Prima della rivoluzione, la politica non poteva essere riflessione collettiva, la parola libertà non poteva neanche esser pronunciata e, per attuare un confronto – seppur timido e controllato – non restava che la strada dell’arte urbana. Così, dal 2007, i coreografi Selma e Sofiane Ouissi organizzano “DreamCity”, un festival biennale di arte nello spazio pubblico. La manifestazione ha avuto il merito di far riscoprire la Medina di Tunisi, luogo che rischia l’abbandono per lo spostamento dei suoi abitanti nelle periferie della città, coinvolgendo il ceto popolare che ancora la abita e l’élite della borghesia. Tuttavia, i due anni dalla rivoluzione non sono trascorsi inutilmente e la società tunisina, divenuta consapevole della libertà, comincia a chiedere altri spazi di espressione.
Pur essendo l’evento più noto, “DreamCity” non è l’unica manifestazione artistica in Tunisia ad avere luogo nello spazio pubblico. Dopo la rivoluzione, infatti, si sono sviluppati diversi progetti che guardano allo spazio pubblico e alla dimensione collettiva come a un territorio di esplorazione artistica.
Lontano dai centri urbani, il lavoro promosso dai fratelli Ouissi con il progetto Laaroussa (bambola in berbero) reinterpreta l’identità locale attraverso i linguaggi artistici contemporanei. Sviluppato nel 2011 nel villaggio berbero di Sejnane, dove le donne modellano e dipingono oggetti e statuette di ceramica portando avanti una tradizione millenaria, Laaroussa ha dato vita a un collettivo composto da una sessantina di donne del villaggio e dieci artisti con l’obiettivo di reinterpretare questa tradizione artigianale attraverso l’arte contemporanea.
Nel marzo 2011, nell’ambito del progetto Inside Out, il fotografo francese JR e i fotografi tunisini Sophia Baraket, Rania Dourai, Wissal Dargueche, Aziz Tnani, Hichem Driss e Hela Ammar hanno sviluppato il progetto Artocratie en Tunisie con cui hanno girato il Paese, realizzando 100 ritratti di uomini e donne che rappresentano le diversità della popolazione e sono stati affissi in punti simbolici delle strade di Tunisi.
In alcuni casi, il progetto è stato accolto con qualche polemica, a La Goulette, per esempio, i ritratti erano stati incollati laddove, prima della rivoluzione, campeggiava l’immagine del presidente deposto Ben Ali e le foto sono state strappate poiché la gente, dopo aver subito l’imposizione del volto del potere in ogni spazio urbano, non voleva che sui muri fossero affisse nuove facce (neanche quelle della gente comune!).
Il recente dibattito sulla libertà di espressione e, in particolar modo, sul graffitismo dimostra che oramai lo spazio pubblico non è vissuto solo come spazio per rivendicare diritti, ma sta diventando – sempre di più – territorio di nuove forme di espressione. In questa direzione, si muove una piccola iniziativa come Tsaw’Art, organizzata da Michela Sarti e Lassad Ben Abdallah nel centenario della Mairie di La Marsa, una cittadina balneare vicina a Tunisi amata da artisti e intellettuali.
Col motto “la rue aux artistes”, questa iniziativa partita dal basso ha coinvolto artisti, pittori, poeti, acrobati, danzatori, musicisti, fotografi, scultori, passanti e curiosi fondendo la dimensione politica dello spazio pubblico con quella gioiosa dell’arte. Il comune ha autorizzato la manifestazione e anche questo costituisce una conquista, in quanto, dopo la rivoluzione, per realizzare un evento in strada, non è più necessario attendere l’approvazione della censura.
Lo spazio pubblico in Tunisia è diventato sempre di più uno spazio di espressione e di comunicazione, tuttavia i recenti fatti di cronaca connessi all’omicidio di Chokri Belaid e il clima d’incertezza che domina dopo la caduta del Governo dimostrano che non è semplice appropriarsi dello spazio pubblico esattamente come non è facile appropriarsi della democrazia. Marco Scarpinato, AutonomeForme