Quella del bunker è la tipologia di architettura militare più diffusa dal tempo dei due conflitti mondiali e della Guerra Fredda, che oggi trova nuove letture e interpretazioni.
Un’architettura nata con lo scopo di proteggere e attaccare che, tra le numerose varianti, mantiene una configurazione tipica: una costruzione in cemento armato con pochissime aperture, dalla forma compatta per resistere ai carichi dei bombardamenti dall’alto e smussata per mimetizzarsi nel paesaggio, spesso invisibile dall’esterno ma in grado di intercettare dall’interno un ampio campo visivo attraverso scorci selezionati.
Paul Virilio (P. Virilio, “Bunker archéologie“, Parigi 1975) fu tra i primi a riconoscere la potenza emotiva di queste opere dell’ingegno bellico rileggendo, nei “simulacri di cemento eretti di fronte al vuoto dell’orizzonte marino“ che incontrava passeggiando per le coste bretoni, alcune reminiscenze ancestrali (dalle mastabe egizie, alle tombe etrusche, alle costruzioni azteche), oltre che le radici dell’Architettura Moderna, dall’Existenzminimum, a Le Corbusier, al Brutalismo.
8 storie di nuove architetture nate da un bunker
Architetture militari trasformate in case, musei e parchi, tra Danimarca, Berlino, Inghilterra, tra Big e Raaf: esploriamo progetti che danno ai bunker nuove vite.
Foto Holland-PhotostockNL da AdobeStock
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Foto Tim Van de Velde
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Foto Martin Brusewitz
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Foto Pietro Savorelli Associati
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Foto Will Scott
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- Chiara Testoni
- 29 ottobre 2024
Ancora oggi molte di queste costruzioni punteggiano litorali e crinali, campagne e città di tutto il mondo: un tempo rimosse come vestigia di un passato da dimenticare, con gli anni la coscienza di un valore testimoniale ha contribuito a codificarle come patrimonio da salvaguardare. Domus ha selezionato alcuni bunker europei, rinati grazie ad interventi di recupero che hanno saputo innescare nuove energie vitali in immobili abbandonati senza tuttavia distorcerne l’identità figurativa e materica: dai bunker trasformati in spazi turistici (Bunker 599), ricettivi (Grüner St. Pauli), culturali ed espositivi (Sammlung Boros, Museo Tirpitz, Rifugio Digitale), a quelli reinterpretati come abitazioni (Bunker Pavilion, Bunker 319, The Transmitter Bunker).
Uno dei 700 bunker della New Dutch Waterline (NDW), una linea di difesa militare in uso dal 1815 al 1940 che proteggeva le città di Muiden, Utrecht, Vreeswijk e Gorinchem mediante inondazioni intenzionali, diventa una forte attrattiva pubblica grazie ad un gesto progettuale radicale che mira a promuovere una zona naturalisticamente e storicamente significativa per il paese. Il piccolo e apparentemente inespugnabile bunker viene squarciato a metà da un percorso in legno che rivela l’interno della costruzione precluso generalmente alla vista e conduce i visitatori sui sentieri dell'adiacente riserva naturale.
Un bunker sotterraneo viene ristrutturato per sfruttare al meglio lo spazio interno minimo (9 mq di superficie in pianta per due metri di altezza) e trasformato in una casa per vacanze. L’ingombro planimetrico viene riproposto in superficie attraverso una piattaforma che funge da terrazza.
Un bunker multipiano del 1942 che durante il bombardamento di Amburgo, ospitò fino a 25.000 persone, trova nuova vita attraverso un intervento di conversione finalizzato a preservare la memoria dell’edificio e potenziarne l’attrattività. Il sopralzo di diversi piani ha consentito di realizzare nuovi spazi terrazzati piantumati che culminano in sommità con un parco pubblico. L’edificio ospita anche un hotel, spazi commerciali, ricreativi e per la formazione.
Nel quartiere di Mitte, un bunker eretto nel 1942 come rifugio antiaereo per la popolazione civile, poi divenuto deposito per la frutta durante la DDR e infine una Mecca per ravers techno ospita oggi la Collezione Boros, una raccolta privata di arte contemporanea che comprende gruppi di opere di artisti internazionali dal 1990 a oggi, allestite negli oltre 3.000 metri quadrati di spazio espositivo.
L’intervento di Big amplia e trasforma un ermetico bunker in cemento armato della Seconda guerra mondiale in un complesso culturale perfettamente integrato con il paesaggio tutelato di Blåvand, nella Danimarca occidentale. L’edificio, totalmente nascosto nel paesaggio, è composto da una singola struttura di 2.800 mq con quattro spazi espositivi scavata nella terra e segnalata in superficie da una serie di tagli nella collina che conducono nel cuore del museo.
L‘intervento amplia a scopo abitativo un bunker della guerra fredda, situato in un’area collinare affacciata sul Mar Baltico. Oltre al bunker, il complesso comprende quattro nuove case basse attestate intorno ad un cortile interno in cui campeggia un albero, che evoca l’idea della piazza di un piccolo villaggio. Materiali ruvidi e naturali, come il cemento e il legno a vista negli involucri e ghiaia locale nelle coperture sfumano i volumi rigorosi nel paesaggio naturale.
Il recupero di un vecchio tunnel antiaereo rientra in un programma di riqualificazione di un’area di Firenze non battuta dai consueti flussi turistici. La costruzione, che si insinua per 33 metri all’interno della collina sotto piazzale Michelangelo, progettata nel 1943 come luogo di difesa dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale sfruttando un più antico sistema di drenaggio, è stata recuperata da Archea Associati come una galleria d’arte votata alla ricerca sul digitale. Con una superficie di 165 metri quadri complessivi, il cuore di Rifugio Digitale è il tunnel con 16 schermi che ospitano mostre temporanee, eventi e performance riguardanti l’arte, l’architettura, la fotografia, la letteratura, il cinema.
Il Bunker, utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale nell’ambito del sistema radar "Chain Home" per rilevare gli aerei nemici e segnalarne la loro posizione, si situa in un contesto paesistico spettacolare che ha indotto i proprietari a trasformare l’edificio militare in una casa per vacanze. L’intervento di riuso ha inteso conservare quanto più lo spirito brutalista dello spazio. Dall'ingresso, interrato come alle origini, lo spazio interno si apre su Ringstead Bay con un’ampia vetrata che introietta la luce. Gli involucri in cemento a vista sono stati meticolosamente conservati, isolati e impermeabilizzati dall’esterno per evitarne lo snaturamento. L’elevata massa termica prodotta dal terreno che ricopre la costruzione riduce al minimo il fabbisogno energetico per riscaldare gli spazi.