La più recente retrospettiva di Kusama, allestita alla Tate Modern di Londra e ora giunta alla sua ultima tappa al Whitney Museum of American Art, non delude per carenza di opere rappresentative di quell'aureo periodo newyorkese. Una sezione è dedicata all'ossessiva pittura della serie Infinity Net di Kusama (tele enormi interamente ricoperte di minute, bianche pennellate a smerli, del periodo 1959-61, mentre un'altra sala presenta la concitata calligrafia di Compulsion Furniture (Accumulation), dei primi anni Sessanta, in cui giustappone centinaia di forme tubolari di tessuto cucito a comuni oggetti domestici, arrivando alla creazione di interi ambienti di scultura Pop che materializzano un interno mentale completamente e compulsivamente arredato. Un'altra sala è dedicata a Self Obliteration ("Auto-obliterazione"), film psichedelico che mescola immagini dei quadri e delle installazioni di Kusama con molte delle sue performance del 1967: le inquadrature seguono l'artista su un cavallo a pallini nel territorio a nord di New York, mentre dipinge pallini sulla superficie di uno stagno oppure (di nuovo in città) alla guida di orgiastiche feste di body painting che si svolgono dentro sue installazioni fatte di pareti a specchio e luci lampeggianti.
La corrispondenza in mostra parla anche di figure femminili: lettere autografe di Georgia O'Keeffe, per esempio, sono una risposta alle richieste di consigli sul mondo dell'arte rivolte da Kusama a un'artista più anziana. Nel suo percorso di sfida di genere nella sfera dell'arte, Kusama incideva anche sul terreno politico: un comunicato stampa del 1968 documenta un matrimonio gay da lei organizzato nel suo punto di ritrovo cittadino, la Chiesa dell'Auto-Obliterazione.
Ciò che rende questa retrospettiva diversa da tutte le precedenti mostre di Kusama è che il panorama si estende oltre il suo acclamato periodo newyorkese, abbracciando sei decenni di pratica artistica fino a comprendere le sue primissime e più ortodosse opere.