Nello spazio del Palais de Tokyo, che per la prima volta è riconfigurato nella sua totalità attraverso la mostra di un solo artista, un corteo di bambini attraversa – a intervalli di tempo irregolari – la quasi totalità dei megaschermi.
Anywhere Out of the World
La mostra al Palais de Tokyo di Parigi è una “carta bianca” e, contemporaneamente, una retrospettiva di Philippe Parreno, che si appropria immaterialmente di un luogo iconico per l’arte contemporanea.
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- Ivo Bonacorsi
- 22 novembre 2013
- Parigi
La mostra è una “carta bianca” e, contemporaneamente, una retrospettiva di Philippe Parreno, artista francese giunto alla notorietà internazionale negli anni Novanta. Il coro infantile scandisce all’unisono e ossessivamente una sola frase: “No more reality”. Si tratta di un lavoro del 1991 e, più che un tentativo di sintesi, è una vera ossessiva sottolineatura del concetto chiave e delle linea guida nella strategia operativa dell’artista.
Investire e appropriarsi immaterialmente di questi 22.000 metri quadrati è stata, di fatto, già un’impresa, visto che si tratta di un luogo iconico per l’arte contemporanea. Nel caso di Parreno, il tentativo di decostruzione risulta ancora più evidente: l’ingresso monumentale è stato completamente ridisegnato attraverso uno dei suoi Marquee(s), strutture-insegna mute e composte di sole luci industriali. All’esterno la struttura in plexiglass è estratta da una serie cominciata nel 2006. Altre opere, infine, occupano l’enorme porzione del sottosuolo.
Creando una vera (ma finta) sala di spettacolo, Parreno ha ripensato il funzionamento del Palais de Tokyo fin dalla biglietteria, immergendo i visitatori in un controluce abbagliante, in cui di ogni figura – guardiani, pubblico e funzionari – appare soltanto il contorno.
Comincia così l’esperienza cinematografica, senza né copione né attori: il pubblico affronta un’attonita e lucida visione dell’altro mondo. Si attraversa l’atmosfera da realismo magico e si sprofonda in una bizzarra coreografia, perdendo il senso di precedenti esperienze espositive. Un’opera illuminante è la struttura cinetica e minimale How can We Know the Dancer from the Dance? (2013) che, installata nell’ampia rotonda, riproduce un palcoscenico su cui udiamo solamente i passi dei danzatori della troupe di Merce Cunningham.
Negli spazi del Palais de Tokyo, Parreno ha predisposto un continuum delle installazioni realizzate e pensate lungo tutto il percorso della sua carriera artistica, e riproposte oggi attraverso il filtro – o più probabilmente il fantasma –della collaborazione. La linea di ricerca condivisa con altri artisti è riattivata in chiave totalizzante per l’occasione. Anche l’architettura stessa viene in questo modo reinventata e, su scala monumentale, fornisce il modello per “misurare” e percepire tutte le situazioni in atto.
58 luci funzionano con una devastante intermittenza e la frantumano per costruire un percorso senza interruzioni, ricomposto da una musicalità ritmica ed efficace. Ogni spazio oscurato è regolato da luci riprogrammate e ritmate. Su una parete è stata magistralmente intagliata una libreria segreta, la Bibliotheque clandestine (2013), realizzata da Dominique Gonzalesz-Foerster che, basculando, si apre verso uno splendido giardino.
Al suo interno, i disegni delle pietre del tempio di Ryoanji di John Cage sono accoppiati a quelli di animali di Merce Cunningham. È la riproposizione di una mostra allestita alla Margaret Roeder Gallery nel 2002 e sembra ricordarci che l’arte è esistita attraverso media più tradizionali e ha conservato la sua efficacia. Siamo immersi in un mausoleo tecnologico regolato da automi e casualità. Che sia l’apoteosi o il tramonto dell’estetica relazionale poco importa, visto che non senza ironia siamo perseguitati dal fantasma dei progetti passati. In questa luce, ci restituisce un lifting spietato per un luogo che non era stato immaginato nemmeno dai fondatori del Palais de Tokyo Nicolas Bourriaud e Jerôme Sans, tentando di rimuovere i segni del tempo da una fabbrica di senso.
In mostra troviamo Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Douglas Gordon, Randall Peacock e il direttore della fotografia Darius Khondji. Non è difficile fare un parallelo con l’altra retrospettiva della stagione, quella di Pierre Huygue al Pompidou autore della storica collaborazione con Parreno No Ghost Just Shell. Un progetto spregiudicato, nel quale i due artisti, comprando i diritti del manga giapponese Annlee e inserendolo nel contesto espositivo, aprirono un varco alla nozione di non-autorialità. In questa mostra è il lavoro più riuscito, una metafora precisa del noleggio di concetti da utilizzare ad hoc nel contemporaneo.
Fino al 12 gennaio 2014
Philippe Parreno. Anywhere, Anywhere Out of the World
Palais de Tokyo, Parigi