Se nell’inconscio collettivo una spiaggia è l’immagine della desiderata vacanza, di un benessere e di una socialità inseguiti per mesi interi, l’idea di un’architettura spettacolare costruita direttamente sul mare – spiagge o scogli non importa, basta che tra le onde e il divano ci siano pochi passi – ha assunto negli anni un valore quasi di miraggio. Casi rari e celebri, dove diversi architetti celebri o emergenti, spesso per soddisfare facoltosi committenti alla ricerca di un buen retiro, hanno incastonato architetture dentro paesaggi sognati dai più: architetture in dialogo con il paesaggio, spesso caratterizzate da spazi fluidi e informali in una continuità ininterrotta tra esterno e interno, dove è la sabbia ad invadere l’atmosfera domestica, diventando a volte un elemento di progettazione.
Nonostante le diversità formali e concettuali delle opere, dalle geometrie sobrie ed essenziali (Studio Saxe, Studio Marco Ciarlo Associati) e a tratti brutaliste (Boeri, Ando), a quelle ruvide (Gifford) e organiche (Asher), passando per le rivisitazioni di architettura vernacolare (Herbst Architects, António Costa Lima Arquitectos, anonimous, RIMA Design Group), il minimo comune denominatore è comunque sempre lo stesso: l’architettura come strumento per ritrovare una dimensione di vita connessa più strettamente alla natura e a ritmi umani, che ritrova in sensazioni semplici, come quella del camminare sulla sabbia, il suo fondamento.