora quasi tutti da riciclare nei termini cosi seducentemente presentati a Milano.

Mostra:
Recycling Beauty
Location:
Fondazione Prada, Milano
Date:
Fino al 27 febbraio 2023

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