Enver Hoxha fu il leader dell’Albania che, sotto l’egida del regime comunista, tra il 1944 e il 1985 decretò la costruzione di una nazione tra modernizzazione e isolamento. A seguito della liberazione dal fascismo, il successivo regime fece costruire una serie di architetture emblematiche che hanno costruito l’immaginario e la propaganda di un’intera nazione. Tirana, capitale albanese, diventò così anche fulcro di una trasformazione architettonica, cardine nella raffigurazione di un nuovo Stato, dotato di infrastrutture pubbliche e edifici di rappresentanza. Così porzioni di tessuto storico furono sostituite da progetti monumentali, come nel caso del Palazzo della Cultura che prese il posto dell’antico mercato ottomano e relativa moschea, mentre nuovi spazi collettivi dotarono la capitale di un nuovo aspetto. Oggi, gli stessi edifici e monumenti si aprono a futuri imprevedibili o sospesi. Ne sono esempio la Piramide di Tirana, sulla quale lo studio olandese Mvrdv ha svelato un progetto di riuso radicale nel 2018, o i più incerti destini delle migliaia di bunker costruiti per far fronte ad un’ipotetica invasione straniera. La caduta del regime comunista ha infatti ceduto spazio, specialmente negli ultimi anni, a stimoli economici e di trasformazione tipici dell’Europa e dell’America, provocando spesso paradossi e incongruenze, come raccontato nel recente documentario presentato al Torino Film Festival “Anulloje Ligjin” di Fabrizio Bellomo, in italiano annullare la legge/annullare il decreto. Il documentario rivela con chiarezza la continua relazione tra presente e passato che aleggia nelle forme e nelle memorie degli artisti, in uno spaccato della realtà che vede una forte spinta creativa rimbalzare da un passato comunista e isolazionista ad un presente capitalista e globalizzato.
Le incredibili architetture dell’Albania comunista e la loro seconda vita
Nell’Albania di Enver Hoxha, l’architettura fu strumento di propaganda, vedi la celebre piramide, ma anche di paranoia, con tantissimi bunker sparsi per il paese: tanti progetti rileggono oggi un patrimonio unico.
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La struttura vede, nella definizione delle facciate esterne, un linguaggio asciutto e austero. Qui, il muro perimetrale si frammenta lasciando spazio alle finestrature che scandiscono e ritmano la facciata. Il volume pare quindi scomporsi tra pelle esterna e spazio contenuto, dove le masse opache della galleria nazionale paiono pesanti blocchi monumentali.
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L’architettura vede nel gioco dei volumi la sua espressività. L’ingresso, rialzato dal piano della strada, è sormontato da un corpo aggettante con un mosaico dedicato alla storia e valore degli albanesi. Il basamento, rivestito in pietra scura, retrocede rispetto al volume, lasciando così il corpo superiore come presenza urbana principale. La superficie è poi scandita delle finestre verticali, che disegnano gli unici elementi di discontinuità della facciata.
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Fortemente in sintonia con il linguaggio della Piramide di Tirana, la composizione di aggetti, pilastri ed elementi torreggianti del Palazzo dei Congressi si propone come un continuo dialogo tra pesantezza e leggerezza.
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- Kevin Santus
- 09 febbraio 2024
In uno Stato che si trasforma, spesso demolendo, o modificando pesantemente l’immagine del suo passato – come accaduto nell’Arena Kombëtare nella quale l’edificio storico viene quasi totalmente sostituito dal nuovo intervento – questa collection raccoglie le architetture visionarie e iconiche degli anni di Hoxha. Dagli edifici culturali quali la Galleria d’arte Nazionale e il Palazzo della Cultura, alle architetture minori di stazioni ferroviarie e bunker, specchio, in entrambi i casi, di una rappresentazione del regime attraverso le forme del costruito. Ancora, le architetture sotto il regime di Hoxha hanno inciso sulla costruzione di spazi per la collettività e nella ricerca di un linguaggio visionario, come visibile nel Palazzo dei Congressi di Tirana, o nello stesso mausoleo celebrativo costruito per il leader.
Monumenti comunisti e architetture che rimangono come costellazioni di un passato che ancora necessita di essere scoperto e conosciuto.

Costruita nel 1988 come museo celebrativo dopo la morte dello storico leader, la Piramide di Tirana è forse una delle architetture più riconoscibili all’interno della capitale. A fronte delle numerose proposte di demolizione dell’edificio, nel 2018, la Piramide ha visto un progetto firmato da Mvrdv per una sua radicale trasformazione in un centro IT per i giovani, ospitando caffè, studi, uffici per start-up e spazi di lavoro. Così oggi una serie di elementi modulari e policromi si colloca all’interno e all’esterno della struttura, dando nuova veste all’architettura stessa. Accanto a questi elementi, Mvrdv ha inserito delle scalinate in pietra a sormontare le fasce in cemento armato che scandivano il guscio esterno. Queste percorrono fino alla sommità le superfici del volume, mentre fasce vetrate scandiscono e illuminano il grande vuoto interno.
