Roma, tra via dello Statuto e piazza Vittorio, a due passi dalla stazione Termini. L’obiettivo scansiona l’area, mentre una voce enumera: “piazza Vittorio” “980 metri di portici”; “280 colonne”; “6 edicole”; “3 chioschetti dei fiori”; “chioschetto da Beppe, storico”; “14 palme”; “4 cedri del libano”; “12 pini marittimi”; “20 platani”, “Galleria Grilli mobili”; “2 camion del cinema”; “osteria Angelini”; […] “Bar Crystal”; […] … “negozio cinese”; “negozio cinese vuoto”; […] e poi “gattara”; “signore sulla panchina che si risveglia”; […] “La Porta Magica”; “cartomante”; “MAS” ... ed ecco spalancarsi un mondo.
The show MAS go on
I MAS, “Magazzini allo Statuto”, sono un grande mercato, più che un grande magazzino, ma anche luogo di culto della periferia romana. A questo concentrato di romanità, a rischio di chiusura, l’artista Rä di Martino ha voluto dedicare un film: un po’ documentario, un po’ musical e un po’ surreale.
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- Gabi Scardi
- 09 dicembre 2014
- Roma
Un mondo che è un microcosmo ma anche un crocevia; una sorta di piazza popolare in cui s’intersecano i romani di origine e quelli d’adozione, famiglie, suore, trans, gente in cerca di abiti ordinari e registi in cerca di costumi per le loro comparse. MAS, “Magazzini allo Statuto”, sono i “magazzini del popolo”, un grande mercato, più che un grande magazzino; ma sono anche un luogo di culto; tanto che c’è chi, scoprendo che sono a rischio chiusura, a questo concentrato di romanità ha voluto dedicare un film; è nato così The show MAS go on, un po’ documentario, un po’ musical e un po’ surreale, realizzato dall’artista Rä di Martino tra novembre e dicembre dell’anno scorso. Nessuna preproduzione. Sei settimane filate di riprese, un lavoro organizzato velocemente, ottimi attori convolti all’ultimo momento, tutti complici nell’impresa, nella convinzione che di lì a poco non sarebbe più stato possibile filmare.
Un po’ di resistenze da parte della proprietà, all’inizio, poi un lascia passare che ha consentito alla troupe di girare persino negli orari di chiusura, con il magazzino tutto per loro. Alcune scene topiche sono nate così. Solo dopo la fine della produzione è arrivata la notizia che MAS non avrebbe abbassato le serrande; almeno per ora. Straordinario, intriso di umanità, di umorismo e di citazioni dalla storia del cinema, animato dalla presenza di tanti personaggi anonimi, ma anche di noti attori, The show MAS go on si sviluppa in un alternarsi di realtà e finzione.
Affondi nell’una e nell’altra direzione: figure un po’ perdute, la signora con il cagnolino incappottato che si rifiuta di sedersi al comando, le suore che frugano nelle ceste di biancheria, il commesso che descrive i frequentatori del negozio, che hanno tanta voglia di parlare, e che chi non compra è perché proprio “non c’ha una lira”. L’artista mette in campo la presenza della macchina da presa come se fosse una candid camera, e la bambina che si accorge di essere ripresa resta disorientata. Siamo ai confini della società, e della realtà. E infatti ecco che d’un tratto avviene l’impossibile. L’atmosfera cambia, si fa dark, un senso di spaesamento ormai esplicito, e i manichini si animano, occhieggiano, cominciano a parlare, impersonati da Maya Sansa e Sandra Ceccarelli. La dimensione è onirica, la conversazione oscilla tra l’ordinario e l’inverosimile.
Il mondo è spettacolo, la realtà diventa sogno, poesia, teatro. The show MAS go on, il titolo ammicca ai Queen; Iaia Forte che, con un giubbotto rosa come la canottiera di Freddie Mercury, impersona Chiara Pezone, proprietaria dei Magazzini dagli anni ’70, che a Rä di Martino ha concesso un’intervista, ma non ha voluto comparire nel film. E poi c’è Filippo Timi che canta, immerso fino al collo tra i mutandoni.
Così il cinema si fonde con la realtà. Ma non è tutto. Perché tra i tanti clienti ordinari e straordinari che frequentano MAS ci sono anche coloro che i sogni li generano: teatranti, scenografi e cinematografari che qui vengono a rifornirsi di costumi a buon mercato; soprattutto di quelli per i ruoli dei morti ammazzati, che per le prove occorrono tanti capi identici ed economici, usa e getta; e qui il cheap e il kitsch sono di casa. Così MAS si rivela essere, tra l’altro, un luogo – fabbrica di immaginari: una miniera dove lo spettacolo trova materia prima e soluzioni. E Rä di Martino, che il cinema ce l’ha sotto la pelle, con ironia e con naturalezza, ci mostra anche questo: l’altra faccia di quei magici mondi che vediamo al cinema.
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