I reperti scelti da Danh Vo sono meravigliosamente equivocabili. Estratti dal suolo, spolverati e trasportati; su di loro soffia il vento di un tempo altro. L’aria e il sole di un luogo che forse non hanno mai conosciuto.
Gli oggetti, i manufatti, le opere e i fossili raccolti e riallestiti nel padiglione, allineati innanzi a nuovi occhi costituiscono frammenti di cultura materiale, tecnologia, natura sui quali basarsi per ricostruire pezzi di storia, il racconto di un’antica società possibile, ipotizzabile. Il reperto archeologico è poeticamente muto ai nostri occhi. Spetta a noi ricostruire la narrazione alla quale appartiene. Spetta a noi re-immaginarne e ritracciarne il viaggio, le calcificazioni, gli strati, le ferite e le sue trasformazioni.
Le ceramiche della pavimentazione del piccolo giardino sul retro del padiglione sono state commissionate da Vo a Oaxaca in Messico mescolando il disegno tradizionale azteco e la geometria moresca.
Su una piccola panca di Finn Juhl – concepita per sostare, ma immaginata anche per essere base di oggetti e opere – Vo espone alcuni cuscini e nove piatti cinesi, incrostati dal calcare, saldati a formare un’unica figura minerale e marina. Nove piatti – Nankin Cargo, questo il nome del pezzo battuto da Christie’s e acquistato da Vo – recuperati nel 1985 dal relitto di una nave della Compagnia delle Indie Olandesi Occidentali che si accingeva a lasciare la costa cantonese. I pezzi di vasellame in terraglia – piatti decorati, ma in fondo umili – sono ormai concrezione di roccia, testimoni di un passato coloniale, e presentati in mostra sul legno duro di una panca moderna.
fino al 22 novembre 2015
Danh Vo
Danish Pavilion
Giardini della Biennale, Venezia