Moira Ricci, l’ha usata come spunto per “Dove il cielo è più vicino” la sua mostra personale alla Tenuta dello Scompiglio che mette insieme opere fotografiche e video in un intreccio di sguardi reso ambiguo come sempre nel suo lavoro da elementi di realtà, leggenda e finzione.
Moira è un’artista maremmana, nata e cresciuta nel tratto campestre più bello della Toscana, tra le colline più brulle e il mare.

Il suo mondo è popolato da fantasmi, bambine cinghiale, uomini sasso, soggetti di un mistero ancestrale di cui la dimensione rurale è portatrice. Una etnografa della tradizione sempre volta ad essere contestualizzata nel presente, guarda alla storia col filtro del qui e dell’ora.
Secondo alcuni studiosi del fenomeno, sembrerebbe infatti che i cosiddetti crop circles, abbiano trovato ispirazione nell’immagine seicentesca di The mowing devil, anche per la mai chiarita interpretazione del soggetto con la falce: un demone o qualcos’altro?
Questa ambigua iconografia che ha trasformato i demoni in alieni in epoca ben più recente, in questo approccio artistico si investe di ulteriori significati e rimandi.

La mostra si apre così. Un cerchio di grano smorzato, sorge sulla terra e avvolge in una spirale di fuoco le spighe seccate dal sole. Il video è stato girato dall’alto di un drone il cui occhio abbraccia un’enorme porzione di terra. La terra è il luogo e l’oggetto di questa ricerca. Terra come podere, casa, famiglia, avvenire; terra che segna il confine dell’universo. Uno spazio sospeso, tanto è grande e incommensurabile, malinconico e prova di una vita che lentamente sparisce, lasciando solo qualche ricordo.
Un monito che già negli anni ’60 Pasolini prefigurava, sfogando la sua “rabbia”, in difesa del proletariato, verso la borghesia fortificata. E qui resta la dimensione propria di una famiglia dedita al mantenimento e al rispetto delle fatiche delle generazioni passate.


Ma la mostra non è il compianto del bel tempo che fu. È una fuga verso l’alto, una scappatoia e un catalizzatore di ambizioni, desideri e umanità, che solo attraverso la convinzione diviene reale e altrettanto possibile.
Un giorno Moira ha chiesto a suo padre di aiutarla a costruire un’astronave. Suo padre l’ha progettata e hanno cominciato a costruirla insieme servendosi di una vecchia trebbia in disuso. A poco a poco si è unito il cugino, poi il fratello, lo zio, il vicino di casa, il poliziotto del quartiere, gli amici, i nipoti, i gatti e i cani... tutti partecipi della stessa missione, impossibile o meno non ha alcuna importanza. Nel film della durata di circa un’ora, che illustra questo processo di costruzione collettiva, si alternano giorni e notti, persone, animali, fasi di lavoro e di ozio. Il film è muto. Nessuno pensa a quando veramente questa astronave prenderà il volo ma tutti guardano al cielo come al futuro.
Una storia che si immette nel quotidiano ed è una chiacchiera che si propaga, diventando favola o mito.


fino al 28 febbraio 2015
Dove il cielo è più vicino
a cura di Emanuela De Cecco
Tenuta dello Scompiglio, Lucca