Dove sono le piramidi contemporanee?

Tra Giappone e Brasile, brutalismo in Costa d’Avorio e acciaio nella Parigi storica, Niemeyer e Mvrdv: un viaggio alla scoperta di come l’architettura contemporanea declina un archetipo antico.

Dalla piana di Giza allo Yucatàn, dalla Cina al Sudan, la piramide attraversa la storia dell’umanità con molteplici declinazioni a seconda delle culture ma seguendo un fil rouge: che sia monumento funerario (come nelle culture egizie, cinesi e nubiane), tempio sacrificale (come nelle culture mesoamericane) o emblema di percorsi iniziatici (come nel caso dei riti massonici), il solido con la sua pianta quadrata ancorata alla terra e le quattro facce triangolari convergenti nel vertice in alto è, da sempre e comunque, un “axis mundi”, archetipo immutabile di un tramite tra terra e cielo, di una connessione con il Trascendente.

Al di là dei significati simbolico-esoterici, in architettura la costruzione piramidale presenta diversi vantaggi. Per la scienza delle costruzioni, la piramide è un “exemplum mirabile” di firmitas vitruviana essendo isostatica per sua stessa forma; in contesti urbani densamente edificati, poi, il volume che sfuma verso l’alto consente di attutire l’impatto volumetrico sugli edifici limitrofi.

Nel corso della storia, il tradizionale sistema plastico-murario portante, con masse poderose e ridotte aperture è stato gradualmente sostituito da soluzioni a telaio (in cemento armato o in acciaio) che hanno consentito di alleggerire il peso e i costi di realizzazione e di liberare i fronti da vincoli strutturali, aprendo la strada a studi di facciata prima impossibili.

Proponiamo una selezione di opere contemporanee che subiscono e interpretano diversamente, a seconda dei contesti e dei linguaggi espressivi, il fascino antico della piramide: dai “monoliti” che, a partire dal Brutalismo, esaltano il carattere massivo e sincero delle geometrie pure ed essenziali in cemento armato a vista (Philipp Quinquet, Arrigo Arrighetti, Rinaldo Olivieri, Rino Levi, Baikdoosan Architects & Engineers, Mvrdv), talvolta sfidando le leggi della statica e capovolgendosi “a testa in giù” (Oscar Niemeyer, Takamasa Yoshizaka, Stefan Svetko et al.); alle opere che smaterializzano le superfici e dialogano con le trasparenze (Hemingway, Pei), i riflessi di luce (Foster + Partners), le deformazioni geometriche (Big), portando l’archetipo staticamente “immobile” a confrontarsi con l’espressività di materiali leggeri e cangianti.

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