La seconda vita di un rustico in un villaggio spagnolo

Dalle rovine di un ricovero rurale nasce una piccola casa armonicamente integrata nel contesto che coniuga estetica contemporanea e flessibilità negli usi.

Nel villaggio di Ojacastro, lo studio MAAV ha trasformato un vecchio rudere in una piccola casa privata. L’abitazione segue una logica semplice: la creazione di un grande spazio unitario infrastrutturato da pareti attrezzate, mobili estraibili, elementi piegabili, letto a ribalta, angolo cottura a scomparsa, vani incassati nello spessore dei muri perimetrali; in sostanza, un grande pezzo d’arredo abitabile, nelle parole dei progettisti. La stanza si adatta facilmente quindi a diventare cucina, soggiorno, studio, camera, ibridando spazi e usi.

MAAV, Trasformazione di un vecchio rudere, Ojacastro, La Rioja, Spagna 2020. Foto Guillermo Avanzini Alcibar
MAAV, Trasformazione di un vecchio rudere, Ojacastro, La Rioja, Spagna 2020. Foto Guillermo Avanzini Alcibar

L’avanzato stato di degrado del rudere ha imposto la sostituzione della carpenteria in legno. Mentre sia il manto di copertura sia i due muri in pietra sono stati mantenuti e rinforzati. I muri, in particolare, giocano un ruolo fondamentale nel funzionamento di questa architettura e delle relazioni che genera, sia in termini materici che geometrici. Lo spazio compreso tra essi diventa un cortile, allo stesso tempo estensione della casa e zona di transizione. Un terzo muro in legno chiude l’abitazione ed è caratterizzato da un’ampia finestra, che garantisce una continuità tra dentro e fuori e all’occorrenza può essere oscurata da un’anta scorrevole.

MAAV, Trasformazione di un vecchio rudere, Ojacastro, La Rioja, Spagna 2020. Foto Guillermo Avanzini Alcibar
MAAV, Trasformazione di un vecchio rudere, Ojacastro, La Rioja, Spagna 2020. Foto Guillermo Avanzini Alcibar

L’intervento è il risultato di un percorso virtuoso che ha visto proprietà, progettisti e autorità rinunciare ai diritti edificatori garantiti dal piano urbanistico – secondo il quale si sarebbe potuto costruire fino a tre piani fuori terra - a favore di un intervento che si pone in continuità critica con le presenze storiche del fragile contesto rurale. Il progetto evita gli scivolosi terreni del mimetismo e dello storicismo, per affrontare con pragmatica sobrietà il tema tettonico, ed il relativo carattere figurativo.

Il recupero della sagoma del rudere e di tutte le parti salvabili, così come la sostituzione di componenti ammalorati, compromessi, o obsoleti, oppure l’inserimento di aperture funzionali ai requisiti aeroilluminanti, vanno in questa direzione ed esibiscono una rivisitazione contemporanea del complesso rapporto tra architettura e rovina.  Instaurano, inoltre, una relazione dialettica con l’intorno, ovvero quel sistema di tracce e segni che contraddistingue ogni regione civile dalle selvagge per il fatto, usando le parole di Carlo Cattaneo, di essere un immenso deposito di fatiche.

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