In quella stessa luce estiva, che pare quasi invariata, hanno luogo da ormai 45 anni “Les Rencontres de la Photographie”, fondati nel 1970 dal fotografo Lucien Clergue, artista ottantenne che proprio ad Arles mostrava le sue fotografie a Picasso.
Come ogni anno, il festival torna a ravvivare il contesto arlesiano, trovando spazio in diversi luoghi, dalle chiese del XII secolo alle costruzioni industriali, con 50 mostre, incontri, dibattiti, eventi, visite guidate, stage e notti della fotografia, manifesti e libri ovunque, attirando una marea di fotografi, turisti, musicisti, giornalisti, professionisti e collezionisti, ognuno alla ricerca di una luce diversa, propria o altrui, da contemplare.
In questa passeggiata fotografica simile a una parata – Parade è anche il tema dell’edizione di quest’anno anche un po’ per salutare Francois Hebel nell’ultimo dei suoi 15 anni da direttore artistico – oltre ai nomi di richiamo come quello del ritrattista britannico David Bailey o del fotografo francese Raymond Depardon, si possono intercettare alcuni occhi notevoli.
Particolarmente interessanti i fotografi della sezione Prix Découvert, che presenta le opere di dieci professionisti presentati da cinque grandi personalità della fotografia. Ospitata in un enorme spazio industriale lontano dal centro città, dove Frank Gehry ha progettato una galleria d'arte concettuale finanziata dalla Fondazione Luma, la sezione ha proclamato vincitore il fotografo cinese Kechun Zhang con la serie The Yellowstone River Surging Northward Thunderously.
Katharina Gaenssler
Attraverso il mezzo fotografico, Katharina Gaenssler conduce da oltre 12 anni un lavoro di installazioni in cui decostruisce e ricostruisce gli spazi spesso legati alla produzione e alla presentazione di opere d'arte. Presentata da Quentin Bajac, nuovo capo dipartimento Fotografia al MoMA di New York, l'artista tedesca classe ’74, utilizza migliaia di immagini, frutto di punti di vista differenti, spesso raccolti in libri-oggetto che accompagnano le istallazioni. Il risultato è un vorticoso caleidoscopio in cui lo spettatore è destabilizzato e non ha punti di riferimento tradizionali. In alcuni progetti Katharina si appropria di spazi e dettagli di altre opere, in collage di ispirazione cubista o futurista, che, come ad Arles, vengono poi posizionati sui muri diventando esecuzioni uniche.
Ilit Azoulay
Sempre presentata da Quentin Bajac, Ilit Azoulay, la fotografa israeliana nata a Jaffa nel 1972, va alla ricerca e riflette sulla memoria che i luoghi posseggono. Usando la fotografia e i software, produce un lavoro minuzioso e scrupoloso conservando le tracce dei luoghi che stanno per essere distrutti e poi li ricostruisce in studio sul suo pc. Ricostituendoli, in immagini a grande scala, fa loro assumere una profonda trasformazione. I siti artificiali di Azoulay pongono questioni sulla vista e sulla percezione, mostrando come a volte la memoria affiori e come a volte, invece, rimanga nascosta.
Mitch Epstein
Sempre all'interno dell'enorme spazio suggestivo del Parc des Ateliers, trova posto la sezione Prix Pictet, dove sono esposti i nuovi lavori dei primi fotografi che hanno ricevuto il prestigioso premio istituito nel 2008 consacrato allo sviluppo sostenibile. Oltre alle fotografie di Benoit Aquin, Nadav Kender e Luc Delahaye, meritano attenzione le opere del nuovo lavoro New York Arbor del fotografo americano Mitch Epstein.
Queste fotografie in bianco e nero immortalano la maestosità, la resistenza e la potenza di alcuni alberi, cresciuti a New York e radicati nei parchi, nei centri commerciali, giardini, cimiteri, marciapiedi e spesso adattatisi agli spazi circostanti sfidando una chissà quale legge fisica. Il premio Pictet 2011, nonostante fosse nella sua città natale, ha trascorso quasi due anni viaggiando attraverso cinque distretti della Grande Mela alla ricerca di forme inusuali, spesso ritornando nei luoghi a seconda di temperature e stagioni diverse, alla ricerca di quella natura che l’architettura urbana spesso nasconde.
La collezione del signor Hunt
Una collezione, indubbiamente folle e forse anche un po’ stupida, come ogni collezione maniacale che si rispetti, è quella protagonista della mostra Collection W.M.HUNT nel palazzi dell’Arcivescovo. Il signor Hunt, commerciante e scrittore americano, tormentato da immagini di gruppi e di folle ha trasformato la sua ossessione in un impressionate e affascinante archivio fotografico. Fotografie misteriose, di kubrikiana memoria, scattate in America e datate prima del 1950, rigorosamente lunghe e tagliate orizzontalmente, qualcuna inquadrata in cornici costruite dai senzatetto con le scatole di sigari. E allora ecco operai e lavoratrici, miss e nuotatori, suore e pugili, borghesi appartenenti a club esclusivi o membri di un Ku Klux Klan americano, tutti scattati durante feste, riunioni, premiazioni o cerimonie, ognuno con la sua espressione, ognuno con una sua vita e ognuno con posto preciso, almeno in fotografia.
La Collezione Trepat
Nella lunga parata di esposizioni dei Rencontres, fra i reperti antichi della sede del Museo di Arte antica di Arles, trovano spazio, a cura del critico Joan Fontcuberta, anche alcune opere della Trepat Collection of Modern Photography.
L’industria del magnate Josep Trepat Galceran, produttore di macchine agricole dal 1914, divenne uno dei motori economici della Spagna del XX secolo. Ma non solo. Il signor Trepat, infatti, era anche dotato di una grande passione per la fotografia, amando – e a volte anche coinvolgendo per la pubblicità dei suoi macchinari – Man Ray, Albert Renger-Patzsch, Alexander Rodchenko e tutti quei fotografi dell'avanguardia storica che nelle sinuose forme industriali vedevano le ispirazioni per il nuovo rinnovamento estetico. In mostra la sua collezione pressoché sconosciuta come testimonianza per immagini della storia della fotografia, dal Cubismo alla Nuova Oggettività – Neue Sachlichkeit – dal precisionismo al surrealismo.
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© riproduzione riservata
fino al 21 settembre 2014
Les Rencontres de la Photographie
direzione artistica di Francois Hebel
Arles