Il drago è una figura mitologica antichissima, trasversale a tutte le culture ma ricca di significati antitetici a seconda dei contesti. In Occidente il drago, un grande rettile alato sputa-fiamme con fauci feroci ed artigli predatori, è tendenzialmente una rappresentazione del male: ad eccezione di qualche tentativo di riabilitazione – il pompiere Grisù, il morbido Fortunadrago, la dragonessa di Eragon, l’invisibile Elliott – il drago sprigiona, oltre alle fiamme che inceneriscono eserciti e minacciano fanciulle, un alone di malvagità che gli eroi combattono alacremente, dai santi sauroctoni del cristianesimo ai paladini della mitologia norrena, da Tolkien a Disney. Nella cultura orientale, al contrario, il drago è considerato simbolo di fortuna e prosperità e viene diffusamente venerato e rispettato: il suo corpo senza ali, agile e serpentino, fluttua nell’aria portando al suo passare, con il suo alito benefico – il “Chi”, l’energia vitale dell’Universo - pace, equilibrio, salute. Anche se, come il meteo e la pioggia di cui è custode, è talvolta capriccioso. Dalle origini dei tempi ad oggi, il Drago “vola” attraverso i secoli e i paesi e diventa elemento corrente nella storia dell’architettura, facendosi a seconda dei casi figura orrorifica o sacrale, di ammonimento o propiziatoria, ma arricchendosi in tutti i casi di un fascino intrigante. Proponiamo di seguito un breve excursus dell’iconografia di questo celebre “avvampatore” in architettura: dai templi ancestrali asiatici (Jinci Temple) e dalle cattedrali gotiche (York Minster), all’età moderna (Casa Figueras di Gaudì e Casa della Vittoria) e contemporanea, quando i draghi disinvoltamente attraversano enormi varchi nei fabbricati (Dragon Holes a Hong Kong) e avvolgono templi nelle loro spire (Wat Samphran Dragon temple), oppure più pacatamente si limitano ad essere fonte d’ispirazione progettuale e creativa (NEXT architects, Studio Libeskind, Zhou Yang, Cheng-Tsung Feng Design Studio).