Allestita nelle stanze di Villa Paloma, la straordinaria personale dedicata a Thomas Schütte abbraccia un arco temporale che comprende gli ultimi trent'anni della ricerca e della produzione dell'artista tedesco sul tema del modello architettonico. La sequenza delle opere propone una selezione dei suoi celebri modelli, realizzati con tecniche e materiali diversi dal 1980, e un portfolio completo di 27 stampe in cui l'edificio è il soggetto centrale.
Già dalla scelta del titolo, Houses, i curatori Andrea Bellini e Dieter Schwarz sottolineano l'attitudine dell'artista a porre le proprie architetture in relazione diretta con l'idea dell'abitare.
Il lavoro di Schütte sull'architettura sembra corrispondere a una personale riflessione intorno alla figura dell'uomo e, di conseguenza, della società contemporanea. Attraverso un inventario aperto di tipologie, alle quali viene attribuito un grande potere evocativo e che sono presentate come un'allegoria della sua visione del mondo, l'artista organizza un racconto critico ed emotivamente coinvolgente del proprio tempo. Il suo interesse nei confronti dell'oggetto architettonico, che non si esaurisce in un esercizio speculativo sulle possibili combinazioni tra volumi né sul dato formale, è motivato dalla volontà d'intendere ogni cellula costruita come se fosse un dispositivo di rappresentazione: i corpi di fabbrica in scala ridotta sono maquette ad alto valore simbolico. La realizzazione di queste opere trasferisce poi la riflessione privata dell'artista su un piano pubblico, in una dimensione anche politica per combinarsi in un intenso, disincantato ritratto della condizione contemporanea.
Thomas Schütte: Houses
Al Noveau Musée National di Monaco, l'artista tedesco organizza un racconto critico ed emotivamente coinvolgente del proprio tempo, attraverso un inventario aperto di tipi architettonici.
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- Marco Rainò
- 08 agosto 2012
- Monaco
L'interesse di Thomas Schütte per l'architettura è motivato dal riconoscere a quest'ambito disciplinare una capacità di rappresentazione utile a esprimere e significare il mondo. Ancora giovane, l'artista trova stimolo e ispirazione nella cultura del costruire e nel dibattito teorico associato alla pratica di alcuni maestri. È in particolare l'opera di Aldo Rossi a interessarlo, quando nel 1980 ha occasione di confrontarsi con il Teatro del Mondo, ancorato alla Punta della Dogana nella laguna di Venezia. La fascinazione di un modello in scala reale, potenzialmente nomade, collocato nel contesto scenografico di quella città, si combina con l'attenzione dell'artista tedesco per la ricerca teorica dell'architetto italiano, che individua nell'archetipo l'elemento chiave per costruire il suo vocabolario espressivo, ottenuto per sintesi – ma anche per accumulazione – dei distinti elementi stilistici propri a diverse epoche. La lezione di Rossi (a sua volta influenzata dalla pittura metafisica, dal classicismo palladiano, dalla visionarietà degli architetti francesi "della rivoluzione" e dall'impronta razionale di Adolf Loos) fornisce a Schütte un riferimento importante. Gli archetipi di Rossi, che combinano in un'unica "maniera" lineare e con impianto preferibilmente stereometrico i volumi puri del cubo, della sfera e del cilindro, trovano numerose assonanze nella ricerca plastica di Schütte, che li assorbe e metabolizza in un linguaggio formale rigorosamente autonomo. Sul piano stilistico infatti, la capacità di sintesi dell'artista tedesco è straordinaria, perché è in grado di definire una cifra originale e coerente, senza rinunciare a una capacità di relazione – e forse di raffinata citazione – nei confronti di alcune architetture riconosciute come tipi esemplari del Novecento.
Nella personale a Villa Paloma, per esempio, il modello del Tempel I e l'acquaforte rappresentante il bunker Model K riguardano un modus aedificandi che trova una forte relazione con la solida plasticità dell'espressionismo tedesco; il Tempel I, in particolare, sembra trovare affinità, più nell'impianto "solenne" che nello sviluppo degli attributi formali, con il secondo Gotheanum di Rudolf Steiner. Se la coppia degli Ackermans Temple (uno in legno e l'altro in Lego) è sicuramente relazionabili con la cifra di Aldo Rossi, nei due modelli Ferienhaus für Terroristen, più che alla matrice postmoderna, ci si può riferire ad alcune architetture del modernismo "eroico" californiano. [1-2]
Questo riferimento, tipologico oltre che stilistico, resta valido per le One Man Houses (tre i modelli in esposizione, della serie dei cinque in legno del 2004), nelle quali i telai strutturali a vista, semplici e rigorosi, e la linearità generale del disegno possono essere confrontati con alcuni lavori di Pierre Koenig e (fuori dal programma delle Case Study Houses) di Albert Frey. Ma le geometrie di queste Houses hanno anche altri modelli: alcuni progetti dei Five Architects, in particolare quelli del primo Richard Meier, ispirati al razionalismo di Le Corbusier e al suo concetto di costruzione come "macchina per abitare". Mentre, in tempi più recenti, i rimandi sembrano rivolti alle composizioni asciutte e minimali di John Pawson o, per altre ragioni, a quelle di Glenn Murcutt.
