Il quartiere di Belleville è da qualche anno il nuovo punto di riferimento per attività, visibilità e mercato della punta avanzata della ricerca artistica contemporanea nella capitale francese. Una piacevole sorpresa, e un segno dei tempi, è vedere che la mostra che si è aperta a le Plateau, che di questo distretto è un poco la Kunsthaus, sia stata pensata attorno alla figura e alla ricerca di Bruno Munari. L'artista e designer italiano proietta un'ombra lunghissima e un gioioso e indissociabile imprinting sul bellissimo progetto che è al tempo stesso il regesto di inedite pratiche di sperimentazione, un ricco repertorio di sue opere inedite, riedite o dimenticate, messe in parallelo ad altre pratiche decisamente più contemporanee.
Visto che questa non è una mostra specifica sul designer, è in modo disinvolto e anticonvenzionale che il percorso espositivo si apre con una selezione delle sue lampade: la Esagonale, la cubica Bali e la tubolare Falkland, che accolgono il pubblico nella hall e lo accompagnano punteggiando il percorso espositivo, con i suoi mobile, le sculture da viaggio e un ricco apporto di materiale iconografico e filmico. Sembra di rivivere l'aneddoto da maestro zen di Munari che alla ricerca di una fabbrica di calze di nylon a cui chiedere se fosse possibile produrre lampade alla risposta no aggiunse lo farete sicuramente in futuro! Ed è in questa semplicità del fare che si preconizza e snoda una linea precisa, dai risultati davvero sorprendenti.
Un prodotto eterogeneo ad alta valenza pedagogica, una mostra di ricerca che mescola artisti di generazioni diverse raccolte dai giovani curatori Elodie Royer e Yoann Gourmel sotto un titolo, seriamente evocativo Il sentimento delle cose. Un misurato accrochage dai toni minimal, costellato dai piccoli gioielli di Munari, ma anche percorso da punte alte di scoperta e riscoperta di tanti altri artisti.
Il sentimento delle cose
Una mostra di ricerca mescola artisti di generazioni diverse attorno alla figura di Bruno Munari in uno splendido omaggio non-retrospettivo.
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- Ivo Bonacorsi
- 18 febbraio 2012
- Parigi
Imperdibile è quella del collettivo giapponese The Play, che dal 1966 a oggi nella regione del Kansai, lontano dai centri di produzione del contemporaneo ha costruito una pratica antagonista alla nozione di opera, spostando l'accento sul lavoro collettivo e le sue dinamiche fondate sullo scambio. Momenti forti sono i video che li vedono impegnati nella costruzione di situazioni altamente aleatorie. Una fra le tante, l'altissimo parafulmine che tutti gli anni costruivano nei pressi di Kyoto in attesa di un evento naturale in grado di distruggerlo e tuttavia mai verificatosi. I lavori esposti testimoniano e richiedono un'attenta attività di verifica del pubblico, ma hanno tutti esiti formali ineccepibili. Quelli di artisti noti come Fred Sandback, Ryan Gander o Robert Fillou sono intesi nelle loro capacità essenziali: l'estetica del gioco o l'abilità di appropriarsi dei rapporti aleatori con il tempo e lo spazio, oppure nelle probabilità che hanno di generare modificazioni e illusioni ottiche nello spazio circostante. È un display rigoroso che assimila pratiche e processi di costruzione concettuale, ruotando attorno alla filosofia giapponese del mono no aware quel particolare modo di conoscenza che definisce l'emozione che si forma nell'animo umano a contatto con i fatti e le cose.
La ricerca di Bruno Munari, impregnata di una moderna forma di japonisme, ne tesse la sottile trama, capace di legare tra loro tutti i campi di ricerca diversissimi presenti in questo spazio. È la sua camaleontica produzione che diviene il collante tra le pratiche decostruttiviste del design, come quella di Martino Gamper o le nuove e bidimensionali ricerche sul cinema e la fotografia che rivivono nell'interessante lavoro di Clément Rodzielski. L'efficacia della dimensione creativa di Munari e la sua costante ricerca di un'economia di mezzi, tolgono a questa mostra ogni possibilità di logica comparativa. È la prassi del costruire, smontare e sperimentare che viene qui sottolineata nelle avanzatissime conclusioni di una estetica decisamente relazionale con anni di anticipo. Una versione del celeberrimo gioco per bambini con diapositive Immagini Proiettate fanno dell'artista Munari quasi un Sol Lewitt ante litteram, bello questo nuovo assemblage creato dagli allievi delle due scuole del quartiere.
L'efficacia della dimensione creativa di Munari e la sua costante ricerca di un'economia di mezzi, tolgono a questa mostra ogni possibilità di logica comparativa
Ed è anche un progetto felice, nelle intenzioni dei curatori con la capacità di propagarsi nel territorio e nel tempo. A partire da questa mostra, lavori in progress come il numero pilota della rivista Messy Sky di Chitti Ksemkitvatana & Pratchaya Phinthong scaricabile gratuitamente in linea sono qui visibili in un'elegantissima e molto munariana rilegatura espositore, il manifesto - oggetto di questa attività esplorativa. Alle capacità di lavoro creativo inventate e liberate per tutti noi da questo "Peter Pan dalla statura di un Leonardo", così Pierre Restany definiva Bruno Munari, occorreva davvero questo splendido omaggio e la vitalissima possibilità di una non-retrospettiva. Ivo Bonacorsi
until 26.02.2012
Le sentiment des choses
le Plateau
place Hannah Arendt, Paris