
Ciudad Juarez è la città protagonista di Ossa nel deserto, il libro di Sergio González Rodriguez che ha accompagnato il mio viaggio in Messico di un paio d'anni fa, ma è anche lo scenario di La Búsqueda, l'ultimo lavoro di Teresa Margolles, che da oltre un decennio insiste sulla condizione di ingiustizia e morte sociale che coinvolge il suo Paese.
In particolare, quella a cui entrambi gli autori, se pur in contesti e con modalità differenti, fanno riferimento è una storia che si ripete da tempo e nonostante abbia subito un leggero affievolirsi negli ultimi anni, aùn no se acabò (ancora non è finita).
Sono trascorsi più di tredici anni da quando il fenomeno dei femminicidi a Ciudad Juarez, è esploso con un eco che ha raggiunto tutto il mondo, ma né le televisioni né i giornali, né la Polizia di Stato sono mai stati in grado di raccontarlo o di spiegarlo (investigativamente). All'inizio del XXI secolo, a Ciudad Juarez, nello stato di Chihuahua, quattro vittime di omicidi su dieci sono donne. Come spiega Sergio González Rodriguez, saggista, scrittore e giornalista inviato del quotidiano Reforma che ha dedicato parecchi anni della sua vita a questa indagine.
Le autorità sostengono di aver risolto l'80% dei casi, degli oltre 300 omicidi. Ma questa vicenda, conta a oggi ancora centinaia di innocenti a marcire nelle carceri e altrettanti probabili colpevoli a piede libero in ruoli di prestigio del Paese. Nonostante le ripetute pressioni politiche e le minacce, Rodriguez ha lavorato sodo per portare alla luce riflessioni, documenti e testimonianze, che in certi casi hanno messo a dura prova la sua stessa vita. E Teresa Margolles, con l'abilità e la crudezza del suo lavoro, sta facendo lo stesso.

“Attenzione. Cercasi. Chiunque avesse informazioni è pregato di telefonare...
Quando una persona scompare, ha inizio un lutto prematuro che si avverte dal momento in cui compaiono i volantini e i manifesti con la scritta ‘cercasi’. Uno stillicidio di tristi presagi, un'altalena tra la speranza e il pensiero della morte.
Su quegli annunci, i volti sono quasi indistinguibili. Per la maggior parte si tratta di bambini, bambine e giovani. I loro tratti somatici cercano di emergere da quelle macchie scure a cui la riproduzione scadente riduce le fotografie. Fisionomie che diventano chiazze indistinte, nomi che si confondono e che si accumulano” (SGR).

“Ogni annuncio riporta un'età, un colore della pelle, statura, colore degli occhi, magari una cicatrice. La vita di una persona in dieci righe stampate o scritte a mano”. (SGR)
Sono qui, i samples di una narrazione che Teresa Margolles ha deciso di esporre, nudi e crudi come la verità che li circonda, fusi nella scena attraverso un suono, registrato seguendo la scia del treno che taglia Ciudad Juarez per oltre 12 km. Le sue basse frequenze, fanno vibrare i vetri delle strutture, muovono i lembi dei volantini staccati dalla superficie, danno voce ai volti. L'inquieta pressione sulle rotaie, riverbera a oltranza, e lascia all'immaginazione il compito di attraversare tutti i cerchi che compongono le aree della città: dalla periferia al centro, da le maquilladoras ai posti di controllo, dalle fermate dei colectivos nei barrios sovraffollati, ai locali intorpiditi di mezcal e chapulinas.

Per chi non è mai stato lì, in questa terra di sopraffazione dove l'umidità mischiata all'inquinamento modifica l'incarnato della gente, non è facile figurarsi lo scenario. La Búsqueda, ne estrae un pezzo, la sintesi materializzata aldilà dell'oceano.
Un tempo la gente si perdeva in mare, in montagna, nel deserto, ora tende a perdersi nelle città. Qui i morti pareggiano il numero dei vivi. E i vivi che ricordano i morti, stanno morendo anche loro.
“Il paese ospita ormai un colossale, infame ossario, che riluce sotto la condiscendenza delle autorità. Sono crimini che ci stanno esponendo in tutto il mondo. Ecco perché mi son detto ricorda: ormai fai parte dei morti. Rendi loro omaggio” (SGR).
Si avvicina alla fine, il libro di Rodriguez, amico di Bolaño e personaggio esso stesso di 2666, dove lo scrittore cileno lo introduce così: “...In luglio non ci fu nessuna vittima. E neppure in agosto. In quei giorni La Razon, un giornale della capitale, inviò Sergio González a fare un reportage sul Penitente: Sergio González aveva trentacinque anni, aveva appena divorziato e doveva guadagnare soldi a ogni costo” (Roberto Bolaño) [1].
Ciò che ancora non finisce è la ricerca, che spinge Teresa Margolles a seguire le tracce lasciate dai presagi di morte, segnali che misurano il sistema di una società in uno stato di allarmismo e di inettitudine volontaria.
1 Roberto Bolaño, 2666, Adelphi 2007, 2008