La trentesima Biennale d'Arte di San Paolo è strutturata intorno al concetto di costellazione a livello non solo teorico ma anche geografico.
La proposta di Luis Pérez-Oramas e della sua équipe di curatori, composta da Tobi Maier, André Severo e Isabela Villanueva, tesse una rete di spazi espositivi che si sviluppa lungo tutta la città, dopo aver identificato e incorporato luoghi dal valore storico e architettonico nel potente circuito della Biennale, accrescendo così le possibilità per la presentazione di opere site-specific.
Per tre mesi e mezzo, la Biennale invita ad attraversare le strade di San Paolo sfidandone con successo lo stigma di città caotica e congestionata, in un luogo in cui la strategia delle diverse sedi, che ben funziona per la Biennale di Venezia o per la Documenta di Kassel, teoricamente non avrebbe senso.
Otto venues compongono invece questa rete che non vuole disseminare la Biennale negli spazi della metropoli bensì reintrodurre la metropoli nella Biennale, reclamando la città come spazio della democratizzazione dell'accesso all'arte. Vengono proposti itinerari quali l'opera Todo en su mente. Viaje en dos actos ("Tutto nella sua mente. Viaggio in due atti") dell'artista argentino Leandro Tartaglia, un percorso di andata e ritorno accompagnato da una guida audio che, partendo dal Padiglione della Biennale nel Parque Ibirapuera, termina nella Capela do Morumbi.
Le peculiari caratteristiche acustiche di questa cappella consentono di ospitare una selezione di registrazioni e materiali video della visionaria compositrice Maryanne Amacher (1938–2009). L'installazione postuma di questa artista, coetanea di John Cage, lavora non solo con i suoni prodotti dagli strumenti ma anche con i toni che la nostra mente crea nell'ascoltarli.
Biennale di San Paolo: Constellation
Il gruppo di curatori della trentesima Biennale di San Paolo tesse una rete di spazi espositivi che si sviluppa lungo tutta la metropoli brasiliana, sfidandone con successo lo stigma di città caotica e congestionata.
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- Isabel Martínez Abascal
- 22 novembre 2012
- San Paolo
L'opera Tubos cuadrados ("Tubi quadrati") (1967) di un'altra artista defunta, la tedesca Charlotte Posenenske, lievita sulla passerella centrale della Estação da Luz. La scelta della location è in linea con l'opera della Posenenske, che preferiva installare le sue sculture in aeroporti, stazioni o rotonde piuttosto che nelle gallerie d'arte. La lievissima struttura di lamina di alluminio ripiegata risponde a un'idea modulare che ha permesso al marito dell'artista di sviluppare questo specifico progetto. Quattrocentomila spettatori al giorno hanno l'opportunità di apprezzare l'opera che, come accade nei musei, per qualcuno passerà inosservata o non sarà ben accolta. Un breve tragitto in metro porta al Museo de Arte de São Paulo (MASP), dove è esposto il quadro attribuito a Nicolas Poussin, Imeneo travestito da donna durante un'offerta a Priapo (1634-1638), restaurato di recente. L'artista Jutta Koether, anche lei tedesca, rivisita la tela con tre dipinti che nell'insieme hanno le stesse dimensioni dell'Imeneo e ne reinterpretano alcuni dei motivi. La Koether aveva già manifestato interesse tanto per Poussin quanto per i cavalletti in vetro progettati da Lina Bo Bardi per il MASP. Queste opere essenziali hanno rappresentato una pietra miliare nella concezione della museografia poiché dal 1968 hanno liberato i quadri dal supporto opaco delle pareti. Andati in pensione negli anni novanta, oggi i cavalletti vengono ripresi dalla Koether per disporre i suoi dipinti di fronte all'opera di Poussin intavolando, a dispetto di tutte le difficoltà istituzionali, un interessante dialogo fra le due epoche. Parallelamente viene esposto il video Ceremonials (1974) dell'artista catalano Benet Rossell che mostra diversi eventi, banchetti e processioni celebrati negli anni settanta. Le cerimonie costruiscono un mondo onirico di colore e festività, con figure in maschera, pranzi e danze di gruppo, in un'atmosfera analoga a quella descritta nell'Imeneo.
La Casa do Bandeirante, esemplare dell'architettura rurale paulista in argilla compatta, ospita il progetto Passáros do Paraíso ("Uccelli del paradiso") del portoghese Hugo Canoilas. Nelle sue sale, Canoilas dispone accanto ad antichi oggetti di vita quotidiana nuovi quadri e video realizzati durante le sue ricerche sulle incursioni dei bandeirantes, che penetrarono nel territorio brasiliano dal Sedicesimo secolo. Nella prima stanza sventola un insieme di bandiere, il cui valore storico e politico si fa a malapena estetico. Il leggendario fiume Tietê, oggi tristemente inquinato, è presentato mentre trascina oggetti e rifiuti o, in alcuni fra i video di maggior impatto, pieno di schiuma chimica. Un'antica amaca sospesa dentro una cornice condivide la stanza con un tetro scudiscio elevato alla categoria di oggetto d'arte e con una grande tela colorata che ritrae un esploratore moribondo. Il quadro è una reinterpretazione del dipinto Últimos momentos de um Bandeirante ("Ultimi istanti di un bandeirante") (1932), nel quale Henrique Bernardelli demistificava l'eroe che dà il suo nome alla casa.
L'edificio considerato la prima casa moderna del Brasile, costruito dall'architetto Gregori Warchavchik nel 1928, ospita le sculture sonore Looking at Listening di Sergei Tcherepnin ed Ei Arakawa. Opere-altoparlanti composte da lamine metalliche con foto stampate e tela, che il visitatore può manipolare modificando le caratteristiche del suono emesso. Opere site-specific quali Archicactus completano la proposta. Lavori di tre autori che intervengono e registrano il paesaggio – le installazioni del messicano José Arnaud Bello, i progetti del cinese Xu Bing e i video land art di Robert Smithson Monolake (1968), Swamp (1971) e Spiral Jett (1970) – condividono lo spazio del Museo de Arte Brasileira FAAP. José Arnaud Bello compone con proiezioni, fotografie, disegni, testi e profonda sensibilità tre insiemi di opere a cavallo tra il poetico e lo scientifico, che si presentano come degni interlocutori di Smithson. Dobbiamo aspettare novembre per visitare l'ultima isola di questo arcipelago: una retrospettiva dell'opera dell'artista e designer italiano Bruno Munari ospitata dall'Istituto Tomie Ohtake. Il percorso urbano da intraprendere per avvicinarsi a queste opere è al contempo didattico e ludico, critico e propositivo. Filtra la Biennale e la deforma, stabilendo un impegno verso la città dal quale le future biennali non potranno più prescindere.