Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1051, novembre 2020.
La doppia crisi che stiamo vivendo, sul piano ambientale e su quello sociale, solleva questioni fondamentali sull’importanza dell’edilizia residenziale, ma non le rende manifeste. C’è chi se ne accorge ora, mentre noi ce ne siamo sempre occupati attivamente attraverso i nostri progetti.
Difendere il piacere di abitare ci sembra, oggi, un atto decisamente politico: è una necessità, un problema che va affrontato allo stesso livello di una priorità ambientale.
Lo spazio è un bene comune, proprio come il sole, l’aria o la luce. È un materiale vitale. Come architetti, dobbiamo trattarlo tutti come tale. Tuttavia, il pensiero materialista e capitalista contemporaneo, che incoraggia a concepire l’alloggio come un prodotto finanziario redditizio, ha completamente eliminato la dimensione del piacere di abitare. È stato necessario che tutti ci trovassimo confinati nelle nostre case per riconoscerne la necessità.
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Tuttavia, la storia dell’architettura moderna ha posto solide basi per la creazione di un ambiente abitativo fatto di generosità spaziale, la libertà progettuale, la leggerezza strutturale. Questi sono punti di partenza essenziali per una possibile vita sociale e collettiva. Se non fossero stati dimenticati, forse oggi gli architetti non si accorgerebbero di aver trascurato qualcosa notando la mancanza di qualità del nostro spazio abitativo. È ancora possibile pensare a un alloggio generoso, economico, riproducibile come cuore di un programma nazionale? Lo speriamo. Riteniamo che non ci siano ragioni valide per non realizzarlo.
A seguito di questa introduzione, proponiamo alcuni frammenti di pensieri associati a immagini che esprimono il piacere di abitare. Sono tratte dal film Constructing Escape, diretto da Karine Dana nell’ambito di una commissione per il Frac Centre-Val de Loire, Francia.
Difendere il piacere di abitare ci sembra, oggi, un atto decisamente politico
Creare vie di fuga
Per ogni progetto, teniamo presente l’idea di una via di fuga. Creare vie di fuga significa anche fabbricare possibilità, progetti all’interno del progetto. Si tratta di porre l’abitante in una situazione creativa. L’opposto di una situazione inquadrata. Si tratta di costruire una non-cornice.
Come ritirarsi dal reale, per poterne sempre uscire? Aggrappandoci costantemente all’idea che possiamo essere liberi, all’idea di un altrove, all’idea di un sogno.
Come innescare un processo immaginativo? Cerchiamo sempre di costruire uno spazio che non assoggetti nulla, che non sia altro che pura libertà. Questa libertà è qualcosa che alcuni afferreranno, altri no. Ma c’è. Siamo sempre ottimisti riguardo a quanto può accadere. Confidiamo nell’uso e nell’inventiva delle persone per produrre possibilità di fuga.
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Abitare
Al di là dell’aspetto funzionale, abitare trasmette piacere, generosità, libertà di occupare uno spazio. Le abitazioni devono offrire libertà d’uso, generare possibilità di evoluzione, interpretazione e appropriazione, offrire tanto spazio extra quanto spazio programmato, spazio da usare liberamente per promuovere relazioni, per realizzare situazioni piacevoli.
Ogni abitazione deve avere uno spazio esterno privato, come un balcone, un terrazzo, un giardino d’inverno, per dare la possibilità di vivere all’aperto, di muoversi, di stare dentro e fuori: ogni abitazione deve avere le stesse qualità di una villa.