In una puntata della serie animata South Park, andata in onda nel 2014, il simpaticissimo quanto spregevole Eric Cartman inganna il povero Butters, convincendolo che indossando un paio di occhiali di plastica trasparente e delle cuffie sarà in grado di immergersi nella realtà virtuale. Lo induce così a tenere dei comportamenti imbarazzanti nei corridoi, reali, della loro scuola elementare. Butters ci prende gusto e in un rush di follia stile Grand Theft Auto finisce per menare suo padre, guidare senza patente, fino a farsi accoltellare da una prostituta.
Verso il Metaverso: le 7 migliori esperienze in Realtà Virtuale che puoi fare oggi
Anche se poco conosciuti al grande pubblico, esistono già oggi contenuti immersivi imperdibili, a metà strada tra cinema e videogioco, molti con elementi social. La curatrice Liz Rosenthal, che se ne occupa da anni, li racconta a Domus.
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- Silvia Dal Dosso
- 23 aprile 2022
Inganno e immersività sono due temi ricorrenti nel mondo della VR. Inganno perchè mentre ci si immerge in una nuova realtà, il mondo reale è celato dal visore. Ma anche perché le cifre stratosferiche che sono state investite in quest’industria, hanno fatto sembrare per molti anni questi investimenti un costosissimo buco nell’acqua, una promessa di innovazione che tardava sempre più ad arrivare. “Nessuno ci capisce niente ma tutti vogliono entrarci” dicevano nel 2017 in Silicon Valley, la serie di culto per geeks e amanti del digitale, “qualsiasi idiota potrebbe entrare in una stanza, pronunciare le lettere V e R e verrà coperto di denaro”.
Tanto eravamo schermati dalle critiche nei confronti della VR da non accorgerci che nel frattempo qualcosa stava succedendo davvero, e che la sperimentazione artistica e narrativa, legata a questo nuovo medium immersivo, stava facendo passi da gigante. Negli ultimi 5 anni, grazie alla rapida implementazione delle camere 360, nel caso di film e documentari, e dei motori grafici, nel caso di videogiochi e animazioni 3D – cybersickness a parte – la VR si è avvicinata a diventare quello che da lungo tempo era stato promesso: un luogo dove tutto quello che può essere immaginato, diventa realtà, o meglio… diventa finzione.
E anche se concettualmente non si è andati tanto oltre la visione immaginifica del SimStim, quel meraviglioso oggetto immaginato da William Gibson ormai quasi quarant’anni fa, che è capace di calare chi lo indossa nell’esperienza sensoriale e percettiva di qualcun altro, è anche vero che nella pratica la dimensione del punto di vista soggettivo (POV) resta ancora tutta da esplorare. Opere come Goliath (2021), dove si esperisce la percezione del reale dallo sguardo soggettivo di una persona affetta da schizofrenia che rientra nella socialità grazie ai multiplayer, o Samsara (2021), un percorso karmico che attraverso la reincarnazione ci conduce nel corpo di varie specie umane e animali, hanno portato questa esplorazione ai massimi estremi. Nell’ambito artistico e cinematografico, il VR oggi si conferma un medium narrativo estremamente vario, in via di definizione, e dunque come si dice spesso, liminare.
Si dice, ma pochi hanno effettivamente esperito con il loro POV ciò che sta succedendo in questo ambito. Liz Rosenthal, curatrice stabile di Venice VR, in programma durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, e di Red Sea Immersive, la sezione VR del Festival Internazionale del Cinema del Mar Rosso appena tenutosi a Jeddah, da tempo si occupa di selezionare e presentare centinaia di opere VR all’anno, il che la rende una delle persone più adatte a raccontare le sorti di un medium in costante evoluzione, esposto ai rivolgimenti della creatività, della sperimentazione e, oggi più che mai, ai rivolgimenti del mercato.
Rosenthal, costantemente esposta al visore, racconta dell’enorme varietà di genere e formato delle attuali opere in VR, che “spaziano da esperienze per singoli spettatori a complesse installazioni in multiplayer, tra sontuosi set e attori, e performance ambientate in fantastici mondi VR partecipati”. La realtà virtuale, racconta Rosenthal, attinge da “diversi media esistenti, incorporando visioni cinematiche e aspetti partecipativi del teatro immersivo, con l’interattività dei videogiochi”, e per questo richiede la collaborazione di moltissime figure professionali, tra “animatori, UX designer, artisti visivi e dello spettacolo, musicisti e tecnici del suono, architetti e scenografi, registi e altro ancora”.
