"Frontier" è, però, un progetto open air: tredici autori internazionali sono stati chiamati a confrontarsi, a partire da giugno 2012, con altrettanti muri di grandi dimensioni appartenenti a stabili di edilizia residenziale pubblica, in quattro quartieri semi periferici di Bologna. La mappa curatoriale rivela nomi storici, come il padre del writing Phase2 (New York, 1958), che s'intrecciano con autori appartenenti alle generazioni emerse alla fine degli anni Ottanta e nel corso degli anni Novanta (gli italiani Andreco, Cuoghi e Corsello, Dado, Eron, Etnik, Hitnes, Joys, Rusty, il tedesco Daim, l'olandese Does, il francese Honet e il polacco M-City).
Daniel Buren una volta ha affermato che il colore è una forma di resistenza politica, che l'arte può risollevare un paesaggio periferico, a patto che non la si utilizzi per nascondere un disastro. Il caso di "Frontier" va nella direzione di una positiva riqualificazione
Frontier ha voluto provare a riscrivere il rapporto tra centro e periferia, dirottando l'attenzione dei bolognesi verso i quartieri al di fuori del centro storico, creando un circuito culturale e turistico alternativo che potesse essere da qui in poi un veicolo per una trasformazione della percezione che gli abitanti dei quartieri interessati e i cittadini hanno di questi luoghi lontani da quelli considerati i centri focali della città.