Una casa concepita come un acquario, con funzioni diverse che si mescolano in uno spazio non separato, e una luce zenitale che determina diverse ambientazioni. Si tratta della residenza disegnata dallo studio Nao Iwanari Architecture, che sorge su un lotto di appena 67 mq e che si sviluppa su quattro livelli sfalsati.

“È un edificio residenziale che si avvicina all’esterno man mano che si allontana dal suolo.” Così l’architetto giapponese descrive la casa, che è quasi priva di aperture perimetrali e il cui programma segue un percorso di avvicinamento alla luce, con gli spazi di servizio situattti nella parte più bassa della struttura e la zona giorno connessa al terrazzo esterno al livello superiore.

“Generare uno spazio come quello sottomarino significa creare un luogo in cui vivere senza sentirsi stretti,” continua Nao Iwanari. Al di là dell’originale metafora acquatica, i temi affrontati con il progetto sono quelli tipici dell’architettura giapponese, uno su tutti quello della ridefinizione tra spazio pubblico e privato, recentemente analizzata dai curatori Salvator-John A. Liotta e Fabienne Louyot nella mostra “What is Co-Dividuality?”.

La casa giapponese ha a lungo affascinato europei e americani. Scriveva Frank Lloyd Wright nella sua autobiografia: “Avevo infine trovato un Paese sulla terra in cui la semplicità, in quanto ’naturale’, regna suprema. I pavimenti di queste dimore giapponesi sono tutti costruiti per viverci: per dormirvi, per inginocchiarvisi e mangiare, su soffici stuoie di seta, e meditare. Pavimenti sui quali sonare il flauto, o sui quali amare.”

Sono diversi i progettisti moderni che sono stati capaci di preservare e rinnovare i principi dell’architettura giapponese. Anzi, l’ibridazione tra saperi preesistenti e nuovi valori ha gradualmente rafforzato l’identità architettonica nazionale nipponica. Questo edificio – nella sua unicità – prosegue un percorso il cui sentiero è tracciato e propone un orizzonte progettuale chiaro e definito.