Al di là del gioco di accostamenti e confronti, questo ragionamento sul processo di attribuzione della forma nei modelli architettonici di Schütte – siano questi bunker, templi, musei, torri o residenze – apre ad altre considerazioni: e se questa attitudine a creare il "nuovo" associando ispirazioni che provengono da esempi diversi, anche contraddittori, avesse lo scopo di neutralizzare la componente stilistica, di azzerarla, nel tentativo quasi impossibile di affrancarsi dal dominio della "figura"? E se la propensione, d'impronta postmoderna, a combinare l'esempio del passato con quello attuale fosse un tentativo dell'artista di portarsi fuori dalla storia, in una dimensione temporale personalissima, immanente e permanente? Le One Man Houses, più di ogni altro modello prodotto dall'artista, sembrano aspirare a proiettarsi in questa dimensione. Ciascuna di esse è il risultato di un assemblaggio calibrato di volumi semplici, puri, chiaramente definiti. Le unità abitative, chiaramente risolte attraverso un disegno contemporaneo, conservano una tensione d'ispirazione classica e hanno qualità formali che le assimilano al canone del tempio a pianta centrale (o al sacello votivo, quando in piccola scala): è semplice immaginare queste costruzioni come interni silenziosi, come spazi dedicati al raccoglimento e alla contemplazione, come luoghi assimilabili a quelli di culto. Come per le costruzioni religiose, anche in questo caso l'architettura si esprime in chiave simbolica: di connessione per l'uomo tra stati distinti, di medium tra terreno e ultraterreno, di spazio per l'esercizio mistico e la riflessione sul mistero del vivere. In questo senso, le One Man Houses sono isole, territori di un "altrove" indipendente. Se per Aldo Rossi il progetto dell'abitare riguarda luoghi compresi "entro le mura" urbane e si confronta con la storia (come scrive in L'architettura della città), per Schütte il modello architettonico è anche il luogo di un'astrazione incondizionata.
La mostra è una sequenza di soggetti architettonici con valenza di "oggetto", finiti in sé e distanti dall'essere relazionabili a un contesto, a un intorno, a un paesaggio che conti altre costruzioni: questo carattere di "singolarità", determinato da un'azione di prelievo dall'ambiente reale che l'artista mette in opera, rafforza l'espressione del concetto di "archetipo" e potenzia la carica significativa che emana da ciascun pezzo. Lo "splendido isolamento" dei modelli nei confronti dello spazio è anche enfatizzato dal disegno delle loro basi d'appoggio, sempre progettate come parte integrante dell'opera e caratterizzate da una variabilità tipologica (di finitura, dettaglio e geometria), che costruisce un inventario ragionato delle diverse possibilità di appoggio e di esposizione.
Nel percorso, si susseguono così il tavolo da lavoro grezzo, segnato e disegnato con tracce a pennarello, su cui poggia uno dei due modelli della Ferienhaus für Terroristen; le casse in pannelli tecnici con base di legno, per il trasporto, su cui sono appoggiate le One Man Houses; e i prismi regolari realizzati dalla combinazione elementare non ulteriormente rifinita di moduli in MDF. La sacralità e la tensione di significato che caratterizzano tutti i modelli di Thomas Schütte, risultano autentici e definiti al punto che il trasferimento a scala reale non solo non ne altera la straordinaria carica espressiva, ma costituisce un'importante possibilità di verifica delle loro qualità spaziali. La realizzazione della One Man House II in Francia (nel 2009) e la recente costruzione della Ferienhaus in Austria, portano la ricerca su un altro livello, aprendo alla possibilità di individuare nuove valenze da attribuire allo spazio da abitare, ispirati e stimolati dalla visionarietà di un artista che da sempre conduce un'importante indagine sul rapporto dell'uomo con se stesso e con l'ambiente del proprio esistere.
Note:
1. Eroico è il termine utilizzato da Norman Foster a proposito di queste costruzioni nella prefazione alla monografia su Pierre Koenig edita da Phaidon.
2. Si pensi ai progetti compresi nel programma Case Study Houses, stimolato dal direttore della rivista Arts & Architecture John Entenza nel periodo immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale: tra le 36 case (non tutte realizzate) previste in questo programma (dal 1945 al 1966) si vedano per un confronto con i modellini in scala 1:10 e 1:20 prodotti da Thomas Schütte le costruzioni progettate da Charles e Ray Eames, Richard Neutra, Raphael Soriano e Craig Ellwood.
Fino all'11 novembre 2012
Thomas Schütte: Houses
A cura di Andrea Bellini e Dieter Schwarz
Nouveau Musée National de Monaco
Villa Paloma
56 boulevard du Jardin Exotique, Monaco