Ad oggi le opere curate in Venice VR 2021 e Red Sea Immersive provengono da tre diversi tipi di comunità. Ci sono quelle concepite da registi o artisti “spesso prodotte da un team creativo e di produzione che lavora con l’artista principale”, ci sono quelle che invece provengono dall’industria del gaming, che spesso si rivelano “ibridi tra gioco e narrazione”, mentre la grande novità degli ultimi due anni sono gli artisti che lavorano su VRChat, creando ambientazioni “condivisibili tramite plug-in e una serie di asset”, i cosiddetti VR Chat Worlds.
Se prima della pandemia, ci si orientava verso esperienze di “localizzazione” e “luoghi culturali, attrazioni turistiche, spazi commerciali e festival” si attrezzavano con stazioni VR, negli ultimi due anni, “mentre l'appetito per tutto ciò che è virtuale cresceva” e ci ritrovavamo chiusi in casa insieme ai nostri schermi, sviluppatori e creatori hanno “risposto alla crisi in modo ingegnoso” puntando tutto sulle API di rendering interattivo di ambienti 3D – come WebGL – e a game engine open source – come nel caso di Unity – che permettono agli utenti di esperire ambienti VR direttamente da browser, senza dover necessariamente indossare il visore. Tra le opere da lei presentate, consultabili nella nostra galleria di immagini, Pandora X (2020) ne è forse l’esempio più azzeccato, una performance partecipativa virtuale esperibile su VRChat, in cui durante il lock down “un cast di attori professionisti si esibivano dal vivo dalle loro case negli Stati Uniti, nelle vesti dei loro avatar” guidando gli utenti in una serie di sfide, alla ricerca del vaso di Pandora, dove è rimasta rinchiusa la Speranza.
Venice VR si sta già interessando anche al Metaverso, ma in toni critici. Liz Rosenthal racconta come anche lei ha potuto notare la voracità con cui l’industria ha cercato di accaparrarsi questa nuova fetta di mercato, mentre i commentatori “si becchettavano su cosa fosse, buttando in mezzo XR, social media, giochi multiplayer e media in streaming” e spesso confondendo le acque. Proprio come in Silicon Valley, oggi la storia si ripete: “nessuno ci capisce niente, ma tutti vogliono entrarci”. Tra le attuali proposte di Metaverso, Rosenthal preferisce di gran lunga trascorrere il suo tempo in VRChat, un luogo di incontro da cui la logica degli investimenti in NFT, terreni, avatar skin, e quant’altro per ora è rimasta fuori, mentre “la creatività e l’inventiva – data dall’affollatisisma presenza di artiste, creativi e sviluppatori – è stupefacente”.
È proprio su VRChat che con Venice VR ha organizzato una versione virtuale del festival e da quest’anno anche una nuova sezione, la “VRChat Worlds Gallery, una selezione di 34 eccezionali mondi generati dagli utenti, che vanno da sontuose e sostanziose ambientazioni fantascientifiche e di avventura, a opere d’arte complete e visualizzatori musicali immersivi”. Otto di questi mondi sono stati poi portati anche a Red Sea Immersive. Liz ci invita a visitarli e a supportare questa giovane comunità di creativi.
To the Moon (2019) è una sinfonia visiva e sonora. Per comporla, Laurie Anderson e Hsin-Chien Huang si sono ispirati alla leggenda dell’antico pittore cinese che per anni dipinse un gigantesco paesaggio, così dettagliato, che alla fine ci entrò dentro. Qui indossare il visore significa diventare un astronauta che esplora la Luna, una luna ricostruita linea dopo linea, attingendo ai tropi della mitologia greca e dei film di fantascienza spaziali, indagando immaginari letterari, scientifici e politici.
Sul lato oscuro della Luna, polvere nera e cifre numeriche ostacolano, ma anche guidano il visitatore; codici genetici incomprensibili suggeriscono forme di uccelli, dinosauri e oggetti perduti. Un luogo dove immergersi nel buio e arrendersi dinanzi alla complessità dell’universo, estasiati e inermi.
Bastano i primi 30 secondi di trailer per accorgersi che Goliath (2021) non sarà soltanto un viaggio immersivo, ma un’avventura per la mente. Per alcune più impegnativa che per altri, come avvisa il trigger warning all’inizio dell’esperienza. May Abdalla e Barry Gene Murphy ci mostrano quanto la realtà possa essere fragile, simulando le vicissitudini di un uomo affetto da schizofrenia.