La costruzione di bunker anti-atomici e per la difesa del territorio albanese, in vista di un possibile attacco esterno, ha segnato la diffusione di innumerevoli strutture, per lo più pre-fabbricate, che ad oggi continuano a costellare il territorio albanese. Costruiti in ogni dove – sui cigli della strada, in aperta campagna, nel mezzo di cimiteri o sulle coste del mare – i bunker si conformano in due tipologie principali. I Qender Zjarri, bunker di piccole dimensioni interamente prefabbricati e trasportabili, sono pensati come punti di presidio militare per una o due persone, alti 2 metri e 10, per 3 metri di diametro, presentano un piccolo spazio coperto da una calotta in cemento armato da cui poter sparare a eventuali nemici. La seconda tipologia, Pike Zjarri è invece di dimensione notevolmente maggiore, pertanto assemblabile tramite la giunzione di più elementi prefabbricati, così da dare origine a calotte di 8 metri di diametro e altezza fino a 5 metri.
Eretto nella piazza centrale di Tirana per diretta richiesta di Enver Hoxha, vide la prima pietra posata da Nikita Khrushchev, all’epoca segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Qui, l’edificio che ospita l’Opera e il Balletto, vede nell’architettura i tipici stilemi degli edifici stalinisti. Nella facciata principale della forma compatta che definisce l’edificio è scavato porticato sorretto da strette lame in cemento rivestite in pietra. Il rigore generale dell’architettura vede poi un lieve podio che la solleva dal suolo, ponendola in dialogo col grande vuoto della piazza antistante, imponendosi all’interno dello scenario urbano della capitale.
Similmente al Palazzo della Cultura, la Galleria Nazionale di Tirana mostra un edificio monumentale, i cui caratteri si avvicinano al linguaggio tardo moderno internazionale.
La struttura vede, nella definizione delle facciate esterne, un linguaggio asciutto e austero. Qui, il muro perimetrale si frammenta lasciando spazio alle finestrature che scandiscono e ritmano la facciata. Il volume pare quindi scomporsi tra pelle esterna e spazio contenuto, dove le masse opache della galleria nazionale paiono pesanti blocchi monumentali.
Costruito al tramonto del regime di Enver Hoxha, il Museo Storico Nazionale di Tirana fa parte di quegli edifici che dovevano rappresentare al contempo un monumento al popolo albanese e una dimostrazione della forza del regime stesso.
L’architettura vede nel gioco dei volumi la sua espressività. L’ingresso, rialzato dal piano della strada, è sormontato da un corpo aggettante con un mosaico dedicato alla storia e valore degli albanesi. Il basamento, rivestito in pietra scura, retrocede rispetto al volume, lasciando così il corpo superiore come presenza urbana principale. La superficie è poi scandita delle finestre verticali, che disegnano gli unici elementi di discontinuità della facciata.
Costruito come palazzo per i congressi del partito dei lavoratori, l’edificio cerca una declinazione visionaria dell linguaggio delle architetture socialiste. I volumi massicci diventano qui spazi vetrati, il corpo in aggetto che sormonta l’intera opera diventa plastico, curvandosi e movimentando la composizione. L’entrata, rialzata e raggiungibile con una piccola scalinata, è inquadrata da due pilastri monumentali che, nello sviluppo verticale, generano delle nervature di supporto per il corpo aggettante.
Fortemente in sintonia con il linguaggio della Piramide di Tirana, la composizione di aggetti, pilastri ed elementi torreggianti del Palazzo dei Congressi si propone come un continuo dialogo tra pesantezza e leggerezza.
Una delle azioni promosse dal regime di Enver Hoxha fu la costruzione del sistema ferroviario albanese, che sino a metà degli anni ’40 risultava ancora assente. Questa promozione portò quindi anche alla costruzione delle stazioni ferroviarie nelle principali città dello Stato. A Vlorë, terza città più popolosa dell’Albania, si trova la vecchia stazione che riproduce con eleganza i tratti sintetici dell’architettura del regime. Il basamento in pietra si apre alla strada con una pensilina, il coronamento si espande e assume una forma plastica, quasi decorativa. Il corpo dell’architettura, infine, propone una teoria finestrata in cui un’opera scultorea si inserisce come mezzo di comunicazione per il popolo.
Il principale stadio della capitale segue una vicenda alquanto singolare. Dopo che la sua costruzione era iniziata sotto l’occupazione fascista, su disegno dell’architetto italiano Gherardo Bosio, venne poi completato a seguito della liberazione, e sotto il regime di Hoxha vide vari lavori di ampliamento. Negli anni 2000, tuttavia, una pesante ristrutturazione ha visto il vecchio stadio quasi totalmente demolito per lasciare spazio alle nuove forme ideate, ancora una volta, da una firma italiana, lo studio Archea Associati di Marco Casamonti. Ciò che rimane della traccia razionalista è il solo ingresso, che in maniera monumentale introduce al nuovo stadio. In quest’opera, si condensano così le stratificazioni, e forse le contraddizioni, di un’architettura che trasforma una nazione in costante mutamento.