Era la fine degli anni ’60, quando in Europa gli artisti legati alla corrente concettuale si interrogavano sul raggiungimento del grado zero dell’arte. Per il francese Daniel Buren, ridurre all’osso la pittura equivalse a non dipingere affatto, facendo degli oggetti già esistenti nella realtà la sua tela (ovvero un grande tendone applicato ai supporti più disparati). In quegli anni nascono le strisce che diventano segno distintivo dell’artista, le stesse con cui nel 1969, in occasione della mostra When Attitudes Become Form, tappezzò la città di Berna, una geometria segnaletica che parlava un linguaggio non ancora conosciuto.
A distanza di oltre 50 anni da quella data, Daniel Buren invade con la sua “pittura ready made” la Sala delle Capriate di Palazzo della Ragione di Bergamo: Daniel Buren. Illuminare lo spazio, lavori in situ e situati, mette in mostra una produzione che si rinnova nel tempo, pur mantenendosi sempre fedele a se stessa. L’artista torna a proporre i suoi motivi a bande verticali bianche e colorate, ciascuna della larghezza di 8.7 cm, mentre espone per la prima volta in un museo italiano opere che impiegano la fibra ottica, la quale permette a ogni singola installazione di sprigionare una luce che va a impattare sulle antiche forme del Palazzo e sugli affreschi in esso conservati, rimodellando gli ambienti storicamente destinati all’amministrazione e all’esercizio della giustizia cittadina. Importante è anche la distinzione tra la definizione “in situ” e “situati”: la prima definisce quell’accezione solitamente chiamata “site specific”, ovvero elaborare un’opera appositamente per un dato contesto. “Situato”, invece, definisce installazioni adattate agli spazi del grande salone, seppur idealmente trasferibili in altri luoghi.
Il lavoro di Buren - sviluppatosi a Palazzo della Ragione, luogo istituzionale per eccellenza della città – viene interpretato come il forte auspicio di una rinascita della città per cui la cultura potrebbe giocare un ruolo chiave, dopo mesi di isolamento e chiusura a causa della pandemia. “Pur conoscendo Bergamo non ho mai potuto visitare il Palazzo. Ho scoperto la sala attraverso le piante e le immagini che ho ricevuto. Per la prima volta ho dovuto procedere in maniera astratta”, racconta Buren in una conversazione con il direttore del museo GAMeC e curatore della mostra Lorenzo Giusti, spiegando come i mesi scorsi abbiano costretto a una deviazione anche il modus operandi dell’artista. “Io sono abituato diversamente e so bene, per esperienza, che quando si è in un luogo, quando si è immersi al suo interno, si vedono delle cose che la fotografia non riesce a mostrare. Qui ho deciso di osare, di rompere le mie abitudini. È davvero la prima volta. È un’esperienza nuova dettata dagli avvenimenti, ma è a tutti gli effetti un’esperienza ‘in situ’, anche se portata avanti a distanza, perché la pandemia – e dunque la necessità della distanza - rientrano in quelle condizioni del tempo e del luogo che il mio lavoro sempre tiene in considerazione. Non essere a Bergamo fisicamente in questo momento per me significa esserci, essere ‘nel luogo’ a tutti gli effetti”.
- Mostra:
- Daniel Buren. Illuminare lo spazio, lavori in situ e situati
- Autore:
- Daniel Buren
- A cura di:
- Lorenzo Giusti
- Luogo:
- Sala delle Capriate, Palazzo della Ragione, Città Alta, Bergamo
- Date:
- 9 luglio – 1 novembre 2020