Diviso nei 3 distretti Opportunity, Mobility e Sustainability, questo - prima di ogni altra cosa - è Expo 2020 Dubai. Una giustapposizione di oggetti architettonici su una superficie dalla scala che possiamo definire urbana oltre ogni ragionevole dubbio. Ci sono 192 padiglioni per altrettanti Paesi, una trentina di padiglioni speciali di cui tre padiglioni tematici, che circondano una monumentale cupola d’acciaio, un gioco d’acqua alto 13 metri e due parchi, su un sito di 438 ettari complessivi.
A comporre questa polifonia troviamo strutture concepite per la maggior parte secondo un linguaggio universale “da Expo”, e soprattutto concepite in tempi precedenti la pandemia, non sempre con possibilità di grandi ridefinizioni alla luce delle mutazioni globali degli ultimi due anni. Possiamo notare diverse linee di approccio: tra queste, i padiglioni-laboratorio, i padiglioni esperienziali (non ce li sentirete mai chiamare immersivi), i padiglioni “centrotavola” o “conversation piece”, dall’impostazione marcatamente narrativa, e altri ancora, sempre più sfumati.
Al di là dei divertissements tassonomici, comunque, ci sono temi davvero rilevanti che percorrono l'evento di Dubai: la differenza fatta da chi ha voluto dare un'interpretazione critica del tema pur ampio di Expo (Connecting Minds, Creating the Future); l'affermazione di figure e gruppi globali, dal percorso internazionale e interculturali alla progettazione di molti padiglioni; un'attenzione aumentata verso la circolarità dei processi costruttivi, con padiglioni in larga parte smontabili e riciclabili nelle loro componenti.
Senza la minima pretesa di fare un best of, o di esaurire Expo in un pugno di architetture, esploriamo in una prima selezione alcuni dei temi più rilevanti che ci parlano di questo 2021 di ripresa globale.