Le immagini che variano a flash alternati, ci ricordano che talvolta anche punti di riferimento più elementari possono sparire, da un momento all’altro. Accompagnato dalla voce di Tilda Swinton, Goliath attraversa varie fasi della sua vita, dalla perdita dei suoi genitori, all’ospedale psichiatrico, fino al ritorno alla socialità trovato online grazie all’ambiente protetto dei videogiochi in multiplayer.
Vincitore del premio “Miglior Storia” al Venice VR 2021, in End Of Night (2021) David Adler invita lo spettatore a sedersi su una barca con Josef mentre rema fuggendo dalla Danimarca occupata verso i territori neutrali della Svezia, siamo agli albori della Seconda Guerra Mondiale. Il trauma della colpa, di coloro che scelgono di scappare dalla guerra, talvolta costretti a lasciare indietro i propri cari, è raccontato in un turbine di memorie e immagini che si confondono con l’acqua dell’immenso oceano da attraversare.
Adler, che ha vissuto una simile esperienza sulla sua pelle, utilizza il VR come luogo di incontro intimo, mettendo il pubblico faccia a faccia con le emozioni di un rifugiato, chiedendo comprensione ma soprattutto empatia. Una storia passata che ci da lezioni sul presente.
Nel corso della Storia noi umani abbiamo imparato a manipolare la materia grazie alla tecnologia, ma la nostra spiritualità “rimane la stessa che era millenni or sono con il Gautama Buddha”. In Samsara (2021), Hsin-Chien Huang usa la tecnologia VR e le animazioni 3d per invitarci a manipolare la nostra spiritualità, grazie a un processo di Embodied Cognition, l’apprendimento tramite sensazioni corporee, in uno scenario estremo.
La specie umana ha distrutto il pianeta Terra, si è evoluta artificialmente e da tempi immemori viaggia nello spazio, finché da straniera ritrova la Terra e ricorda le emozioni umane perdute. Qui Huang ci invita a entrare nei corpi di umani e animali, essere vittima e carnefice, riscoprire gioia e paura, e se il ciclo karmico non si risolve, ricominciare da capo.
Una volta scoperchiato il vaso di Pandora, tutti i mali del mondo vengono liberati e iniziano ad affliggere gli uomini, ma sul fondo rimane la speranza, che non fa in tempo a uscire. Kiira Benzing e i molti altri attori di Finding Pandora X – una delle prime opere performative e partecipative nella storia del VR – invitano gli spettatori a darsi appuntamento sulla loro piattaforma a un orario prefissato, per poi accompagnarli in un’avventura, per aiutare gli unici dei dell’Olimpo rimasti, Zeus e Era, nella ricerca del vaso.
L’opera, pensata prima dell’avvento della pandemia, è diventata un luogo di ritrovo per molti durante il lockdown, e risolvere le varie quest, guidati dagli attori, ha acquisito per i partecipanti una valenza metaforica, quella di riunirsi alla ricerca della speranza.
Talvolta basta un “semplice” documentario per sperimentare le capacità immersive della VR… Ce lo ricorda Space Explorers: The ISS Experience, “la più grande produzione mai girata nello spazio” con le sue 200 ore di riprese compiute a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Per questa ambiziosa realizzazione Félix Lajeunesse e Paul Raphaël hanno avuto la fortuna di essere accolti tra i pochissimi astronauti che vivono sulla ISS, durante tutti i sei mesi di turno, per raccontare la vita di un equipaggio, dalle emozioni dell’arrivo, alle sfide e soddisfazioni del loro lavoro quotidiano.
In occasione di questa collaborazione senza precedenti con la NASA, Felix & Paul Studios e TIME Studios hanno realizzato un particolare tipo di telecamera per VR, progettate per funzionare a gravità zero.
Nelle edizioni 2020 e 2021, causa pandemia, durante la Biennale del Cinema di Venezia e il Festival del Cinema del Mar Rosso, Venice VR e Red Sea Immersive hanno scelto di fare qualcosa di più dell’abituale rassegna di opere in VR. Il medium, grazie alla piattaforma VR Chat, è diventato un luogo di incontro per i visitatori, che durante i festival potevano selezionare avatar creati dagli artisti e assistere a un vasto programma di eventi.
Gli scenari, sono stati selezionati tra una serie di VR Chat Worlds, ad oggi ancora presenti e visitabili su VR Chat. In questa gallery possiamo vederne alcuni, come Cycle of Life, Lost It, The Hallwyl Museum, Uncanny Alley, Museum of VR Painting, Aquarius, Moscow Trip 1952, mentre altri sono consultabili nella sezione Venice VR Expanded di www.labiennale.org.