Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1074, Dicembre 2022.
La Fondazione Luigi Rovati è uno spazio eterogeneo che invita a scoprire, assieme, la civiltà etrusca e l’arte contemporanea. Situata nel cuore di Milano, in corso Venezia 52, si aggiunge alla costellazione dei musei del quartiere. Con oltre 200 reperti archeologici in esposizione affiancati a opere di Lucio Fontana, Andy Warhol, Giulio Paolini e Alberto Giacometti, estrapola il carattere contemporaneo dei nostri antenati, lasciandoceli riscoprire in una chiave seducente. La Fondazione, che prende il nome dal medico, ricercatore e imprenditore farmaceutico Luigi Rovati, si definisce una “infrastruttura materiale e immateriale della società della conoscenza”.
Nel 2015, a Studio MCA è affidato il recupero del palazzo ottocentesco, l’ampliamento dell’interrato e l’annessione di nuove aree museali. Il programma prevede, oltre agli spazi espositivi, zone per mostre temporanee, stanze per lo studio e la ricerca, un’area per i bambini, il negozio e un caffè-bistrot, gli uffici, una sala conferenze, un ristorante all’ultimo piano e il giardino con padiglione espositivo. Il viaggio in questo spazio parte metaforicamente dal basso, snodandosi dalle profondità del piano ipogeo – interamente rivisitato e per cui sono state demolite le vecchie strutture di fondazione adagiando temporaneamente l’edificio su pali di sottofondazione – fino alle stanze restaurate del piano nobile, dall’atmosfera di fine Settecento.
Il viaggio nel museo parte metaforicamente dal basso, snodandosi dal piano ipogeo fino alle stanze restaurate del piano nobile
L’area sotterranea è ispirata alle tombe etrusche di Cerveteri: qui, tre sale circolari e una ellittica avvolgono reperti che parlano di dei, guerrieri, natura, vita quotidiana e città, arricchiti da opere di Picasso, Arturo Martini e William Kentridge. Il rimando alle grotte è dato da 30.000 conci di pietra serena che, distanziati tra loro di 5 cm, ricordano la geometria delle cave di Fiorenzuola, da cui proviene il materiale, e dai riflessi delle scaglie di mica presenti nella pietra. Al piano nobile spicca il restauro degli interni, progettati dall’architetto Filippo Perego negli anni Sessanta, con arredi settecenteschi, boiserie e marmi.
È notevole la ricerca cromatica che lega le opere allo spazio che le ospita: per esempio, il fucsia tratto da un acquerello di Luigi Ontani ispira la cromia della stanza che prende il nome dell’artista, in un dialogo metaforico con l’architettura. Le due discipline “sono una forma di cura, entrano dentro di noi, creano emozioni, immaginazione e ricordi”, dichiara Cucinella. “È una premura verso le persone, e questa attenzione è l’espressione più genuina della sostenibilità”. Sostenibilità che, in questo edificio, è anche energetica e climatica, incentrata sulla qualità dell’impiantistica, sulla coibentazione, il fotovoltaico e il risparmio idrico.