È passato più di un anno da quando abbiamo iniziato a pensare, in certi momenti anche a credere, che niente sarebbe più tornato com’era. In quest’anno di pandemia ci siamo interrogati soprattutto sul futuro delle arti, dello spettacolo, della cultura in genere. Per alcuni la pandemia è stato un momento nel quale espandere i propri confini, cercare modi alternativi per uscire dai margini, oltre le geografie. Mai come quest’anno abbiamo alimentato la nostra dipendenza per i social network; mentre un amico mi raccontava con entusiasmo il suo impegno nel cercare di non riscaricare l’app di Instagram durato più di tre mesi, io non riuscivo a smettere di cedere alla forza gravitazionale del vortice esplorativo.
Yehwansong, The way we touch each other in 2020
Chi ha la mia stessa ossessione per percorrere chilometri lungo la linea azzurra fino alla fine di strade sconosciute usando Street View, può capire. Tra le molte cose nuove scoperte ci sono soprattutto le nuove generazioni di artisti e intellettuali dell’era post digitale. Così è iniziato un lavoro di collezionismo, mappando degli stili, creando compilation di reference e visioni per stimolare interrogativi sulle direzioni dell’arte in questa nuova era.
Quali elementi dell’epoca dell’“esperienza” avremmo potuto ricombinare per creare nuovi linguaggi? Nuove associazioni mentali possono riscrivere il futuro di tutte quelle pratiche che ci sono state tolte? L’arte digitale può superare il confine materiale di un oggetto, riprodurre sensazioni come la tattilità, la memoria di un odore? Essere territorio di nuove esperienze cognitive giocando con colori, superfici, materiali organici e inorganici?
Quattro artisti internazionali e un collettivo italiano ci raccontano la loro visione e la loro pratica artistica. Non tutte le immagini o i progetti sono stati realizzati nell'ultimo periodo ma rappresentano ideali, valori, risposte utopiche a necessità attuali. Spesso le opere sono riflessioni sul vivere quotidiano inserite in una narrazione distopica che abita un'altra dimensione.
Yehwansong, 3D
Si pongono domande sul futuro dell’interazione dell’uomo con la tecnologia come nel caso di Aaron Sheer, o l’artista australiano law-degree, si trovano in vendita o in mostra in gallerie digitali sottoforma di NFT o progettate come veri e propri viaggi nell’universo della user experience dove anche il touch sullo schermo del telefono è un metalinguaggio che ci permette di raggiungerci e toccarci l’un l’altro come fa Yehwan Song. Mentre alcuni artisti prediligono la creazione delle opere a partire da un hardware esistente, come Andreas Gysin e Sidi Vanetti, per altri, ad esempio Matthew Stone, la natura digitale ha un’origine analogica nelle sperimentazioni pittoriche, grafiche, nella scrittura ma possono modificare e amplificare la nostra conoscenza del mondo attraverso nuove relazioni virtuali, come stanno facendo gli artisti e intellettuali coinvolti in Progetto Vicinanze - Altrove.
In un momento ancora piuttosto incerto, dove la tecnologia rappresenta uno dei principali luoghi di affermazione, nasce forse anche la speranza che nuovi scenari possano in futuro cambiare il corso degli eventi drammatici interrompendo l’abitudine dell’uomo a ripetere la storia.