Tania Bruguera affronta il mondo di petto. Non si lascia inibire; non teme di affrontare le questioni più urgenti. Per lei l’arte è uno strumento o un dispositivo e l’istituzione, museo compreso, può essere intesa come un generatore di energia trasformatrice. Non è un caso che il suo testo del 2011 Riflessioni sull’Arte Utile (Useful Art) – quasi un manifesto del suo pensiero e del suo operare – iniziasse con la considerazione che “the natural impulse of artists is trying to understand the things surrounding them and sharing with others the questions they make to themselves and the answers they find.” Lo sfaccettato e composito progetto che l’artista ha messo a punto per la Turbine Hall della Tate Modern nell’ambito di The Hyundai Commission 2018 corrisponde perfettamente a queste premesse.
Il titolo del lavoro è una cifra in costante progressione: corrisponde al numero di persone che, nell’anno passato, sono migrate da un Paese a un altro, aggiunto al numero di migranti morti registrati fino al momento attuale. Il numero è tratto dai dati forniti dall’IOM’s Missing Migrants Project. Per questo intervento, Bruguera ha riunito un gruppo di 21 persone che vivono o lavorano nell’area in cui si trova la Tate Modern e ha proposto loro di contribuire a una riflessione su come il museo si può avvicinare alla città. I partecipanti hanno deciso di rinominare per un anno un’area della Tate Modern adiacente alla Turbine Hall, la Boiler House, in onore dell’attivista locale Natalie Bell. Il nome di Bell compare ora a grandi caratteri all’ingresso dell’area. Un manifesto scritto dalle stesse 21 persone appare inoltre ogni qualvolta si acceda alla connessione Wi-Fi gratuita della Tate.
L’intervento più appariscente è però quello che riguarda la pavimentazione dell’intera Turbine Hall. Bruguera ha coperto la grande rampa discendente di un nero translucido e bituminoso. L’effetto visivo è già di per sé potente. Al centro della Hall la superficie risulta invece essere di un grigio antracite; si tratta in realtà di un materiale termosensibile, sul quale i visitatori sono invitati a sedersi, a sdraiarsi, ad agire liberamente per lasciarvi impronte temporanee. Se un alto numero di persone si riunissero insieme, il loro calore naturale consentirebbe di emergere a un grande ritratto di Yousef: un giovane uomo che ha lasciato la Siria nel 2011 per raggiungere Londra; e che qui, dopo un periodo di serie difficoltà, ha potuto recuperare grazie all’aiuto di un’organizzazione benefica, la SE1 United Charity, per cui oggi lavora.
Un ulteriore elemento che compone il progetto è una piccola sala illuminata di luce bianca che si apre al lato della Turbine Hall. Vi si accede dopo aver avuto il numero progressivo stampigliato sulla mano. All’interno, in capo a qualche momento, ci si trova a lacrimare. Il fenomeno è dovuto a un composto organico diffuso in aria. L’artista definisce questa reazione “empatia forzata”. Sopra tutto questo domina un suono a bassa frequenza che caratterizza lo spazio, generando un senso di spaesamento.
Considerato il momento storico attuale, il progetto ha una connotazione provocatoria. La tragedia epocale dei profughi e dei fuggitivi avviene sotto i nostri occhi con la ripetitività di un basso continuo, senza suscitare la soluzione meno autoritaria e più umana, ossia una risposta collettiva di soccorso. Così anche il ritratto di Yousef rischia di restare invisibile; a meno di un’ampia azione concertata. Eppure, come dimostra il caso stesso di questo giovane uomo, la possibilità di rispondere in difesa degli altri esiste. Purtroppo, le politiche migratorie dei Paesi occidentali vanno in direzione opposta: quella di un drammatico abbassamento della coscienza etica.
Il senso del progetto di Bruguera è lampante. Indurre il museo a collaborare con gli abitanti dell’area significa sottrarlo all’autoreferenzialità del sistema culturale e richiamarlo al ruolo civico che spesso le grandi istituzioni di orizzonte internazionale dimenticano di avere. Utilizzare il luogo espositivo per eccellenza – la Turbine Hall della Tate – per trattare il tema dell’invisibilità, obbligare il pubblico al pianto che spontaneamente non arriva, equivale a ricorrere al paradosso per evocare una sensibilità necessaria, ma non per questo scontata; adottare un titolo numerico, che non può essere pronunciato perché non è mai lo stesso, vuol dire chiedere al pubblico di fare uno sforzo.
Con questo intervento Bruguera sembra rinunciare volontariamente alla sintesi, a favore di un attivismo per il quale manifesta da sempre propensione. La complessità della situazione presente e la volontà di contrastare non solo la violenza delle parole e dei fatti, ma la tendenza alla semplificazione, sostanziano il progetto e ne indirizzano la forma.
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- Artista:
- Tania Bruguera
- Ambito:
- The Hyundai Commission 2018
- Luogo:
- Turbine Hall, Tate Modern, Bankside, Londra
- Date di apertura:
- 2 ottobre 2018 – 24 febbraio 2019