Una settimana generalmente è un tempo ideale per visitare Arles e il suo festival della fotografia che due anni fa ha festeggiato il suo primo mezzo secolo di attività. Non una settimana qualsiasi, ma la prima, perché quella di Arles è anche una piccola comunità. Approfittando di mostre, talk, presentazioni e feste, portfolio review con i più noti photo-editor e curatori, molti appassionati e professionisti si incontrano ogni anno. Nei giorni dell’opening è possibile conoscere personalmente noti artisti che vivono anche molto lontano o incontrare colleghi coi quali si è solitamente in contatto solo attraverso i social.
Nel festival più importante, la fotografia celebra il corpo e la diversità
Siamo stati ad Arles, per Le Rencontres de la Photographie, dopo l’edizione mancata dell’anno scorso.
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- Jessica Soffiati
- 09 agosto 2021
C’era qualche dubbio su come si sarebbe organizzato il festival di fotografia più importante d’Europa, dopo l’appuntamento mancato del 2020 e le restrizioni. L’edizione di quest’anno, seppur confezionata in versione light, non ha granché da invidiare alle precedenti: le mostre sono allestite come sempre nelle architetture storiche della città, nei giardini, nelle chiese e nei musei. Tutti gli allestimenti sono accessibili senza attese, basta indossare la mascherina.
Al di là delle immancabili mostre d’archivio sui nomi storici della fotografia, dei tributi e delle riletture, quest’anno il festival è dedicato alla celebrazione della diversità, ed esplora sotto vari e differenti aspetti come il corpo performi nelle nostre società, culture e comunità.
In cosa consiste la nostra esistenza “oltre il genere e oltre i confini”? Una domanda rimasta in sospeso già dall’anno scorso, il primo anno di Christoph Wiesner, prima alla guida di Paris Photo, come direttore del festival.
Il nostro più importante e primario mezzo di espressione è anche lo strumento politico più deflagrante e la pandemia ha solo riportato in superficie la nostra fragilità terrestre e le nostre differenze sociali accentuandole. Il Festival del 2021 ha saputo recuperare ogni tematica riaffiorata in superficie senza escludere nessuna minoranza e proprio per la sua capacità di non essere solo un contenitore di storie e di pratiche fotografiche innovative, ma di compiere con questa edizione anche un gesto politico noi pensiamo che vada la pena visitarlo.
Questa edizione, che viene dopo una pandemia e che ha visto moltiplicarsi le catastrofi legate al riscaldamento globale, è consapevole di essere parte di una società corrosa da un punto di vista materiale e spirituale ma studia il rapporto uomo-ambiente-cosmo fantasticando sulla possibilità di sovvertire l’immaginario conosciuto.
Aspetti fondamentali della rappresentazione consistono nella capacità del corpo di manifestarsi, nella sua proprietà di essere visto e nella possibilità di essere interpretato. In “Being Present” di Pieter Hugo al Palais De L'Archevêché, i soggetti sono letteralmente esposti, la raccolta di ritratti tradizionali segue un principio duale: all’interno di una catalogazione lombrosiana emerge la profonda umanità della relazione tra fotografo e soggetto moltiplicata all’infinito da una reciprocità di sguardi.
Il corpo è la fibra che filtra il resto del mondo, è strumento di denuncia, decodifica attraverso il gesto il linguaggio. “Rethink Everything” (Espace Van Gogh) è un titolo e un mantra che ha al centro il corpo come mezzo politico di rivendicazione, si interroga sul concetto di proprietà e sul ruolo del femminismo nel capitalismo.
Bellezza e identità di genere ed etnica sono i temi che concorrono alla costruzione di un più corretto immaginario comune. “Masculinities” (La Mécanique Générale )è una raccolta di opere di voci autorevoli della fotografia, del cinema e delle arti performative, che riesamina i codici della mascolinità sotto un profilo antropologico, sociale e politico. Identità queer, patriarcato, iper-mascolinità, sottomissione, tenerezza, estensione del corpo oltre gli stereotipi. Gli uomini piangono? Qual è l’identikit di uomo perfetto secondo l’uomo e quale secondo la donna?
La questione della rappresentazione invece viene affrontata dando voce ai veri protagonisti della diaspora che celebrano il corpo nero con l’obiettivo di scrivere una nuova memoria collettiva. Gli artisti di “The new black vanguard” (Église Sasinte-Anne provengono da diverse discipline e già fanno della loro pratica una forma di attivismo).
Contro il trauma del razzismo sistemico che ancora intacca le nostre società rendendoci testimoni di crimini e complici di ingiustizie anche Zora J Murff, "At No Point in Between”, da voce all’”invisibile” denunciando la situazione dei cittadini Afroamericani nel quartiere di North Omaha in Nebraska. (Parte del Louis Roederer Discovery Award e della selezione di artisti presentata da Webber Gallery - Londra, New York, Stati Uniti all’ Église Des Frères Prêcheurs)
“Desideration” di Smith, ambientata al piano superiore del capannone commerciale del Monoprix, è una mostra composta da installazioni, immagini che si fanno scultura, dove supporti per la stampa come metalli e plastiche si fanno materia vivente e rafforzativa della narrazione. Attraverso il personaggio di Anamanda Sîn, Smith da vita a nuovi miti che vivono nella dimensione extraterrestre del sogno.
“Orient Express & Co” sempre all’ Espace Van Gogh è l’esempio di un mastodontico ed esemplare lavoro di ricerca che raccoglie diversi materiali d’archivio tra mappe, illustrazioni, foto, talvolta anche recuperati da ex dipendenti della International Sleeping-Car Company. Se volete ripercorrere la storia del primo viaggio in treno più lussuoso da Parigi a Costantinopoli, la mostra ne racconta il principio, le idee diplomatiche, la varietà dei business coinvolti, le aree geografiche di intersezione delle linee ferroviarie, i personaggi iconici che hanno contribuito a promulgarne l’immagine attraverso il cinema e la pubblicità.
Vagoni letto e vagoni ristorante aziendali in costruzione presso la Mashinen und Waggonbaufabrik di Vienna-Simmering. Foto Wilhelm Wagner, Atelier für industrielle und technische, 1930
L'attrice su una carrozza del treno che portava da Bruxelles a Parigi, per la prima del film di Dino Risi Scandalo a Sorrento