Secondo le riflessioni dell’artista Emre Hüner in preparazione alla sua mostra – una costellazione di forme e materiali scultorei molteplici, collocati negli spazi espositivi del Centro d’arte contemporanea di Kitakyushu – essa comprende l’intreccio di più stratificazioni formali dettate dalla raffinata esperienza di architetture, insediamenti e case senza tempo.
La città di Kitakyushu, che vanta anche un museo d’arte contemporanea progettato da Isozaki, è un’ex città siderurgica che conserva l’impronta sociale degli ex lavoratori dell’acciaio della zona di Yahata, nel 1944 sotto la minaccia del bombardamento atomico prima di Hiroshima.
Una rilettura attraverso le sculture di Hüner: in un testo del 1960 Isozaki descrive i propri obiettivi alla luce del suo interesse per il Fun Palace di Cedric Price: “verso la dissoluzione e l’abbattimento dei concetti architettonici attuali”. [1] Benché l’ispirazione implicita consista nel decadimento degli oggetti di un insediamento o di un’abitazione immaginari, le sculture di Hüner prendono a modello il senso dell’idea spaziale della dissoluzione del concetto architettonico. Nell’intervista in cui Rem Koolhaas chiede a Isozaki di spiegare il termine Metabolismo, l’architetto giapponese risponde parlando dell’utopia: “Il tempo è lineare e cresce, ovvero procede. È una progressione lineare da un inizio a un’utopia finale”. [2]
Isozaki continua parlando delle sue sensazioni nel 1945, che in realtà possono ben riflettere la nostra situazione nell’attuale periodo di guerre e disastri ecologici: “C’era un senso di quiete assoluta, da cui poteva prendere avvio un’altra epoca, un’altra storia”. [3] Forme e oggetti sopravvivono alla fine, per essere l’inizio di una storia diversa.
“Il processo di decadimento genera forme differenziali per sottrazione periferica nell’oggetto degradato”,[4] scrive Reza Negarastani per definire l’architettura e la politica del decadimento leggibili nella costellazione di oggetti e modelli creata dall’artista. La guerra, il disastro ecologico e il collasso tecnologico hanno un’incidenza forte sulla nostra vita quotidiana e sono un indizio dell’infrastruttura spaziale prossima ventura. I disastri ecologici offrono ai governi fondamentali occasioni di realizzare strategie di ulteriore distruzione del paesaggio ecologico e dei suoi abitanti. Questa fase antropocenica porta alla collaborazione tra governi e altri attori in vista di un aumento del controllo sul paesaggio ecologico. Il collasso tecnologico si realizza nel caso dei droni, in cui la guida di pixel non umani ha per esito la demolizione catastrofica di città e insediamenti.
Quando Isozaki mette a paragone i suoi intenti con l’opera di Cedric Price ammette che i suoi interessi “vanno al concetto giapponese di ma, ‘interstizio’, che non fa distinzione tra tempo e spazio. Perciò nel nostro pensiero la vita si fonda su un tempo non irreversibile”. [5] L’ambivalenza che caratterizza la percezione delle sculture di Hüner riguarda anche l’analisi della feticizzazione delle forme e dei processi dei modelli degradati vissuti, che invita a concentrare l’attenzione e a soffermarsi con più attenzione sul discorso dell’ontologia dell’oggetto e sulla terrestre esperienza senza tempo degli esseri umani in rapporto con l’attuale vita quotidiana. Tracce dell’astrazione della città galleggiante di Fuller su cui si è esercitato l’artista, poesie di Matsuo Basho e della ceramica neolitica giapponese jōmon appaiono come una folla di forme senza tempo.
fino al 27 marzo 2015
Emre Hüner. Floating Cabin Rider Capsule Reactor Cycle
CCA Kitakyushu Project Gallery
Note:
1. Arata Isozaki, Erasing Architecture into the System, p. 25–47, in Re: CP, a cura di Hans Ulrich Obrist, Birkhauser Architecture, 1999.
2. p. 27, conv. tra Arata Isozaki e Rem Koolhaas, Project Japan: Metabolism Talks…by Koolhass and Obrist, a cura di Kayoko Ota, James Westcott, Taschen, 2011, Köln.
3. p. 27, conv. tra Arata Isozaki e Rem Koolhaas, Project Japan: Metabolism Talks…by Koolhaas and Obrist, a cura di Kayoko Ota, James Westcott, Taschen, 2011, Köln.
4. p. 386, Reza Negarestani, Undercover Softness: An Introduction to the Architecture and Politics of Decay, COLLAPSE VI: Geo/Philosophy (January 2010): 382 [379–430].
5. p. 46, Arata Isozaki, Erasing Architecture into the System, p. 25–47, in Re: CP, a cura di Hans Ulrich Obrist, Birkhauser Architecture, 1999.