Nel giorno della presentazione al mondo delle più profonde immagini mai viste dello spazio con galassie lontane milioni di anni luce, ritratte dal nuovo Telescopio Spaziale James Webb, prodotto da Nasa e Esa, inaugura la XXIII Esposizione Triennale di Milano con l’incognito e riflessivo titolo “Unknown Unknowns – Una introduzione ai misteri” (di “ciò che non sappiamo di non sapere”). Non poteva esserci coincidenza e occasione migliore per aprire il sipario su questo sconosciuto universo che si espande a ogni riflessione e che riverbera di energia vitale per il sentire sapiente dell’essere umano.
Non si tratta più e non solo del classico schema offerto dal paradosso socratico di “sapere di non sapere”, quale motore di conoscenza di poche migliaia di anni che riguarda la storia umana, ma il più contemporaneo e complesso – a tratti inquietante e inspiegabile – “non sapere di non sapere”, ovvero la condizione ormai certa del confronto necessario con l’incerto.
Proprio nel 2020, anno nero in cui abbiamo incontrato per la prima il SARS-CoV-2, si iniziavano a tessere le prime riflessioni e confronti per la definizione del tema. Visto che la Triennale si è sempre occupata di temi “emergenti” – nel senso dell’emergenza e dell’affioramento – la decisione si è orientata verso il riconoscimento di una “esplosione dell’ignoto”, dato soprattutto dalla pandemia che ha messo il mondo intero di fronte a qualcosa che si è sviluppato inconsapevolmente dentro i nostri corpi. Da lì sono partite tutte le altre riflessioni urgenti che oggi strutturano questa grande esposizione internazionale, dall’universo più lontano alla materia oscura, dal fondo degli oceani all’origine della nostra coscienza, con l’intenzione di mappare, senza necessariamente geografizzare, i bordi dell’ignoto contemporaneo.
Per fare questo viaggio nell’ignoto, il Palazzo dell’Arte si è trasformato in un’astronave in cui si incontrano nuove forme di conoscenza, dove Arti e Scienze sembrano coincidere percorrendo ambiti comuni nei quali si liberano costellazioni di pensieri, idee, opere, documenti, ricerche e voci da un territorio tutto da esplorare. Esplorare ed esporre hanno radici comuni e quindi questo è sicuramente il luogo adatto per porsi delle domande, non preoccupandosi subito delle risposte, allenando il pensiero “non calcolante” libero di speculare, cercando però di non scivolare in quel territorio in cui il misterioso diventa mistico.
Chi meglio di una astrofisica quindi poteva guidare questa astronave atterrata a Milano? Ersilia Vaudo è la curatrice generale della XXIII Triennale, che con la sua chiara visione e alla prova con una esposizione d’arte (e scienza), non vuole cadere negli stereotipi dello sconosciuto. Piuttosto, ha da subito, e forse per deformazione professionale, riconosciuto lo sconosciuto non come antagonista ma come una dimensione da vivere e a cui lasciarsi andare.
Al fianco di Vaudo, Francis Kéré, architetto Pritzker 2022, è stato coinvolto come uno speciale ospite d’onore per mettere la sua sensibilità al servizio dell’esposizione, curando, progettando e allestendo opere e spazi in cui ritrovare una visione politica sul mondo per come si conosce o si dovrebbe conoscere. Quasi in antitesi verso un linguaggio iperuranico che caratterizza la maggior parte degli spazi, e per questo complementare, il suo lavoro si rifà a tecniche antiche e popolari, vedendo il passato come qualcosa che informa sempre il futuro attraverso azioni partecipative e di coinvolgimento. Con questo ruolo di rilievo, Kéré si fa inoltre ambasciatore dell’Africa, il più grande e meno noto continente terrestre e vicino di casa poco frequentato dell’Europa.
Oltre alla mostra principale tematica, in linea con la tradizione delle Esposizioni Internazionali, si trova una sezione dedicata alle 23 partecipazioni internazionali organizzate attraverso i canali governativi. Tra tutti gli expo internazionali e universali che girano il mondo ed evidenziano tematiche generali, questo si caratterizza per una duplice sfida oltre a quella posta programmaticamente dal nuovo tema: è necessario tenere elevato il livello di attrazione della città rispetto ai visitatori internazionali, inoltre non volendo specializzarsi come le altre manifestazioni che a cadenza regolare – ogni 2, 3, 4, 5 o 10 anni – tracciano lo stato dell’arti divise per discipline – pittura, scultura, architettura, design, cinema, musica, et al – qui le discipline si mescolano e si moltiplicano diventando veicoli di apertura verso una nuova cultura contemporanea.
Insieme al lavoro dei main curators, un nutrito gruppo di altri autori sono stati chiamati a curare mostre satellite: “Mondo Reale”, ideata da Hervé Chandès, Direttore Artistico Generale della Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi, e “La Tradizione del Nuovo”, curata da Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale Milano. Parte integrante della manifestazione sono inoltre installazioni di progetti speciali che coinvolgono gli storici dell’arte Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa (Il Corridoio Rosso), il musicista e scrittore Francesco Bianconi (Playing the Unknown), il filosofo Emanuele Coccia (Portal of Mysteries), la ricercatrice del Politecnico di Milano Ingrid Paoletti (Alchemic Laboratory), l’artista e Grand Invité 2021-2024 Romeo Castellucci (domani / EL) e il maestro dell’architettura e del design Andrea Branzi (Mostra in Forma di Prosa).
Infine, oltre all’interessante rinnovamento della mostra intorno a Casa Lana di Ettore Sottsass dedicata per l’occasione al tema del “Calcolo”, c’è un nutrito calendario di eventi organizzati nei Public Programs, alcune attività digital come il nuovo capitolo della “Game Collection Vol. 2”, una raccolta di nuovi video giochi sperimentali creati da game designer, e “1923: Past Futures” che consente di ricreare “futuri passati” e propone un viaggio nel tempo per scoprire la storia delle Esposizioni Internazionali.
Nella gallery la nostra guida per punti con tutte le cose essenziali da sapere e tenere presente per la visita a questa esposizione.